L’happening come performance di idee
“Lo scopo è anche provare a mettere in discussione il modo tradizionale di convention”, continua Picchi. “E tornare alla modalità dell’happening come performance di idee. Per me questo aspetto delle idee è importante: allora c’era una dimensione sperimentale pazzesca”. Certo oggi i tempi sono diversi...
“Per esempio, ci siamo innamorati della parola ‘radicale’, ma attenzione. Andrea Branzi dice: ‘c’è un’attitudine nel design italiano che è quella di andare al grado zero’.
Ovvero è radicale chi mette tutto in discussione, abbatte le convenzioni e torna all’origine. Bene: questa attitudine progettuale non è di tutti. Prestiamo quindi più attenzione all’uso dei termini”, e studiamo.
Per questo è importante recuperare l’esperienza di Aspen: mettere in circolo l’energia ci rende liberi. “Achille Castiglioni con una giovanissima Paola Antonelli, ma anche Ettore Sottsass che introduce Elea ed Emilio Ambasz che torna alle radici del craft, parlavano di design attraverso il pensiero e le idee.
Ovvero raccontavano tutta quella parte che c’è prima di mettere a fuoco i punti del progetto: la ricerca, l’esplorazione, la tensione verso l’ignoto. Ed è proprio questo che ad Aspen è stato condiviso, quella parte che cresce l’idea, l’accompagna per restituircela progetto”.
Che bellissimo racconto.
“Le idee che hanno animato i progetti dei maestri di allora, possono nutrire quelli di domani”, chiude Francesca Picchi. “Aspen ci insegna questo: che la dimensione delle idee è senza tempo”, ed è l’eredità da preservare e di cui fare tesoro.