Antonio Maglio di Joule (Eni): così la nostra scuola dà un futuro alle startup

Antonio Maglio è head of Human Knowledge di Joule, la scuola di Eni per l’impresa.

Chi sono gli aspiranti startupper e, in genere, chi risponde alla call della scuola? Con quale idea di sostenibilità e background formativo arrivano?

“L’idea di sostenibilità è molto chiara e diretta con tutte le implicazioni che questo comporta per chi vuole fare impresa. È sicuramente un ottimo punto di partenza di tutti gli aspiranti startupper che hanno l’ambizione di entrare a far parte dei programmi di Joule. Chi partecipa ai nostri programmi ha un background tecnico, ma non necessariamente, in quanto i temi della sostenibilità e delle iniziative imprenditoriali nell’ambito della transizione energetica e della lotta al cambiamento climatico sono trasversali e richiedono competenze multidisciplinari relative a tutti i settori di business (fashion, food, mobilità sostenibile, energia) che la nostra scuola ha l’ambizione di supportare con le proprie attività”.

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Quale è la soglia di preparazione richiesta per entrare nel gruppo?

“Chi partecipa alle selezioni e viene scelto per i nostri programmi deve avere una chiara idea dell’impatto che la sua futura impresa può avere sul nostro pianeta, in termini di lotta al cambiamento climatico e transizione energetica, attraverso l’applicazione di un modello di economia circolare. Non è necessario un determinato background e una specifica preparazione economica ma, piuttosto, un mix di competenze che rappresenti il giusto match con l’idea di business che si vuole intraprendere e portare avanti. Il fattore chiave che può favorire le condizioni per aumentare la probabilità di successo è sicuramente la capacità del founder della startup di circondarsi di persone con un mix di competenze (tecniche, manageriali, finanziarie) che sia coerente con l’idea di business e che condividano la stessa visione e motivazione nel portare avanti l’idea imprenditoriale”.

A Joule vi focalizzate sulla verticalità: perché? 

“La motivazione è sicuramente la necessità di focalizzare l’idea di impresa e le risorse ed energie degli aspiranti startupper su ambiti ben definiti e risolvere il problema, inteso come bisogno del segmento di clienti già presente nel mercato oppure che vanno fatti emergere grazie alla propria idea innovativa. Quindi soprattutto nelle fasi iniziali è da preferire un modello di impresa che sia agile e focalizzato su ambiti ben definiti per validare, con le risorse scarse a disposizione, il più velocemente possibile il prodotto e/o servizio che si vuole posizionare sul mercato di riferimento”.

Sono passati ormai molti anni da quando si parla di startup eppure il tasso di mortalità è ancora molto alto. Come Joule può contribuire ad invertite questo trend?

Nell’ultimo anno il numero di startup è aumentato notevolmente rispetto al 2020, raggiungendo le oltre 14 mila realtà innovative nel nostro Paese, nonostante le difficoltà della pandemia attualmente in corso. Questo è accaduto grazie a una serie di elementi quali la presenza di fondi messi a disposizione da Cassa Depositi e Prestiti, l’arrivo dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e la stessa capacità di reazione del nostro ecosistema imprenditoriale, che hanno favorito la creazione di nuovi modelli e soluzioni per uscire dal momento difficile che si sta attraversando. A tutto questo fa da contraltare la non elevata scalabilità delle startup innovative rispetto ad altri contesti internazionali per diverse ragioni, quali l’assenza di un ecosistema a supporto, l’assenza di fondi di livello adeguato rispetto ad altri contesti internazionali e altresì la mancanza di competenze specifiche fondamentali nella fase di realizzazione delle attività d’impresa. Joule, attraverso lo sviluppo di competenze imprenditoriali, la presenza di un network di partner tecnici e l’integrazione tra i programmi Human Knowledge, focalizzato sulle competenze individuali ed Energizer, costruito sulle specificità delle startup, può determinarne la riduzione del tasso di mortalità rappresentando un elemento unico nel sistema imprenditoriale del nostro Paese”.

Chi è il vero innovatore, oggi, secondo Antonio Maglio?

“L’innovatore è una persona che propone un’idea di business che consente di risolvere un problema attraverso un prodotto e/o servizio che sia per sua natura innovativo e sostenibile. L’innovazione pertanto non può prescindere a mio avviso dalla dimensione dell’impatto che può generare sul nostro pianeta in termini di lotta al cambiamento climatico e transizione energetica”.

Ci sono già progetti in corso o avviati che può citare? 

“Attualmente la nostra scuola ha programmi attivi che coinvolgono progetti trasversali sul territorio italiano a partire da Zero (Roma), VeniSIA (Venezia), South-Up (Basilicata), coLABoRA (Ravenna) e il programma di pre-incubazione Human Knowlegde LAB tematico e itinerante. Tutti i programmi elencati hanno come comune denominatore la volontà di Eni, attraverso Joule, di supportare il sistema imprenditoriale italiano per lo sviluppo di idee imprenditoriali innovative e sostenibili”.

Un film, un libro che ispira Antonio Maglio nel suo lavoro? 

“In questo momento penso che il film The Founder sia d’ispirazione per chi vuole entrare a far parte di questo mondo, perché consente di far riflettere su cosa serve per riuscire a realizzare una propria visione e quindi un’idea innovativa. Mentre mi sono appassionato a libri come Scaling Up che, ad esempio, fa emergere come si può riuscire nel proprio viaggio imprenditoriale curando in modo particolare la fase di esecuzione delle attività, fondamentale per chi vuole fare impresa in qualsiasi contesto competitivo”.