Come il rinnovamento dell’ex Seminario Arcivescovile voluto da Lungarno Collection ha dato vita a in un luogo di ospitalità inclusiva e trasversale che rispecchia l'evoluzione della città. Ne parliamo con Leonardo Ferragamo, Valeriano Antonioli e Cristina Fogliatto

Quella del Portrait Milano, oggi albergo di lusso ma anche nuovo luogo di ospitalità inclusiva e trasversale nel Quadrilatero della Moda, è una storia che affonda nei secoli.

È stato uno dei primi seminari al mondo, ma anche biblioteca, stamperia, scuola, il palazzo Arcivescovile di Milano in Corso Venezia 11 voluto nel 1565 da Carlo Borromeo.

Nel Seicento si arricchisce della grande corte quadrata, del chiostro con doppio loggiato di colonne binate e dello splendido portale barocco di Francesco Maria Richini, divenendo un modello di architettura monumentale.

Nel 1967 vede un primo restauro ad opera di Piero Portaluppi e dal 1980 al 1990 accoglie l’atelier dell’architetto Mario Bellini, che qui incontrò anche Steve Jobs.

Poi l'oblio.

Oggi, grazie al progetto di rinnovamento promosso da Lungarno Collection e firmato dagli architetti Michele de Lucchi e Michele Bönan, l’ex Seminario diventa una destinazione aperta alla città.

Con i suoi 2.800 mq, la grande Piazza del Quadrilatero crea una nuova, prestigiosa passeggiata pedonale da Corso Venezia a Via S. Andrea.

Qui l’ospitalità su misura del brand Portrait (dal 2013) si integra con ristoranti, shopping, eventi esclusivi e ad altri partner, restituendo questo luogo alla città di Milano e a una lunga storia di dialogo culturale e artistico.

Ne abbiamo parlato con Leonardo Ferragamo, Valeriano Antonioli e Cristina Fogliatto, rispettivamente Presidente, CEO e Direttrice della Comunicazione Lungarno Collection.

Qual è stata la visione dietro il progetto di Portrait Milano?

Leonardo Ferragamo: "Il progetto Portrait Milano è nato con la scoperta di un monumento che per anni è stato nascosto alla città.

Il desiderio di condividere questo segreto è stato immediato…da qui la visione di lavorare ad un progetto inclusivo ed aperto, regalando a questo luogo un nuovo capitolo alla sua lunga storia.

Un capitolo inedito, perché mai questo luogo ha vissuto una realtà che vedesse la trasformazione del suo cortile interno in una piazza (la Piazza del Quadrilatero) aperta e percorribile, momento di incontro tra due vie caratterizzate da attitudini diverse: Corso Venezia, e la sua velocità e dinamismo, lunga direttrice che dalla periferia punta al cuore della città, e via Sant'Andrea, dall’indole più riservata e composta, dedicata allo shopping.

Due anime cittadine che si incontrano nel centro di questa piazza, da oggi aperta a tutti.

Perché la scelta di Michele De Lucchi e Michele Bönan come interpreti, rispettivamente per l'architettura e l'interior design?

Leonardo Ferragamo: "Michele De Lucchi, perché italiano dallo spirito internazionale. Ammiro il suo modo di coniugare l’architettura all’approccio umanistico, inserendo all’interno dei suoi progetti figure come artisti, antropologi, umanisti e psicologi basandosi sui concetti di unicità e diversità.

La mano e la mente giusta per sugellare il passaggio di transizione di questo luogo, dalla sua natura privata e chiusa a luogo aperto, facendo convivere il passato con la prospettiva futura.

Michele Bönan, perché da tempo conosce me e la mia famiglia e da sempre si è dimostrato in grado di tradurre nel mondo dell’interior e dell’ospitalità il nostro stile, senza mai rinunciare al link con il luogo d’elezione nel quale ci troviamo.

In questo progetto ha avuto l’abilità di ricreare una splendida atmosfera ovattata ed intima, in contrasto con la monumentalità del luogo".

Come spiega, dopo Firenze e Roma, la scelta di Milano?

Leonardo Ferragamo: "Milano rappresenta sicuramente la scelta della città giusta al momento giusto.

È da sempre faro di innovazione per la nostra Italia, ma in questo momento storico – più che mai – è in grado di coniugare la sua efficienza organizzativa e di business, con una dimensione più leisure in grado di regalare a chi la visita anche un’offerta culturale, artistica e dedita al divertimento e alla scoperta".

A chi parla questo luogo?

Valeriano Antonioli, ceo Lungarno Collection: "Questo luogo parla ai milanesi in primis…è stata questa la sfida più importante che abbiamo intrapreso. Perché parlare alla città che ci accoglie è fondamentale per ogni progetto Portrait che nel costruire il 'ritratto' del luogo che lo ospita, si deve integrare con esso e diventarne parte attiva.

