In conversazione con Oliver Heath, designer e star della BBC che usa il biophilic design per rendere le persone più felici e serene

Oliver Heath è una star della BBC e di Channel 4. È diventato celebre dopo aver partecipato a programmi come DIY SOS e Changing Room, con progetti di biophilic design. Per renderle molto più belle ovviamente. Ma anche per rendere le persone più felici. Perché questo è l’interesse del biophilic design: il benessere delle persone. Come gli esseri umani si sentono all’interno di uno spazio. E come farle stare meglio integrando elementi naturali nelle architetture.

Oliver Heath è un divulgatore (c’è un intero corso multilivello sul suo sito) e autore di Design a Healthy Home, un handbook per chiunque voglia qualche consiglio pratico per avere una casa più biofiliaca. E infatti parlare con lui, il pretesto è Dornbracht Conversations - DC9 durante il FuoriSalone 21, fa venire voglia davvero di trasformare il salotto di casa in una serra. Non per immergersi in uno stato naturale tanto agognato quanto irrealistico ma per un’esigenza onesta, al netto delle sovrastrutture. Un bisogno basico, elementare: a contatto con la natura si sta bene. Anche solo per la petunia che teniamo sul tavolo di lavoro.

Oliver Heath, ci spiega cos’è il biophilic design?

Il design biofilico è una strategia progettuale che tiene conto della spontanea tendenza degli esseri umani a sentirsi bene in mezzo alla natura. Non è difficile immaginare perché: il nostro cervello primitivo è fatto per funzionare meglio quando è in un certo tipo di habitat. Piante, alberi, acqua e temperatura confortevole sono esattamente gli ingredienti giusti per soddisfare le esigenze elementari della vita. E in queste condizioni ci rilassiamo, produciamo meno ormoni dello stress e abbiamo energie da spendere in pensiero e creatività.

Ci sono prove scientifiche delle teorie di biophilic design?

È una disciplina giovane, che però ha dalla sua parte una pratica spontanea che dura da millenni. I giardini pensili babilonesi sono probabilmente una delle prime architetture biofilia che furono costruite. Ci sono molti studi neuroscientifici che esplorano l’importanza della relazione con la natura. Abbiamo reazioni fisiche ed emotive spontanee ed evidenti. Con una popolazione di 7 miliardi concentrata prevalentemente nelle metropoli, è  necessario partire da questa base molto realistica, onesta, e progettare ambienti adatti alla vita umana.

Cosa ha fatto scattare il suo interesse per il biophilic design?

Mi sembra che l’architettura e il design vengano utilizzati soprattutto per affermare uno status. Ricchezza, potere, competenze… Invece a me interessa soprattutto capire come ci si sente all’interno di uno spazio, o quando si usa un oggetto. Quali sono le nostre emozioni? Ho capito che è il contatto costante con la natura o con la memoria della natura, che ci fa stare davvero bene.

Quali sono gli strumenti principali del biophilic design e come si usano al meglio?

Si usano elementi diretti, come le piante, l’acqua, i suoni. E indiretti, come i materiali naturali, quei colori che noi definiamo neutri ma che in realtà sono tipici del nostro habitat originale, e una gestione degli spazi che tiene conto del bisogno di una vista ampia e circolare. Questi accorgimenti sono utili ovunque. Ma lo sono ancora di più in ambienti in cui si attuano processi spontanei come l’apprendimento o la guarigione. Una scuola o un ospedale biofilici funzionano meglio, in termini umani. Il resto è teoria.

Un esempio concreto di come funziona il biophilic design?

Un tema detrimentale oggi è lo stress. Nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli spazi pubblici. Sappiamo bene, perché di questo abbiamo prove scientifiche se non bastassero quelle empiriche, che il contatto con la natura allevia lo stress. La natura, in un contesto progettato e quindi focalizzato su parametri umani, fa bene. Rallenta il battito cardiaco, induce la produzione di ormoni compensativi che supportano una sensazione di interconnessione e collaborazione.

È importante secondo lei avere delle prove scientifiche della validità del biophilic design?

Certamente sì, ma in generale le persone tendono a fidarsi degli esperti più che di se stessi. Questo è un problema. Il biophilic design riporta lo sguardo sulla centralità della persona. Come mi sento? Come sto? Questa è la competenza sui cui tornare a basarsi.