Ci sono le code per entrare: quindi per entrare a vedere Alcova è meglio sapere prima quello che ci si troverà. La risposta breve è: tanto design sperimentale.
Questo è un ambiente che piacerà a chi cerca progetti piccoli ma intensi, talvolta complessi e che si spiegano attraverso i racconti di chi li ha progettati (anche per la scelta curatoriale del team Grima-Ciuffi che impedisce la cartellonistica agli espositori).
Abbiamo fatto questo esercizio per voi. Ed ecco cosa abbiamo trovato ad Alcova.
Alcova, la Loggia
Il primo ambiente che si incontra è ‘la Loggia’, in cui si può vedere in L1 LaLab di Lindsey Adelman Studio.
La serie di illuminazioni presenta diversi materiali come il vetro, i cristalli, l’acciaio. Il tutto in diverse composizioni dalle forme armoniche seppure non simmetriche, formate da sfere che presentano delle estensioni lungo la superficie, come se qualcosa cercasse di fuoruscire; oppure sembrano “sgonfiarsi” come dei palloncini, mentre restano intrappolate in reti e catene.
Insomma, i diversi lampadari trasportano l’osservatore in una dimensione astratta e piena di emozioni, e potrebbero definirsi sculture più che illuminazioni.
Nella stanza L6, One To One presenta la OTO chair, realizzata in collaborazione con Ogyre. Il prodotto, il primo del brand, nonché manifesto, è una sedia realizzata in plastica riciclata con uno stampo del tutto planare, di modo da impiegare pochi materiale ed energia nel processo produttivo.
Alcova, il Covo
La zona ‘il Covo’ si suddivide in tre piani e all’interno della stanza C9 del primo piano, sembra di camminare sulla luna grazie alla carta da parati di Fabscarte.
Stardust Sunset è una collezione realizzata in collaborazione con Martyn Thompson. La carta da parati è interamente dipinta a mano ma non sono solo i chiaroscuri a dargli profondità; infatti, con la polvere di rame e bronzo è stato possibile, per il brand, conferirgli tridimensionalità creando in questo modo dei crateri.
L’illuminazione realizzata con la carta Midnight Moon Dust ha una forma a ventaglio lavorata in ottone e rivestita dalla carta che presenta polveri metalliche e lacerazioni della carta stessa, al fine di rimandare alla superficie della luna.
Al piano terra, tra i diversi progetti dei designer emergenti, stupisce la collezione di Art+Loom in collaborazione con Bea Pernia.
La collezione Art of Formation mostra la dualità dei materiali, alcuni non trattati come il marmo che funge da gamba alla sedia e ai tavolini oppure lo stesso lampadario su cui si intravedono delle crepe.
L’ effetto raw si contrappone al legno lavorato dei vari mobili, ma questo concept si nota anche nello specchio diviso in due semisfere: una realizzata a mano come i tappeti presenti nella sala, l’altra è semplicemente uno specchio. Ad ispirare l’intera collezione è la formazione e gli spostamenti delle placche geologiche.
Nella sala C3, è presente Neo-Vanity di Kiki Goti, che reinterpreta lo spazio intimo dedicato alla cura personale. Generando un nuovo spazio di transizione dalle forme esuberanti, realizzate in alluminio su cui vengono applicati i suoi caratteristici pezzi di schiuma. L’eccentrico viene risaltato dai colori e disegni che rimandano alla cultura greca della designer.
Ad approfondire le proprie radici è lo studio messicano David Pompa con l’installazione Stone Archive, che esplora nelle stanze C13-14 l’origine vulcanica della loro nuova collezione. L’illuminazione Ambra Toba combina la pietra, lasciando intravedere i residui che si sono formati nel tempo, all’allumino di colorazione rossa. Il contrasto tra trame porose e rosso scuro liscio sottolinea la filosofia che lo studio segue, che consiste nell’accostare qualcosa di sbiadito e intangibile (rappresentato dalla pietra) a un qualcosa di moderno, che è la fonte di luce.
Durante l’installazione viene messa in risalto la ricerca delle origini di questa roccia vulcanica, grazie anche alla collaborazione con il dipartimento geologico dell'Università Nazionale Autonoma del Messico "UNAM"; un altro contributo per il racconto si deve al fotografo Wim van Egmond l, che ha documentato le pietre in una serie di video artistici e foto panoramiche anche con diverse intensità di luci.
Nelle sale adiacenti, C15-16, la mostra This is Denmark offre uno sguardo al mondo del design scandinavo con un’accurata selezione di 15 oggetti appartenenti a diversi ambiti, tra cui alcuni sono diventati icone del design.
Nel seminterrato, il nuovo brand Pulkra di Stormo Studio presenta, in C17, attraverso l’estetica brutalista, la sua prima collezione d’arredo.
L’obiettivo è quello di far conoscere ed esprime la bellezza del cemento CFRC, una miscela pigmentata con una fine sabbia di marmo, molto più leggera ma allo stesso tempo resistente che prende il nome di ACRON.
L’esposizione si articola in tre momenti: raccolta, ricerca e risultato.
La prima ha lo scopo di illustrare il linguaggio progettuale di Pulkra e del materiale innovativo. Nella seconda fase si può vedere lo stampo ingegnerizzato di altissima qualità, mentre la fase finale mostra i progetti di Stormo, Finemateria, Martinelli Venezia e Pio&Tito Toso che esplorano le proprietà della materia, sfidandone i limiti.
