Il designer tedesco inventò la luce contemporanea: cosa rimane a 4 anni dalla scomparsa, del suo modo di fare lighting design?

Dove va Ingo Maurer?

Chiederselo equivale a domandarsi dove sta andando la luce. Secondo Axel Schmid, design director del brand tedesco recentemente rilevato da Foscarini e per decenni braccio destro del Maestro scomparso nel 2019, la direzione giusta è verso una progettualità poetica e informale.

Axel Schmid è il front man di Ingo Maurer e la mente dietro il ritorno del marchio a Milano al FuoriSalone 2023. Un ritorno in grande stile, con l’installazione Floating Reflection che ha animato i Caselli 11-12 di Porta Nuova: un lavoro semplicissimo ma ad alto impatto estetico ed emotivo, nel segno riconoscibile del più poetico designer della luce.

Axel Schmid è anche la persona - più di tutti - può spiegare cosa significa portare avanti il lavoro di Ingo Maurer dopo Ingo Maurer. Come dire: dove va la luce quando perde uno dei suoi grandi prestigiatori?

Ingo Maurer ha inventato la luce contemporanea. Come si prosegue il suo lavoro?

Axel Schmid: “Bisogna capire il suo modo di lavorare per capire come stiamo portando avanti il suo percorso. Ingo era un grande art director, oltre che un designer. Non era una star, non era un accentratore: amava la collaborazione e una forma di creatività collettiva e corale.

Ho lavorato con lui per due decenni e in questi anni lo studio è diventato la casa di una grande famiglia che comprende non solo il team di design ma veramente tutte le persone che lavorano qui.

Ha coltivato un’atmosfera di partecipazione, di condivisione, di dialogo continuo su ogni fronte.

Ingo aveva una scrivania, un tavolo di lavoro. Ma ci passava poco tempo: si spostava in continuazione di postazione in postazione, attivando una comunicazione spontanea e costruttiva. Non metteva le sue idee al centro, era affascinato dalle situazioni, dalle atmosfere, dalle cose nuove. Lo studio è tutt’ora un luogo vivace, creativo, sempre in movimento”.

I nuovi di Ingo Maurer non hanno nulla di nostalgico…

Axel Schmid: “I prodotti presentati a Milano in qualche modo conservano la tipicità del segno di Ingo Maurer e allo stesso tempo sono totalmente contemporanei. Il nostro modo di lavorare non è cambiato: la transizione fra il prima e il dopo Ingo Maurer è stata lunga, serena.

Eravamo preparati e in grado di andare avanti anche dopo la sua scomparsa. Naturalmente ci sono stati momenti di smarrimento, non è stato semplice, anche perché nel momento in cui avremmo avuto bisogno di stare vicini e continuare a lavorare insieme ancora più di prima per mantenere viva le pratiche progettuali a cui siamo abituati, è cominciata la pandemia”.

Sapeva, quando è mancato Ingo Maurer, che il brand sarebbe sopravvissuto?

Axel Schmid: “Il percorso in realtà era chiaro già da tempo. Ingo Maurer non è più solo una persona, è un brand. Dopo la sua morte sapevamo che l’azienda sarebbe stata venduta e così è successo con Foscarini.

Forse c’è stato un momento in cui abbiamo temuto di non farcela dal punto di vista umano e, quindi, creativo.

Quell’atmosfera familiare, quel linguaggio condiviso e privato ha bisogno di nutrimento intellettuale, di esperienze partecipate, di un contatto quotidiano. Ma alla fine ci siamo ritrovati e, come già sapevamo, siamo stati capaci di proseguire il suo percorso e il nostro lavoro.

Come si costruisce un team che riesce a sopravvivere a un Maestro?

Axel Schmid: “L’azienda ha avuto una crescita contenuta e questo è il frutto di una scelta precisa. Ingo Maurer sapeva, così come è chiaro anche a noi, che la sensibilità e l’inventiva di cui siamo portatori può essere il frutto di un lavoro fatto da poche persone, una quarantina in tutto, la maggior parte delle quali totalmente dedicate al design.

Credo che sia davvero un fatto unico: l’onnipresenza del design coinvolge davvero tutti e, a rischio di ripetermi, ci comportiamo come un’unica famiglia.

Ci identifichiamo con quello che facciamo, ne siamo soddisfatti e ne traiamo un senso di compimento. Ci conosciamo molto bene, c’è un’atmosfera totalmente informale che ci permette di avere discussioni vivaci, scambi costruttivi. Andiamo continuamente avanti, non coltiviamo abitudini progettuali che ci cristallizzano in un’icona, per quanto bella e poetica”.

I nuovi progetti erano molto in movimento, emozionanti e semplici. È lo spirito del tempo o un lascito di Ingo Maurer?

Axel Schmid: “È sempre pericoloso e difficile parlare di una persona che non c’è più. Non amiamo la celebrazione e in ogni caso non è questo il modo in cui intendiamo lavorare.

Non posso dire che qualcosa sia davvero cambiato nelle nostre pratiche progettuali, se non quando i piani futuri del brand si sono stabilizzati.

C’è stata un’apertura concreta verso il futuro, la costruzione di una visione. E abbiamo capito che occorreva continuare a correre, ad andare avanti e che per farlo dovevamo essere concentrati e focalizzati. Preparando la nostra presenza a Milano non abbiamo mai pensato a una retrospettiva: non è proprio nelle nostre corde”.

Il vostro team non ha una gerarchia rigida: non è pericoloso?

Axel Schmid: “Vogliamo essere liberi di essere noi stessi in quanto individui. E questo comporta problemi e fragilità, ma è il nostro modello. Io chiederei a Alice Nitsch, responsabile della comunicazione”!

Alice Nitsch: “Confermo: ci sentiamo liberi di essere noi stessi, senza aderire ai tipici formalismi delle aziende. Se abbiamo voglia di un momento di scambio, ci fermiamo a chiacchierare. Altrimenti no e nessuno si stupisce di una momentanea indisponibilità.

Ogni tanto l’atmosfera può diventare ruvida, un po’ diretta. Ma in quanto gruppo di lavoro siamo in grado di assorbire anche le parti meno gentili. E sappiamo di poter contare sulle competenze professionali e umane di tutti, come in una vera famiglia.

È davvero la cifra di una piccola azienda affiatata che guarda sempre avanti. È quello che ci permette di crescere come individui e come professionisti all’interno di un’organizzazione sistemica basata sullo scambio e la comunicazione”.