Colori saturi e forme ‘instafriendly’ ridanno vita all’anima più accesa del filone postmoderno, che ritorna sotto forma di oggetti ad alto impatto visivo pensati per catturare la fuggevole attenzione dei social

L’approccio artistico al design dell’arredo introdotto da Memphis e Alchimia negli anni Ottanta ha intrapreso nei decenni successivi un percorso carsico, che ha portato a un progressivo depotenziamento delle cariche più esplosive del progetto creativo ‘estremo’ a favore di un suo riassorbimento nel più sicuro circuito di mercato.

Così, negli anni Novanta, l’approccio emozionale al progetto si è evoluto in quello che Alessandro Mendini ha chiamato “design narrativo”, più allusivo e meno dichiarativo rispetto a quello del decennio precedente (esemplificato dai mobili di Giovanni Levanti per Campeggi).

Nel XXI secolo lo stesso filone si è poi evoluto nel macro-trend del design transizionale post-narrativo, caratterizzato da forme morbide oversized e dall’uso prevalente di toni tenui o pastello (come nella collezione N=N di Nichetto e Nendo), volti a reintrodurre nella dimensione domestica momenti di tranquillità tangibile contrapposti all’invadente smaterializzazione delle esperienze digitali.

Oggi le cose stanno di nuovo cambiando. Dopo un periodo in cui è rimasta dormiente, l’anima effervescente dell’arredo emozionale si sta infatti ridestando, per dar vita a una serie di oggetti che si pongono in allegra opposizione nei confronti del macro-trend transizionale post-narrativo.

È il caso della seduta Lobster di Martin Thübeck, premiata all’Ung Svensk Form 2019 e che (oltre all’anatomia da mollusco ispirata forse al dottor Zoidberg di Futurama) recupera l’uso del colore come vero e proprio atto fisico che non solo ricopre, ma addirittura modella l’oggetto.

Anche Diplopia di Stefan Krivokapic (Skrivo) per Miniforms, pur presentando una maggiore attenzione al dettaglio tecnico, fa deflagrare la materia cromatica come un’esplosione visiva non violenta, comunque rispettosa degli equilibri domestici.

Mentre il Responsive Furniture di Christian Hammer Juhl e Jade Chan (diplomati alla Design Academy di Eindhoven) punta a immettere nell’universo living le dinamiche del gioco, trasferendo il comportamento ‘interattivo’ delle applicazioni smart nel corpo solido dell’arredo, attraverso un sistema di molle che ricorda le sperimentazioni di un altro protagonista della stagione narrativa anni Novanta, Denis Santachiara, e rende gli oggetti ‘responsivi’ al gesto dell’utente.

Apparentemente più morigerato, in realtà ugualmente abitato da uno spirito goliardico sovversivo, è la seduta Moon di Charles Kalpakian, realizzata in esclusiva per la Galerie BSL di Parigi come reinterpretazione di un classico degli anni Cinquanta. Anche Katrin Greiling, con F51N, riveste la seduta modello F51 di Walter Gropius con tonalità accese e ravvivanti, che ricordano l’eleganza astratta di un quadro non figurativo.

Ma il circo felice delle emozioni visive potenti non si limita a recuperare eredità dal passato. I colori saturi, le forme giocose, gli elementi d’arredo disegnati con layout grafico danno infatti corpo (e immagine) a un design ‘instafriendly’, adatto a figurare bene sul piccolo schermo retroilluminato di uno smartphone, catturando, per quell’istante in cui si giocano tutto, la fuggevole attenzione dell’utente social.

È significativo in tal senso che un progetto come Sunset dei Sovrappensiero, che prevede invece un rilascio più lento del senso estetico nel tempo lungo dell’abitare, si collochi al confine tra il macro-trend dell’arredo transizionale post-narrativo e il contro-trend ‘circense’ ad alto impatto visivo.

Quanto questo linguaggio, nelle sue espressioni più compiute, incorpori tutta la sapidità cromatica dei contenuti nati per i social network, lo si vede nelle artwork realizzate da Anny Wang e Tim Söderström, come per esempio la serie Treasures, rendering di nature morte sintetiche che sembrano assemblate con i materiali di risulta dei ‘meme’, le piccole immagini ironiche spesso animate in loop che girano in rete a velocità virale.

Dopo un periodo in cui è rimasta dormiente, l’anima effervescente dell’arredo emozionale si sta infatti ridestando, per dar vita a una serie di oggetti che si pongono in allegra opposizione nei confronti del macro-trend transizionale post-narrativo. "

Del resto la vita del design artistico ed emozionale è sempre stata legata a doppio filo a quella del design come atto di comunicazione, non a caso nato all’inizio degli anni Novanta (si pensi al fenomeno Starck). Ciò che questo approccio presenta oggi di nuovo, però, è il connotato tipico dell’epoca della rete, espresso in progetti dalla carica estetica ‘forte’, sferrata come un pugno allo stomaco che, quando giunge all’occhio, si rivela gentile come una carezza, di impatto ma capace di grazia nella composizione e delicatezza nel dettaglio.

Lo illustra nel modo migliore il lavoro della talentuosa Daria Zinovatnaya, i cui interni, rigorosi e festosi, hanno, nei confronti della calma pastello che va per la maggiore oggi, la stessa sana irriverenza che aveva il primo design postmoderno nei confronti del modernismo, tardo erede del razionalismo che, fondamentalmente privo di autoironia, si è dimostrato alla fine troppo serio per essere preso sul serio.