Superare l’idea di styling, immaginare nuovi paesaggi, connettere culture diverse: Giulio Cappellini ci ha raccontato quello che si aspetta (e si auspica) per la Design Week

Il FuoriSalone è ancora il luogo e il momento del cuore di Giulio Cappellini – art director, curatore, imprenditore, talent scout, anzi, il talent scout del design internazionale. “Sono un pochino di corsa come sempre in questo periodo dell’anno”, dice in apertura di conversazione, “ma non è un lamento: in fondo è bello e divertente così, no?”

Per lui sicuramente, a giudicare dall’entusiasmo con cui parla di progetto e dal numero di operazioni che ha in cantiere per il FuoriSalone 2024.

A firma di Giulio Cappellini, in occasione della Design Week, vedremo infatti una mostra nello showroom di via Borgogna che celebra il sodalizio con Marc Newson (con una limited edition della Orgone Chair), due installazioni per INTERNI Cross Vision (alla Statale, con San Patrignano, e a Eataly), una mostra per i 40 anni di Technogym in via Durini (40 designer che interpretano la panca per il fitness), la curatela del Superdesign Show al Superstudio Più.

E, ovviamente, l’art direction di Flaminia (con una presentazione one night only con Nendo al S32 roof garden) e le nuove collezioni Cappellini a firma di giovani designer e progettisti di calibro internazionale, con una limited edition di un arredo della serie Città di Elena Salmistraro.

Cosa si aspetta dal FuoriSalone 2024?

Giulio Cappellini: “Tanta energia, soprattutto in città. Negli showroom, sempre più numerosi e attivi, con presentazioni, installazioni, talk. E, in generale, nei vari distretti, dove cresce il confronto internazionale e l’incontro tra culture diverse.

Al Superdesign Show, che curo al Superstudio Più, ci saranno tantissime aziende asiatiche, soprattutto koreane e giapponesi: che, avendo alzato notevolmente la qualità dei loro prodotti, puntano al mercato europeo. Un’ulteriore dimostrazione che Milano è effettivamente un crocevia mondiale per il mondo dell’arredo e del progetto in generale. Del resto io stesso, per due nuovi tavoli che presenterò in showroom, ho scelto due giovani designer asiatici: il Taiwanese Hsiang Han e il giapponese Daisuke Kitagawa.

Quello che poi mi auguro è un superamento dell’ossessione per lo stile e un ritorno alla qualità del prodotto. Perché per rendere attraente uno spazio basta una persona di buon gusto ma per realizzare manufatti che durano, che hanno senso, che spingono le potenzialità dell’industria e dell’artigianato verso l’innovazione ci vuole un sistema. Che va protetto e potenziato, anche attraverso la creatività dei designer.

In ultimo, penso che si parlerà meno (a vanvera) di sostenibilità perché ormai, finalmente, abbiamo capito che è una cosa seria, che si sviluppa nel tempo e che non è una storia di marketing ma il fondamento del modo di fare design oggi”.

Cosa cerca oggi nei giovani designer?

Giulio Cappellini: “Non abbiamo bisogno di prodotti ma di concetti e idee nuove per costruire paesaggi alternativi: per le abitazioni ma anche per i luoghi collettivi, ad alto traffico. Nei giovani designer quindi cerco la capacità di immaginare come la gente vuole vivere, viaggiare, lavorare, rilassarsi.

I tavoli che Hsiang Han ha disegnato per Cappellini, per esempio, sono componibili a partire da tre elementi in nylon riciclato stampati che formano basi a diverse altezze, con il piano che può essere aggiunto da qualcuno dall’altra parte del mondo.

Sono pensati per una vita flessibile, nomade, per essere spediti flat pack ovunque e personalizzati come piace, ed è questo a cui mi riferisco quando parlo di nuovi paesaggi.

Sono gli stessi su cui hanno lavorato anche gli studenti del Master dell’Istituto Marangoni: una collezione di arredi per la No Code Generation, persone che possono avere 20 o 50 anni ma vivono on the move e quando traslocano si portano dietro qualche pezzo-icona, pensato per viaggiare con loro. Il tema è forte, e importante a livello globale”.

Al FuoriSalone presenta una mostra sulla quarantennale relazione con Marc Newson. A cosa serve raccontare la storia del design oggi?

Giulio Cappellini: “È fondamentale. Perché – tornando al tema giovani – un designer che non conosce gli archetipi del passato o che li vede semplicemente come forme senza coglierne la portata rivoluzionaria tecnica e a livello di materiali, manifattura e significato, non sarà mai in grado di creare il nuovo.

Raccontare la storia degli oggetti che hanno fatto grande il design e anche quello che sta dietro – le relazioni tra le persone – non è un’operazione nostalgia ma l’esatto opposto: un avamposto per guardare al futuro.”

Cosa vedremo alla mostra su Marc Newson?

Giulio Cappellini: “L’abbiamo organizzata in occasione del lancio del libro di Taschen sui 40 anni di attività di Marc. Si tratta di un percorso che racconta per tappe la nostra storia: attraverso i prodotti ma anche i nostri incontri perché tra di noi – come del resto anche con gli altri designer che sono cresciuti con me, Tom Dixon, Jasper Morrison etc – c’è una vera amicizia, cementata negli anni. E il design, alla fine, nasce proprio dalle affinità elettive tra le persone. Anche di questo parlerà la mostra”.

Lei ha curato anche due installazioni per INTERNI Cross Vision. Ce le racconta?

Giulio Cappellini: “All’Università degli Studi, le colonne del porticato del Cortile d’Onore saranno rivestite di carte da parati da esterni con decorazioni – quadretti, losanghe – che riprendono quelli tipici delle case milanesi degli anni Trenta: resistenti all’acqua sono state realizzate artigianalmente da ragazzi di San Patrignano e mostrano la maestria artigianale acquisita durante il percorso di recupero.

A Eataly, invece, ho realizzato un’installazione che cade dall’alto nell’atrio di ingresso: una serie di pannelli in carta di riso creano un ambiente visivamente pacifico nel cuore dello store mentre teche di vetro, che sembrano fluttuare in aria, mettono in mostra elementi di cibo come vino, legumi, pasta, olio. L’ho chiamata Food, Design, Happiness perché l’ho pensata come un’ode al cibo come fonte di gioia e tranquillità, nella sua immagine più essenziale, colorata, diversa”.

Foto di copertina: Ritratto Giulio Cappellini, Spazio Cappellini Milano