Qui a Milano ci siamo riusciti grazie anche a questo edificio che si presta perfettamente allo scopo.

È nel cuore pulsante di uno dei quartieri più centrali e allo stesso tempo si è aperto ad esso, diventando nuovo tragitto pedonale. Al piano terra offre un’ampia offerta gastronomica con i suoi ristoranti 10_11 (Ten Eleven) e Beefbar, oltre che meravigliose boutique gestite da Antonia Milano e da SoleStudio.

Questa sua offerta la rende sicuramente una destinazione per la città stessa.

E questo bel ritratto di Milano – e dei milanesi che ne fanno immancabilmente parte – Portrait intende proiettarlo e comunicarlo al pubblico internazionale che incontra in giro per il mondo.

Locale e internazionale, vicino e lontano…sono questi i pubblici e le dinamiche all’interno del quale Portrait si muove con lo scopo di mettere sempre in contatto il ritratto del proprio ospite con il ritratto della città che lo ospita.

Quindi, in parole-chiave qual è il valore fondamentale di ospitalità che intende comunicare il progetto?

Cristina Fogliatto, direttrice comunicazione e branding: "Inclusività: è questo il valore supremo da cui è nato questo progetto che intendiamo esprimere in tutte le nostre scelte.

A partire dalla rigenerazione urbana attuata che ha portato alla creazione di una piazza aperta nel cuore della città storica e del quadrilatero della moda, fino ad arrivare alla declinazione dell'idea di un lusso trasversale che abbraccia dimensione pubblica (al piano terra, con ristoranti e boutique) e privata (prettamente alberghiera, che si sviluppa dal primo piano in su).

Una bellezza d’altri tempi che stupisce e conquista chiunque entri qui.

E poi ancora inclusività sociale e generazionale che si rispecchia anche nella scelta di tutti i nostri partner: dalle note realtà internazionali – come Beefbar – a solide realtà storiche italiane e milanesi – rappresentate da Antonia Milano – fino alla giovane e talentuosa creatività di Sole Studio di Maria Sole Ferragamo, o ancora di un talento della gastronomia italiana – Alberto Quadrio, che a soli 32 anni è executive chef della nostra realtà ristorativa 10_11 (Ten Eleven) e presto anche del nostro ristorante gastronomico.

Questo siamo noi e sarà qui che accoglieremo persone, condivideremo idee e promuoveremo progetti capaci di riflettere il senso dei nostri valori e il significato di quello che chiamiamo ospitalità".

La relazione con la Design Week e gli eventi del FuoriSalone fa parte di questa ospitalità che aspira a promuovere messaggi più ampi?

Cristina Fogliatto: "Sicuramente la Design Week milanese si è caratterizzata negli anni per il suo grande spirito di inclusività: anche i luoghi più nascosti e inaspettati della città, in quella settimana si aprono e diventano location esclusive di brand e firme del design, pronti ad accogliere migliaia di visitatori in cerca di nuove ispirazioni.

Questo stesso principio di inclusività è diventato il nostro leit-movit nella pianificazione della Piazza del Quadrilatero del Portrait Milano.

Questo è un luogo che ben si presta ad accogliere progetti atti alla promozione di messaggi potenti e ispirazionali da parte di brand con i quali condividiamo inevitabilmente valori, ispirazioni e propensioni".

In relazione ai partner con cui state già dialogando, quanti altri spazi restano disponibili per la locazione?

Valeriano Antonioli: "Tutti gli spazi a disposizione sono stati al momento allocati".

Quale è stato il valore complessivo dell'investimento?

Valeriano Antonioli: "Il nostro investimento di tempo è stato di nove anni ‘impagabili’".

Come si declina l'idea del lusso di Lungarno Collection a Milano? La sua interpretazione sarebbe stata differente se la città di riferimento fosse stata un'altra?

Valeriano Antonioli: "Portrait è il brand che abbiamo creato nel 2013 e con il quale vogliamo crescere.

E ogni progetto Portrait non può che essere diverso dall’altro proprio per il fatto che si trova inserito in un contesto differente, di cui si rende parte ed interprete allo stesso tempo diventandone un suo ritratto.

Il Portrait Milano vuole mettere a disposizione dei milanesi (e non) un nuovo palcoscenico elegante e storico su cui inscenare la dinamicità e la creatività di Milano.

Le similitudini con gli altri Portrait stanno sicuramente in questo stesso proposito e attitudine, oltre che nello stile di ospitalità che portiamo ovunque, forte di un elemento umano, sempre molto presente, attento e preparato. E tutt’intorno: la bellezza, viste mozzafiato e uno stile italiano senza tempo".

