A Kensington, nel cuore di Londra, la casa-galleria della collezionista d’arte e mecenate Valeria Napoleone in un palazzo vittoriano ristrutturato dallo studio Quinn Architects Londra e dallo studio Monzini & Raboni Milano

Che questo palazzo vittoriano nell’esclusiva zona di Kensington a Londra celi qualcosa di speciale si percepisce già dalla via pedonale d’accesso. Soprattutto all’imbrunire, quando dalla mezzaluna di vetro che corona una porta d’ingresso tipica si effondono verso l’esterno inusitate nuance viranti al rosso-arancio. Provengono da una lampada anni Ottanta disegnata da Nathalie Du Pasquier, il preludio del riuscito incontro tra contemporaneità e storia che anima questo particolarissimo palcoscenico abitativo. Un set fuori dagli schemi, dove protagoniste sono variegate opere di donne artiste e designer che reinventano radicalmente le regole dell’abitare e i suoi paradigmi estetici: nelle loro relazioni reciproche e con gli spazi della quotidianità che le accolgono.

Una casa-galleria

Benvenuti nella casa-galleria della collezionista d’arte contemporanea e mecenate Valeria Napoleone, che qui vive con la famiglia e con circa 450 opere di cromosoma XX, il genere che lei si impegna non solo ad ‘accumulare’ ma di cui promuove attivamente la visibilità, dalla fine degli anni Novanta e dal 2015 con la piattaforma Valeria Napoleone XX in partnership con la Contemporary Art Society, lo SculptureCenter e The Institute of Fine Arts NY, in musei e spazi espositivi, con curatori, università, istituzioni locali. Grazie al sapiente progetto di ristrutturazione dello Studio Quinn Architects Londra e dello Studio Monzini & Raboni Milano, il palazzo vittoriano ha conservato inalterato solo il fronte strada.

Su sette livelli

Nuove sono la facciata posteriore e la copertura che si misurano con un’inedita spazialità interna, distribuita su sette livelli. “In origine erano sei, a cui se ne è aggiunto un altro, ipogeo, per la sala cinema e una cantina vini; prima sfalsati tra loro in modo conforme alle costruzioni dell’epoca, ora con i solai completamente rifatti in modo da ottenere singoli piani orizzontali per ciascun livello collegati tramite una nuova scala e un ascensore”, raccontano gli architetti Giuseppe Raboni e Michelle Montefusco.

Una galleria verticale

Un cantiere particolarmente lungo e delicato, vuoi per la necessità di scavi sotterranei, vuoi per la complessità di un intervento ad ampia scala nel cuore di Londra”. Il risultato è il contraltare ideale per valorizzare presenze impattanti anche nel policromatismo: un ambiente di gusto essenziale che declina la rigorosa composizione di muri completamente bianchi, pareti divisorie in vetro con telaio di acciaio, pregiati pavimenti in legno di rovere o Pietra Forte Fiorentina grigia, una materia forte ma silente. Con quest’ultima è stato realizzato il corpo scale intorno al quale tutto si snoda: un tema fondamentale del progetto, accompagnato nel suo importante sviluppo da una serie di nicchie di diverse grandezze nelle pareti perimetrali che accolgono, illuminate, una o più opere percepibili dai diversi piani come in una galleria verticale.

Percorso espositivo

Le nicchie sono un’idea di Mika Tajima, un’artista amica in collezione, che un giorno, parlando della casa, mi ha suggerito di trasformare la scala nel centro anche simbolico di quello che io chiamo il mio piccolo Guggenheim, un percorso espositivo”, ricorda Valeria Napoleone. “Invece il parapetto che reinterpreta le sinuosità dei balconi della facciata vittoriana è stato disegnato da Michelle e Giuseppe, gli architetti che hanno coordinato il processo realizzativo affidato ad eccellenze dell’artigianato italiano per le opere di design site specific, rivelando una capacità di ascolto e di dialogo per me importantissima. Penso in particolare ai lavori di Nathalie Du Pasquier e Nanda Vigo, due donne che dagli anni Settanta-Ottanta, il periodo del rinnovamento più radicale in tutti gli ambiti, hanno navigato in modo fluido, profondo e coraggioso, tra architettura, design e arte, contribuendo a un’evoluzione del gusto che non è solo estetico ma anche di sperimentazione linguistica”.

Pezzi incredibili

Il letto di Nanda Vigo fatto di specchi e pannelli illuminati, un progetto degli anni Settanta che appartiene alla sua ricerca con i cronotopi, è al centro della scena nella master suite. “Lo accendiamo ogni sera. Gliel’ho commissionato prima che ci lasciasse. Il copriletto è in finta pelliccia”, continua Valeria Napoleone. “Anche nel bagno, sopra la vasca, c’è un suo grande specchio anni Ottanta dalle linee barocche in cui non ti vedi bene perché è collocato in modo da tagliare fuori il viso. Un pezzo incredibile”, racconta.

Arredi che hanno fatto la storia

Come lo è l’amatissimo Vanity Cabinet di Nathalie in ceramica, sempre nella master suite, dove si trova anche una delle sue inconfondibili sculture-totem di Memphis: un mobile contenitore a fondale pittorico che, in un’esplosione astratta di forme, materia e colore, integra la figura di un camino in marmo Bianco di Carrara. È un’opera diversa da quella monolitica e a tutt’altezza collocata a parete nella sala da pranzo, che cela la sua complessa funzionalità all’interno. Inizialmente previsto in tanti colori, questo pezzo è stato poi laccato in un’unica tinta ispirata dall’MDF grezzo che Nathalie ha visto in atelier da Passepartout durante la fase di realizzazione”.

Incontri ed eventi

Ma sono tante le voci, dai fornitori alle maestranze fino agli esperti di sistemi di domotica avanzati, che gli architetti dello Studio Monzini & Raboni hanno dovuto orchestrare per dare vita al welcoming tra opere e ospiti dentro casa. In cucina, per esempio, dove si preparano cene e buffet-dinner che diventano occasione di incontri ed eventi, Valeria Napoleone ha chiesto a una coppia di amici di scaldare l’anima steel-industriale e funzionale dell’ambiente. Martino Gamper ha creato un gioco di greche in marmo per l’isola centrale, mentre l’artista neozelandese Francis Upritchard le lampade-scultura antropomorfe in ceramica sospese sopra il tavolo da pranzo. Missione compiuta. “Devo riconoscere che alla fine questa casa sorprende anche me”, conclude la proprietaria.

Una casa sorprendente

“La sento come un luogo dove l’arte insieme al design dialogano tra loro in modo stimolante, restituendo un gusto che va oltre il mio personale. Come dire, connessioni indipendenti dal mio pensiero e dal mio percorso condiviso con più universi creativi. La dimostrazione che l’opera d’arte non deve stare per forza su un piedistallo dentro una teca di cristallo. Si può approcciare tutti i giorni, anche quando si passa l’aspirapolvere”.

Progetto di S Quinn Architects Londra, Studio Monzini & Raboni Milano - Project manager RFR London - Foto di Matteo Piazza