Sapeva, quando è mancato Ingo Maurer, che il brand sarebbe sopravvissuto?
Axel Schmid: “Il percorso in realtà era chiaro già da tempo. Ingo Maurer non è più solo una persona, è un brand. Dopo la sua morte sapevamo che l’azienda sarebbe stata venduta e così è successo con Foscarini.
Forse c’è stato un momento in cui abbiamo temuto di non farcela dal punto di vista umano e, quindi, creativo.
Quell’atmosfera familiare, quel linguaggio condiviso e privato ha bisogno di nutrimento intellettuale, di esperienze partecipate, di un contatto quotidiano. Ma alla fine ci siamo ritrovati e, come già sapevamo, siamo stati capaci di proseguire il suo percorso e il nostro lavoro.
Come si costruisce un team che riesce a sopravvivere a un Maestro?
Axel Schmid: “L’azienda ha avuto una crescita contenuta e questo è il frutto di una scelta precisa. Ingo Maurer sapeva, così come è chiaro anche a noi, che la sensibilità e l’inventiva di cui siamo portatori può essere il frutto di un lavoro fatto da poche persone, una quarantina in tutto, la maggior parte delle quali totalmente dedicate al design.
Credo che sia davvero un fatto unico: l’onnipresenza del design coinvolge davvero tutti e, a rischio di ripetermi, ci comportiamo come un’unica famiglia.
Ci identifichiamo con quello che facciamo, ne siamo soddisfatti e ne traiamo un senso di compimento. Ci conosciamo molto bene, c’è un’atmosfera totalmente informale che ci permette di avere discussioni vivaci, scambi costruttivi. Andiamo continuamente avanti, non coltiviamo abitudini progettuali che ci cristallizzano in un’icona, per quanto bella e poetica”.