Guardando al piano di sviluppo di Lungarno Collection, come intercetterete altre località di ubicazione?

Valeriano Antonioli: "Nello sviluppo del nostro brand Portrait non possono mancare destinazioni speciali e uniche, che si distinguono per bellezza e centralità.

Ogni hotel Portrait gode di viste incredibili sulla città.

Il Portrait Roma affaccia su Piazza di Spagna, il Portrait Firenze si affaccia sul Pontevecchio ed il Potrait Milano si trova all’interno di un monumento (uno dei Seminari Arcivescovili più antichi nel mondo) che custodisce al suo interno l’unica piazza del Quadrilatero di Milano.

Il nostro sviluppo per il momento è ancora ancorato alle città e località italiane, ma teniamo sott’occhio anche le città europee".

Dal vostro punto di vista, Portrait Milano può essere assimilato a un fenomeno di costume o di tendenza?

Cristina Fogliatto: "Portrait Milano è un progetto da vivere e da visitare. Sicuramente – complice un rinato bisogno di fisicità originato dalla pandemia – oggi torna ad affascinare il voler essere presenti, vedere con i propri occhi, toccare con mano, farsi emozionare, postare, generare hype.

E questo è sicuramente un fenomeno di costume che interessa sia l’esperienza retail, che l’esperienza food o quella culturale.

È in virtù di ciò che alle boutique oggi viene chiesto di essere centro propulsore di nuove iniziative. Lo store deve andare oltre il concetto di store, rappresentare un hub creativo, un punto d'incontro concreto per una community che può formarsi per infinite strade, quasi sempre digitali, dai social al metaverso…è questo a cui lavora Antonia qui al Portrait Milano.

L'importanza del luogo fisico interessa anche i ristoranti, luoghi perfetti per vivere la convivialità più cara a noi italiani, quella intorno alla tavola.

E in questo il format del 10_11 (Ten Eleven) per esempio prende ispirazione proprio della convivialità di famiglia, fatta di sharing e sapori autentici, presenti nel ricordo di tutti noi. Sapori che si mixano ad atmosfera, servizio casual, ma attento, alla destinazione inclusiva ma allo stesso tempo unica di una piazza riaperta alla città.

A quattro mesi dall'apertura, come stanno vivendo i milanesi (e non) la destinazione Portrait Milano? Quali le attività più apprezzate e ricercate?

Valeriano Antonioli: "I milanesi hanno accolto al meglio Portrait Milano: stanno imparando a sceglierlo come luogo d’elezione dei propri momenti di vita con la varietà dei suoi ristoranti, del bar, giardino, oltre che del suo ampio porticato seicentesco, che regala anche esperienze shopping.

Sicuramente l’aspetto di convivialità a tavola con punti di ritrovo di qualità in tutti i momenti della giornata raffigura un’attrattiva nuova per quest’angolo di Milano, storicamente più dedito agli acquisti.

Il progetto vedrà la sua quadra perfetta questa estate con l’arrivo anche di Longevity Suite, con il suo universo benessere che confidiamo conquisterà tutti".

Un luogo segreto, scoperto dal grande design

L’ex Palazzo Arcivescovile è da tempo legato al grande design. Nel 2017 e 2018, è stato aperto alla città grazie a due mostre-evento di Interni, in entrambi i casi con installazioni per Audi, in occasione di due edizioni del FuoriSalone. Nel 2017, in occasione di Material Immaterial, la location ha ospitato due installazioni in occasione di Audi City Lab. La prima,  Sonic Pendulum di Yuri Suzuki, era un enorme pendolo nel cortile in cui l'intelligenza artificiale immaginava e materializzava un paesaggio sonoro senza fine. Uno spazio per il relax creato utilizzando la tecnologia con 30 speaker indipendenti collegati a una struttura a pendolo. I visitatori contribuivano a creare il suono camminando attorno all'opera.

L'altra installazione è stata l’interpretazione luminosa del portale barocco d’ingresso del palazzo per opera di Ingo Maurer con Axel Schmidt. Un' ingresso speciale: un portale che, con un’aureola luminosa sopra il passaggio, suggeriva l’idea di intelligenza artificiale.

 

Per House in Motion (2018), Interni ha allestito il chiostro del Seminario Arcivescovile con un’installazione di MAD Architects (sempre in occasione di Audi City Lab) con illuminazione by Artemide. In quell’occasione, grandi vasche riempite di acqua in cui si specchiavano il cielo e il colonnato e dotate di ugelli che spruzzavano sbuffi di vapore, creavano una scenografia mozzafiato grazie agli anelli di luce, grandi e piccoli, che sovrastavano i modelli di automobili del brand tedesco.