A Milano, la ristrutturazione di un appartamento nella storica Torre Breda valorizza il genius loci trovando, in chiarezza geometrica e sapienti contrasti con materiali-colori di antica tradizione, nuove qualità per un abitare contemporaneo

Venne salutato all’epoca come Il Grattacielo in calcestruzzo armato più alto del mondo (116,25 metri per 31 piani), con impianti innovativi e un’impostazione tipologica mix-use all’avanguardia che prevedeva al suo interno servizi comuni come banca, farmacia, bar, edicola e posta pneumatica collegata all’ufficio postale. Parliamo della Torre Breda, il primo skyscraper di Milano, inaugurato nel 1954 e costruito su progetto dei fratelli Eugenio ed Ermenegildo Soncini e Luigi Mattioni, all’incrocio tra viale Tunisia e via Pisani (l’asse monumentale che collega la Stazione Centrale a Piazza della Repubblica), dove si trova l’appartamento privato di generoso sviluppo (330 metri quadrati), respiro e profilo presentato in queste pagine.

Nuovi tagli, purezze, colori

È stato ridisegnato dallo studio Carlo Donati nel 2021, introducendo decisi elementi di contemporaneità in un contesto dalla forte identità Fifties e stabilendo con esso un rapporto dialettico di creativo confronto. Le linee nitide, i segni grafici, le campiture geometriche e cromatiche tipiche dell’architettura dell’epoca hanno infatti trovato altri tagli, purezze e colori che corrispondono a diversi tempi della vita e connotazioni dell’abitare. Sullo sfondo, resta la memoria collettiva di quei meravigliosi anni Cinquanta legati alla ripresa postbellica - durante i quali molte aziende di tradizione artigianale diventano imprese, quando nel segno del razionalismo nasce il design industriale e la città conosce l’affermazione dello stile di vita urbano e dei primi grattacieli simbolo della modernizzazione di Milano, dal grattacielo Pirelli di Gio Ponti (1955-’58) alla Torre Velasca dei BBPR (1955-’57), fino alla Torre Galfa (1956-’59) di Melchiorre Bega.

Continuità spaziale

In primo piano, emerge il valore di una ricerca di qualità abitative che trovano in flessibilità d’uso, continuità spaziale e visiva degli ambienti, luminosità, colore e presenza del verde le parole chiave di una nuova progettualità. Con rigore compositivo ed estrema cura dei dettagli, il layout messo a punto dallo studio Donati si è organizzato attorno a due assi che mettono in relazione l’isola baricentrica del soggiorno – il cuore ‘pubblico’ della casa – con la cucina e l’ambiente studio-tv sui lati. Perpendicolare all’ingresso, i progettisti hanno infatti definito un cannocchiale che determina la costruzione di un’abitabilità aperta e mutevole nel suo strutturarsi, secondo le necessità di privacy degli ambienti, mediante vetrate scorrevoli a tutta altezza: superfici filtro permeabili alla vista, su intelaiatura di ferro cerato, che concludono le prospettive nei due locali a latere del living in due serre ‘jungle’.

Un sorprendente pavimento originale

Questo, il primo step progettuale. Poi, durante i lavori, spiega l’architetto Carlo Donati, “nella zona d’ingresso è stato ritrovato un sorprendente pavimento originale realizzato in seminato a elementi circolari con cromie e segni peculiari degli anni Cinquanta. Grazie a un attento lavoro di recupero, l’abbiamo riportato agli antichi splendori ed è diventato parte basilare del progetto, ripreso anche nelle forme circolari che caratterizzano i nuovi sfondati luminosi dei controsoffitti. Il tema ha stimolato la scelta delle superfici materiche policrome per gli altri locali dell’abitazione. L’idea di rendere protagonista del racconto la pavimentazione ha sperimentato per esempio nella zona pranzo il pattern decorativo di cementine con motivi geometrici tridimensionali molto in voga negli anni Cinquanta-Sessanta che spiccano su un fondo neutrale in resina. Sono state declinate in linea con le due tricromie ricorrenti del paesaggio abitativo: bianco-nero-verde; bianco-nero-senape”.

Un anello in ferro cerato

Come evoluzione di questa palette guida che attribuisce un alto contenuto espressivo al colore, alcune pareti di ingresso, soggiorno e camera padronale sono state poi trattate a riquadri cromatici verde felce, in riposanti nuance ispirate dalle piante accolte nelle due serre laterali sempre visibili dalla zona living. La cucina di sapore retrò-industriale custom made ha reso invece protagonista un’isola centrale attrezzata in laccato verde, inscritta in un anello di ferro cerato nero su cui è sospeso l’arredo pensile bifronte bianco. Il ferro cerato è una presenza costante della casa, che ritorna nell’intelaiatura dei mobili realizzati su disegno, dai bagni ai sideboard, insieme al legno di noce in finitura nitro e alle raffinate pannellature in legno cannettato avorio.

Design, arte, modernariato

Tutti espliciti tributi ai Fifties, come lo sono gli arredi scelti, icone della storia del design di quegli anni, calibrate negli accostamenti a pezzi di modernariato e a opere d’artisti quali Velasco, Pignatelli e Garau. Senza dimenticare Marco Petrus, che ha realizzato le ante del sideboard d’ingresso con un esplicito riferimento al suo recente ciclo pittorico Matrici, una traduzione della sua personale interpretazione del Grattacielo: un’astrazione di pure forme geometriche e cromatiche. Assonanze elettive.

Progetto di Carlo Donati Studio - Foto di Franco Chimenti