Unisce lo stile di Memphis al grafismo africano, il rigore progettuale alla dimensione pop. Le sue opere sono un dialogo perfetto tra décor e architettura. Oltre che potenti attivatori sociali. Alla scoperta di Camille Walala, designer alla conquista del mondo

Il colore come un sogno, lo spazio per ipnotizzare. Se c'è una designer in grado di dimostrare la verità della poetessa Marina Cvetaeva, e cioè che tutto, nella nostra vita, si decide durante i primi sette anni, quella designer risponde al nome di Camille Walala. Il colore è entrato subito nella vita di questa creativa nata in Provenza da padre architetto. Il Dna e la casa natale ridondante di stoffe africane, amate dalla madre, le hanno dato gli ingredienti del successo.


Camille Walala
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Camille Walala esprime tutta la sua positività attraverso colori vibranti e motivi audaci. Il suo lavoro, dal micro al macro, si basa su una grafica e geometrie esuberanti per creare ambienti che stimolano i sensi e ispirano gioia. Laureata in design tessile presso l'Università di Brighton, nel 2009 si trasferisce nell'East London dove continua a vivere e lavorare. La sua attività l'ha portata in tutto il mondo a trasformare case e spazi di lavoro con il suo tipico stile tribale-pop. Attingendo da influenze tra cui il Movimento Memphis, la tribù Ndebele e il maestro dell'op-art Victor Vasarely, Walala ha un entusiasmo irrefrenabile per i motivi giocosi e grafici.

Poi è stata lei, Camille, a dosarli nelle ricette originali che la rendono una delle designer e urban artist più richieste del momento. Facciate di palazzi e boutique hotel, campagne pubblicitarie per marchi di moda (Armani) e allestimenti di showroom e uffici (Facebook), arredi urbani in Inghilterra e progetti di décor per sedi di ong in Tanzania: nulla, dalla piccola alla grande scala, resiste alla mano di colore che Lady Pattern stende con fantasia e rigore geometrico pressoché ovunque, unendo in una cifra peculiare Memphis e i segni grafici delle tribù Ndebele per generare uno stile optical e pop che è già copiatissimo.

Una vertigine che origina dalle vicende biografiche di Camille, arrivata giovane in una Londra grigia dalla Provenza e con l'Africa nel cuore. Un corto circuito geografico e dell'anima che diventa presto il boost in grado di segnare una carriera: "Il mio lavoro può dare gioia alle persone, visto che solitamente opero in spazi privi di colore. I paesaggi urbani sono luoghi abbastanza monotoni, applicare pattern di grande formato sulle facciate diventa il modo perfetto per portare qualcosa di inaspettato".

Non che il mondo, prima di Camille, non fosse abituato a vedere edifici di cemento reinterpretati con scariche di bombolette o pennellate. Quello che di nuovo e forte Lady Pattern introduce sulla scena dell'urban art è il dialogo serrato con l'architettura. Niente faccioni e bando al figurativismo, spazio al décor ma in chiave progettuale: "Ho sempre amato l'architettura, ho molti libri e potrei guardare le foto dei palazzi e dei loro dettagli per tutto il giorno. Tra i miei riferimenti c'è un grande artista come il compianto Carlos Cruz-Diez, celebre per i suoi interventi in spazi pubblici, ma anche Freddy Mamani, l'architetto boliviano padre dello stile neo-andino. Non a caso”, sorride, “la Bolivia è uno dei Paesi dove ho in programma di andare e che, sono certa, può cambiare il mio modo di fare design, mentre tra i luoghi che mi hanno ispirato finora ci sono senz'altro Città del Messico, Tokyo e Milano".

Lavorare in 3D richiede sicuramente un passo diverso, è più impegnativo che applicarsi su una superficie piana. Per questo collaborano con me due bravi architetti che mi aiutano in studio a sviluppare le idee e il progetto."

Negli ultimi anni, il dialogo già intenso con l'architettura è diventato sempre più serrato nelle opere di Camille. "Quando opero sulle facciate di edifici, il mio istinto è di essere sensibile proprio all'idea progettuale alla base di quella costruzione: non mi piace dipingere come su una tela piatta. Per questo, adoro incorporare i dettagli delle facciate nei miei pattern. E per questo, quando inizio a lavorare, cerco da subito di avere a fianco gli architetti. Arte e forma devono procedere di pari passo. È una strada lunga da percorrere, ma mi piace farlo".

Tra le sfide recenti di Walala c'è la tridimensionalità. Dopo anni di artwork su facciate e progetti di interior – da quello, instagrammatissimo, di Brooklyn commissionato da WantedDesign, dove i pattern sono mutuati dal ritmo architettonico delle finestre di un edificio industriale alto quaranta metri, al labirinto immaginifico realizzato alla Now Gallery di Londra – già dal 2018 Lady Pattern si cimenta con l'arredo urbano in occasione del London Design Festival.

Nell'ultima edizione, lo scorso settembre, ha progettato un'area pedonale curando il design di panchine e portavasi. Il risultato è un salotto cittadino, la Walala Lounge, che diventa un invito al relax e a socializzare nel pieno delirio della capitale britannica: "Lavorare in 3D richiede sicuramente un passo diverso, è più impegnativo che applicarsi su una superficie piana. Per questo collaborano con me due bravi architetti che mi aiutano in studio a sviluppare le idee e il progetto. Con loro riesco a spingere il lavoro verso nuove direzioni. La Walala Lounge ha avuto un ottimo riscontro, e ne sono orgogliosa, ma con la tridimensionalità siamo ancora all'inizio, ho appena iniziato a grattare in superficie…”.

Ho sempre amato l'architettura, ho molti libri e potrei guardare le foto dei palazzi e dei loro dettagli per tutto il giorno. Tra i miei riferimenti c'è un grande artista come il compianto Carlos Cruz-Diez, celebre per i suoi interventi in spazi pubblici, ma anche Freddy Mamani, l'architetto boliviano padre dello stile neo-andino."

Da un lato la dimensione ipnotica di installazioni e interni, dall'altro l'elevato tasso di socialità che le opere di Walala recano con sé. Serve anche una buona dose di generosità, per dar vita a un design che diventi come un attivatore di empatia, un invito alla connessione umana? Forse. Generosa, del resto, Camille deve esserlo: si vede dal modo in cui offre all'occhio dei curiosi i suoi quaderni e la sua libreria dove spiccano i volumi di Nathalie du Pasquier (e di chi, sennò?): "Adoro disegnare. È il mio modo di evadere dalla realtà. Niente mi dà più piacere che andare al bar molto presto la mattina, prendere un cappuccino, sedermi con il mio album da disegno e creare. Creo qualsiasi cosa. Senza paura di sbagliare. Sbagliare fa parte del gioco".