Una mostra, a cura di Patrizia Catalano e Maurizio Barberis, ha raccontato durante il FuoriSalone 2021 il ruolo degli oggetti non riproducibili: presenze uniche nella loro poetica artistica ma allo stesso tempo universali

Il tema dell’Oggetto Celibe - ovvero non riproducibile perché non in grado di generare nulla al di là di sé stesso - è stato lanciato come provocazione durante il FuoriSalone 2021, da HoperAperta a un gruppo di artisti e architetti. La piattaforma culturale indipendente, condivisa e multidisciplinare, ha chiesto ai partecipanti di realizzare un progetto unico nella sua poetica artistica - tanto da farne un pezzo autoriale limited edition - ma in grado di essere al tempo stesso plurale nell’interpretazione di un tema dall’impossibile soluzione.

I risultati di questo esercizio sono stati esposti durante la Design Week in una mostra dal titolo L'oggetto celibre. Per un'arte da camera à réaction poétique, a cura di Patrizia Catalano e Maurizio Barberis e realizzata in collaborazione con 5vie Art + Design, Casa D’aste Wannenes e Radisson Collection Hotel Palazzo Touring Club Milano, a Palazzo Racalcati a Milano.

Leggi anche: Il FuoriSalone 2021 alle 5Vie

"Il concetto di célibataire è ‘assolutamente e storicamente contemporaneo’", spiega Patrizia Catalano. "Appartiene alle avanguardie artistiche del novecento, ma è poco indagato perché complesso da definire in maniera univoca. L’essere ‘celibe’ di un opera o di un oggetto può al contrario avere molte valenze: significa avere una chiara idea dell’identità delle cose, cosa sono, dove sono e, soprattutto, in che direzione si possono orientare".

Secondo Catalano e Barberis, l'oggetto celibe cerca, attraverso la propria unicità, un dialogo con gli altri. "Non in virtù della similitudine", dicono, "ma attraverso una dinamica integrazione tra le differenze". Non una caduta nel manierismo fine a se stesso quindi – perché di moda – ma la ricerca di una propria cifra interpretativa condivisibile.

Questo può generare, come nella mostra milanese, un racconto plurimo e diversificato. Come Slow Blur, del sound artist Steve Piccolo, una video installazione composta da uno strano strumento realizzato e suonato da Luca Formentini e Stefano Castagna e accompagnato dalla sua voce fuori campo.

Con il suo Mobile d’Invenzione Maurizio Barberis fonde le sue competenze in un’installazione dove cinque grandi artworks a parete raccontano di mobili immaginari e dialogano con sculture-centrotavola in terracotta. La Trama infinita di Alfonso Femia (con De Castelli) cita la colonna infinita di Constantin Brâncuși e il suo concetto di modularità organica. Dario Ghibaudo con "...Se il Tappeto si appende" simula invece un tipico tappeto orientale coniugandolo con i lemmi che designano i peccati capitali.

Con i suoi elementi in metallo (Cromonichel) e terracotta smaltata (Fornace Brioni) Duccio Grassi propone I musicanti di Brema, un gioco composito di elementi autoportanti e indaga sul senso della materia percepita. Il doppio arazzo di Tiziano Guardini e Luigi Ciuffreda How did lose ourself in the Forest, (in Econyl ® totalmente tagliato, cucito e ricamato dagli autori) riflette sul concetto di celibater come unicum di autoaffermazione ma anche di integrazione nel mondo.

Il tavolino Balance di Davide Valoppi è una sfida alle leggi della stabilità. Per Valoppi il tema del célibataire si manifesta come disorientamento percettivo che diviene condizione esistenziale di una contemporanea fragilità. Nella fotografia parte del ciclo Frammenti Roberta Orio indaga il concetto di identità esplorando la personalità dei soggetti, rivelata dagli abiti riposti al centro di un luogo neutro.