Tirare le somme di una kermesse come quella andata in scena questa settimana non è cosa semplice: ma in attesa di leggere i numeri, vale la pena sottolineare alcune evidenze.
Intanto che per immaginarlo e raccontarlo il design bisogna conoscerlo. Studiare è il primo passo, se non per superare, almeno per controllare il tema (forviante) dell’instagrammabilità: un’immagine è bella quando insieme all’inquadratura parlano innovazione, etica ed estetica.
Perché quando il valore torna al centro della creatività, rigenera spazi dismessi e corpi affaticati. Lo abbiamo visto accadere un po’ ovunque in città: quando nelle zone più marginali si innesta il seme del progetto buono e bello, la comunità si attiva, risponde e partecipa.
Ma non chiamiamola performance, non cadiamo nell’inganno del luogo comune: si tratta di vita vera, di esperienze mosse dalla curiosità di stare più che di esserci.
Per uscire dalla zona di comfort, accogliere le differenze, sfidare l’inconscio: eccoli i percorsi tracciati da alcuni giovani e altri progettisti maturi. Ne vogliamo ricordare dieci, in maniera diversa tutti consapevoli che le difficoltà del presente si affrontano con i piedi ben piantati nella storia.
Per non ripetersi (che non è mai bello).
1_ Un tributo ai cent’anni di Triennale che con gli oggetti attraversa un secolo di buon progetto. Dal 1923 al 2023: la nuova edizione del Museo del Design Italiano diretto da Marco Sammicheli, “è un racconto della storia del design italiano raccolto attorno a sette interni domestici allestiti su progetto di Paolo Giacomazzi.
Tre case Minerbi, Manusardi e Figini-Pollini, un close up sul bagno di Antonia Campi, l’ufficio con l’Elea di Sottsass e lo studio di Walter Ballmer, Vespa e 500 parcheggiate in garage”. Il design è ciò che ci circonda e rende speciale la nostra quotidianità. E l’abitare è a misura di persona, non di Instagram. Si parte e si ritorna qui.
2_ La Milano design Week è un palcoscenico importante per innescare nuove riflessioni su limiti e opportunità della rigenerazione creativa.
La mostra Reforming Future, fortemente voluta da Valerio Castelli, è stata l’occasione per aprire per la prima volta al pubblico della design week l'Istituto Marchiondi Spagliardi: protagonisti negli spazi conquistati dalla natura, i progetti del corso magistrale al Politecnico di Milano, di Michele De Lucchi e Andrea Branzi.
Raro esempio di architettura brutalista, non tutti sanno che il complesso è stato progettato da Vittoriano Viganò negli anni Cinquanta per ospitare ragazzi che necessitavano di particolare assistenza. Emozionante.
3_ Il fuorisalone meno olandese di tutti. E non solo perché quest’anno è planato nell’ex Macello di Porta Vittoria, il complesso disegnato fra il 1912 e il 1914 da Giannino Ferrini e Giovanni Filippini. Stiamo parlando di Alcova, la piattaforma di ricerca internazionale che aggrega start up, designer e scuole di design, nata nel 2018 da un’idea di Valentina Ciuffi e Joseph Grima, curatrice e fondatrice di studio Vedet lei, direttore di DAE e Space Caviar lui.
Circa un centinaio i progetti (tra i quali ‘This is Denmark’ di Laura Traldi ed Elena Cattaneo con Matteo Ragni all’exhibition Design): molta ricerca, soprattutto nella sezione dedicata ad ‘Alcova Space Project’, curata da Ciuffi-Grima, intelligenza diffusa e grande partecipazione della città. Ricostituente.
4_ Gli oggetti sono personaggi che insieme riscrivono una nuova storia. Come quella raccontata dai progetti di Matilde Cassani Studio, Christ & Gantenbein, Piovenefabi, Giovanna Silva e Jean-Benoît Vétillard che in Via Giacosa 11, hanno inaugurato Diorama Bar (fino al 29 aprile).
Si tratta di una mostra collettiva che, allestita nell’unica vetrina di Spazio Bidet / Enoteca La Botte (uno spazio arcuato, le cui pareti alte 4 metri offrono una profondità di 1,25 metri per 3 di larghezza, e una capienza di 13.490 litri), restituisce l’idea di uno spazio domestico in miniatura dove gli oggetti, realizzati originariamente come allestimenti, arredi di progetti più ampi, estratti dal loro contesto originale sono resi accessibili ad un pubblico più vasto.