Per visual identity il brand si è affidato a Studio Iknoki, invece per creare l'atmosfera brutalista attraverso il soundscape che accompagna i visitatori durante la mostra, a Wade Black & Francesco Presotto.
Nello spazio C20, Barbini Specchi Veneziani presenta la collezione Back to The Future in collaborazione con diversi designer – Rio Kobayashi, Lucia Massari, Laura Satin, Elena Trevisan, Victoria Wilmotte, Bethan Laura Wood – che si cimentano nella sfida di reinterpretare lo specchio classico del brand.
Ogni prodotto è un risultato differente dagli altri, alcuni hanno un aspetto più eccentrico e giocoso, altri invece sono frutto di una linea più geometrica. Al centro dello spazio è presente una sala che vuole connettere il passato, ciò che una volta era Barbini Specchi Veneziani, con il presente che si cimenta in nuove sfide di evoluzione non solo del materiale ma anche della forma.
In C19 il lavoro di Kate Greenberg mostra una trasformazione del lattice, lavorato per essere sottile ed apparire fragile così come le luci dai colori a volte caldi ed altre volte fredde.
Alcova, la Villetta
Un’atmosfera proiettata in un futuro prossimo dove tutto è cambiato a causa delle condizioni climatiche e la realtà quotidiana della vita domestica è cambiata. Un altro spazio espositivo è ‘la Villetta’ suddivisa a sua volta in due piani.
Al primo piano, all’interno della stanza V5, la nuova collezione del designer francese Alexandre Labruyere cattura con facilità lo sguardo del visitatore.
Caratteristica della collezione sono gli incastri tra i vari componenti, che appaiono impercettibili, come se fossero stati scolpiti nella materia grezza. I dettagli presenti sul tavolo, così come le curve che modellano le gambe della console in rovere e dello schienale della seduta, mutano gli spazi interni dell’abitare grazie alla dinamicità della natura di cui sono impregnati.
Nella stanza V7 invece, Studio Rosa presenta ‘Natura Oscura’, i cui prodotti sono realizzati in ceramica e traggono ispirazione dal mondo organico. Oltre al fascino generato dai colori e dalle forme dei prodotti, non si può non riflettere e pensare a una natura selvaggia che quasi si appropria degli oggetti, fino a farli mutare nella forma. L’osservatore è catturato da questo 'qualcosa' che è lontano dal nostro immaginario comune di sedia o illuminazione, proprio per questo fascino a noi oscuro ne siamo rapiti.
A piano terra, popolano lo spazio della sala V3 le forme zoomorfe di Elisa Uberti ceramista francese. Tra la nuova collezione di lampade, sono presenti Roubaix e Grindel, realizzati in vimine. Tra tutte risalta Jeanne, la quale presenta dei fili di lana intorno al paralume, come se fosse una capigliatura.
Nonostante questa scelta progettuale, i due materiali non sembrano estraniarsi, anzi l’illuminazione risulta ancor più naturale.
Alcova, la Rimessa
Nella Rimessa, in R0, si trova il lavoro Sensibiom II di Crafting plastics! con Dumolab. Il progetto guarda al futuro, cercando di riconnettere l’uomo con la natura attraverso un materiale interattivo.
Sensibiom II è un reticolo biopolimero che mostra in tempo reale, con il cambiamento del colore della sua superficie, l’esposizione ai UVR.
L’obiettivo è informare le persone della tossicità delle radiazioni solari, che sono andate ad aumentare a causa del cambiamento climatico, e del danno grave che arrecano alla pelle e agli occhi. Da qui nasce l’interrogativo su come migliorare la situazione e se attraverso i biomateriali si può rimediare al rapporto con la natura.
Su un approccio più intimo, che va al di là del vendere, Les eaux primordiales e DWA presentano, nello spazio R2, Les Experiences Immobiles. È un’installazione interattiva che permette di scoprire diversi profumi in due momenti: il primo attraverso le sculture create da Natascia Fenoglio, il secondo invece, permette di scoprire Cedre Superfluide di Les aux primordiales.
La scoperta dei nuovi profumi avviene grazie a dei meccanismi giocosi che l’utente deve attivare; in questo modo si riesce a percepire il contatto con la natura come se l’installazione potesse proiettare il visitatore in una foresta grazie all’olfatto. La struttura in legno chiaro e i vari bracci metallici non rubano la scena alle essenze presenti nelle ampolle, protagoniste indiscusse del viaggio sensoriale.
Alcova Project Space
Uno spazio molto importante è Alcova Project Space, dove i founder Joseph Grima e Valentina Ciuffi hanno raggruppato diversi progetti nelle due stanze R7-8, che stupiscono per: estetica, impatto comunicativo e uso dei materiali. Tra essi troviamo le lampade dei brasiliani dell’Estudio Rain, realizzate in resina ricavata dall’olio di ricino e le sculture in resina pigmentata di Stefano Fusani, che sono realizzate attraverso dei negativi di stampo del suo stesso corpo. Ultima zona dell’Alcova è il Mattatoio dove, in M2, si può vedere la prima sedia, stampata a iniezione, compostabile che “scade” in 6 mesi. Prowl studio insieme a M4 Factory, ha progettato una sedia realizzata in un composto bioplastico e una nuova schiuma a base di canapa. Tanti sono i progetti presenti ad Alcova che meritano di essere visti proprio perché raccontano una storia, un problema, una soluzione o un’innovazione.