Fra arte e design, come si progetta l’esperienza della cura e del benessere. E cosa si potrebbe fare di diverso

Esiste un bagno immaginato, quello che siamo abituati a vedere sulle riviste di design. Ed esiste un bagno reale, che è quello che la maggior parte delle persone frequentano più volte al giorno nelle loro case.

Nel mezzo c’è un tema progettuale bello e delicato, che riguarda la cura del corpo, le sue funzioni, lo spazio dell’intimità. Il perimetro in cui i gesti umani sono veramente influenzati dagli oggetti e dagli spazi.

E dove sarebbe interessante portare il design soprattutto per facilitare la frequentazione di una dimensione privata ineluttabilmente fisica.

I luoghi dell’accudimento e della cura

Per i primati si parla di grooming, ovvero un accudimento spontaneo e istintivo dell’altro, una cura che sancisce la relazione protetta e sicura.

Un retaggio di legami semplici e funzionali al benessere del gruppo. Il progetto in questo scenario dovrebbe occuparsi di inventare strumenti e spazi che facilitano l'esperienza dell’intimità con sè e con gli altri.

O perlomeno che indagano la possibilità progettandone le premesse. Spesso lo fa con scelte opulente e un po’ sopra le righe.

Un bagno disfunzionale?

Francesca La Spina lavora nel marketing dell'azienda ed è responsabile di JVstore e JVstudio , brand storico di wallpaper e descrive così lo stato dell’arte: "Il bagno inteso come spazio collettivo, soprattutto all’estero, è sontuoso, abbonda di scelte progettuali lussuose, di materiali che tradizionalmente non fanno parte degli spazi dedicati al corpo".

In sostanza La Spina constata la vendita di carte da parati di seta e di garza destinate a ricoprire pareti di SPA, cliniche, luoghi del benessere.

Una scelta bizzarra: "La carta da parati in seta non è adatta allo spazio del bagno, ovviamente. Ciononostante si può usare un finissaggio che protegge dall’aggressione dell’acqua, anche se l’usura della superficie sarà inevitabilmente più rapida a causa di umidità e prodotti di pulizia".

Insomma: un bagno che nega l’ovvia presenza di acqua e sapone. Nonostante l’ingenuità, è un tentativo di guardare a questo luogo con occhi diversi, più attenti.

In Sauna di Sara Leghissa suggerisce un’alternativa

Sara Leghissa è una performer italiana che ha da sempre a cuore la relazione fra arte e spazio pubblico. I luoghi accessibili a tutti sono il palcoscenico di elezione. La relazione immediata con le persone è lo scopo originario.

A Farout 2022, il festival di arti performative di Base Milano ha portato In Sauna, un progetto che fa parte della piattaforma aperta Nobody’s Business: "Costruire una sauna e creare un ambiente in cui le persone possono trascorrere del tempo insieme senza altra finalità che la prossimità e l’interazione fra i corpi, in una dimensione di cura e accudimento".

Uno spazio aperto a ospiti diversi ogni giorno, invitati a modificarne i contenuti e il set.

Esistono davvero corpi convenzionali?

L’obiettivo non è ovviamente inscenare un'intimità forzata, osservare come si reagisce alla vicinanza fra corpi  in un luogo esplicitamente scevro da altre finalità.

Leghissa parla di crpi non convenzionali, di identità fluide, di accettazione e di rispetto. Tutti temi che, con sfumature diverse, denunciano il sostanziale imbarazzo di una cultura che mostra il corpo ma sta riflettendo su come viverlo, consapevole del proprio disagio.

Riflette Sara Leghissa: "Alcuni gesti di appropriazione hanno risignificato la sauna in ambito occidentale come pratica comunitaria. La nudità, necessaria a causa delle alte temperature, espone il corpo alla cura del gruppo, costruendo a sua volta un corpo collettivo autogestito, animato da reciprocità, mutuo supporto e interdipendenza".

La cura come progetto collettivo e spontaneo

In sauna è un progetto che supera la distanza fra accudimento pubblico e privato.

Avvicina i corpi ma lo fa scrivendo le regole di uno spazio sicuro. Non è un’idea dirompente o nuova: dal Mediterraneo alla Scandinavia, molte culture vivono il benessere collettivamente.

"In una pausa fra un lockdown e l’altro, ho avuto il desiderio di fare una sauna", racconta Leghissa. "Mi sono resa conto che a Milano devi andare in una SPA, o in uno spazio di cruising. Ma non era quello di cui avevo bisogno.

In Sauna è nato così. È un luogo pensato per essere spostato, montato e rimontato. È uno spazio che crea un’esperienza di condivisione e vicinanza fra corpi di ogni genere".

E il design cosa fa?

Il design si occupa di prodotti, naturalmente. E si occupa di esseri umani. Sembra inevitabile dover ripensare il corpo, adesso. Ripensarlo come veicolo di identità dichiarate o sopite, esattamente come ci sta imponendo questo tempo, è parte del lavoro progettuale.

Lo spiega bene Emanuele Coccia, in Filosofia della casa (Einaudi, 2021): "Il rimescolamento planimetrico dei loro spazi e dei loro volumi coincideva con una riscrittura dei miei costumi, ma anche dei miei pensieri, delle sensazioni che provavo ogni volta che mi trovavo in casa.

(...) Ho capito che progettare una casa significa sottoporre chi vi abita a una precisa planimetria psichica: organizzarne i sentimenti, le emozioni, la forma e i modi dell’esperienza.

E il bagno, che di solito associamo alle funzioni piú materiali della nostra vita quotidiana, è anche e soprattutto il cuore della psicagogia domestica".