Un ‘existenzminimum’ per gli amanti della disciplina madre (e dei cocktail). Radicale.
5_ Il sonno è un atto sovversivo. ‘Together in Electric Dreams’, l'installazione immersiva al ME Milan Il Duca curata da Francesca Gotti e realizzata da (ab)Normal, è abitata da un’opera di Erica Curci e da una performance di Francesca Flora che dà voce a un testo di Erica Petrillo (video-soundscape di Hyperscape Research Office) per indurci a riflettere sul rapporto che li riposo, nella sua fase rem, ha con l’inconscio, spazio nel quale tutto può accadere.
Numerosi studi scientifici evidenziano come il numero di individui che soffrono di insonnia o di disturbi legati al sonno rappresentano un fenomeno in continua crescita.
Molti artisti e scrittori, tra i quali Jonathan Crary sono stati invitati a riflettere su questo fenomeno, sulle sue cause e sulle sue implicazioni: alla Milano Design Week, il collettivo ha rivendicato il diritto al riposo. Take care.
6_ Lo spazio cattura lo zeitgeist dell’architettura e del design. Lo stand di Knoll in fiera è uno spazio manifesto fortemente voluto da Jonathan Olivares (senior vice President of design): progettato da OFFICE, lo studio fondato dal duo di architetti belgi Kerstein Geers e David Van Severen, assume una dimensione prettamente domestica, con stanze, aree comuni e giardini. Realizzato con materiali riciclabili e riciclati, lo spazio, che affonda le radici nelle ideologie di Eliel Saarinen e Mies van Der Rohe, porta all’estremo il sogno dibattuto di un’utopia modernista. Indispensabile.
7_ Un passo avanti nella rilettura della corrente brutalista. Twain è la poltroncina realizzata da Konstantin Grcic in collaborazione con la designer olandese Hella Jongerius per Magis.
La riconosci tra mille altre che è firmata dal designer tedesco: sarà per quel modo tutto suo di rileggere la Safari Chair. Che scompone la struttura scocca-bracciolo-gambe in materiale puro: legno-cuoio-tessuto.
La seduta è un disegno armonico che accosta, lega e sovrappone materia per definire una micro architettura solida e leggera, perfettamente scomponibile. Inconfondibilmente autoriale.
8_ Giocare è una cosa seria. Chi non si è fatto distrarre, ma fedele alla linea è riuscito a vincere la lunga coda di attesa, nel Cortile della Farmacia dell’Università degli Studi di Milano, è stato protagonista di una performance volutamente surreale.
Per indurre il pubblico a riflettere sul valore del tempo libero, lo studio di architettura Stefano Boeri Interiors, all’interno di ‘The Amazing Playground’ (lo spazio che Amazon ha portato alla mostra-evento di Interni/ Design Re-Evolution), ha realizzato Swing: una mega altalena (ndr una struttura a 36 sedute) che ha cullato il pubblico sulle note de ‘I pomeriggi Musicali’, il programma musicale serale pensato per accompagnarne il movimento. Un inno alla gioia.
9_ La luce, materia da scolpire. Pochi pezzi base della collezione di Nemo Lighting e molta immaginazione: Ron Gilad mette in scena, ambiente dopo ambiente, un’inaspettata pieces teatrale per raccontare la luce che non c’è.
Già perché riflessione, rifrazione, diffusione insieme a suono, colore e proiezioni video sono gli unici strumenti che il designer israeliano usa per mettere in discussione la relazione tra la sorgente luminosa e lo spazio che occupa e raccontare la funzione oltre l’oggetto. Sovversivo.
10_ Deformare per dare forma a una nuova armonia. Con Becoming Stone, Stef Fusani si presenta alla Milano Design Week: artista e designer stanziale a Madrid, affronta la materialità del corpo con un approccio destrutturato e fluido. Irriverenti e amorfe, le sue sculture affascinano perché sembrano creature umane, ma non lo sono. Sono corpi senza organi, astratti e figurativi allo stesso tempo. Fortemente concettuali, ti sembra di riconoscerne il senso riconoscendo i dettagli. Ma è sin inganno: la realtà, profondamente trasfigurata, definisce i canoni di una nuova estetica. Ambiguo è bello.