Reperti di design, segni e icone del passato, citazioni del mondo antico usate dai progettisti come immagini evocative. Per creare un linguaggio estetico che si ricollega ai movimenti radicali ma che incarna l’individualità della nostra epoca

Richiami a rovine antiche. Segni – talora interpretazioni, talora citazioni manifeste – dell’iconografia classica greco-romana o, più ampiamente, della cultura dell’impero romano d’Oriente che ha impresso tracce indelebili e condivise nell’intero bacino mediterraneo.

Lacerti di storia si intrecciano negli orizzonti creativi di designer di diversa provenienza.

Combinati e rielaborati in modo personale, diventano una tendenza estetica e di ricerca nel design, soprattutto da collezione.

Chiediamo l’opinione di Nicolas Bellavance-Lecompte, cofondatore e curatore, tra le altre attività nell’ambito del collectible design, della Carwan Gallery di Atene, la quale recentemente ha rappresentato i lavori di India Mahdavi, Roberto Sironi e Polina Miliou, alcuni fra i designer che esprimono questo linguaggio estetico.

“Siamo in un momento di neo-neoclassicismo che influenza alcuni creativi”, spiega Bellavance-Lecompte. “Non direi un trend quanto una forma di ispirazione: una riscoperta sia dei valori che hanno condizionato il movimento neoclassico, sia del piacere di riconnettersi alla storia, non solo greco-romana.

Infatti, assistiamo anche al ritorno dell’'egittomania'.

Credo che tutto questo nasca da un desiderio di innovare attraverso le radici della cultura mediterranea, che non si vedeva dagli anni Ottanta. Ma è diverso da allora: più personale e meno dogmatico, ugualmente sofisticato e anche giocoso”.

A partire da Ruins del 2018, Roberto Sironi compie una indagine metodica e meticolosa sui siti archeologici; reinterpreta e ristruttura reperti architettonici classici con un’attenzione quasi da archeologo.

L’ultimo lavoro, Domus Pompeii, nasce da una ricerca in situ, dove il designer analizza le cromie degli affreschi per sviluppare cinque colori 'pompeiani'.

Sironi è affascinato, quasi ossessionato dalla storia, non solo dal periodo classico, ma proprio dall’idea di stratificazione – infatti, aggiunge anche riferimenti alla rivoluzione industriale in epoche più contemporanee.

Con tutt’altri materiali e processi costruttivi, lo spagnolo Sergio Roger mette in discussione le convinzioni e la visione idealizzata dell’antichità.

Ne Il Gran Ballo di Delfi contorce, piega e stravolge le colonne di un tempio, realizzate in lino, seta e velluti che portano i segni del passare del tempo, sottolineando la coesistenza di elementi satirici e solenni.

Arte e cultura classica sono il fondamento della sua espressione estetica ma, contrariamente a Sironi, non le prende del tutto sul serio.

In Achromia, India Mahdavi parte da alcuni suoi pezzi iconografici per privarli del colore ed eseguirli solo in marmo bianco, come la statuaria neoclassica.

La cancellazione del colore, quell’'errore contemporaneo' della storia dell’arte, diventa il mezzo per perseguire un nuovo obiettivo: l’idea di catturare la luce attraverso il chiaro-scuro.

Nei suoi pezzi aggiunge quindi delle modanature che richiamano le colonne doriche, conferendo un inedito dinamismo alle stesse opere.

La fascinazione del periodo classico diviene qui un’operazione astratta.

Un’altra citazione del neoclassicismo è l’opera di Fabio Novembre, in particolare Venus per Citco e la collezione Miti per Tapis Rouge.

Entrambi i progetti esprimono la ricerca del ‘bello ideale’: Venere, trasposta in una libreria di marmo – materia che rappresenta l’equilibrio di forza e fragilità – crea un ponte con la scultura di Antonio Canova; mentre Apollo e Afrodite riportano la quintessenza dell’armonia delle proporzioni sulla superficie morbida di un tappeto, in un gioco di seduzione.

Più eclettici i rimandi culturali di altri designer.

In Kyklos, Polina Miliou esplora il riferimento simbolico e formale al cerchio, presente nella statuaria della civiltà cicladica dell’età del bronzo. Questo richiamo, interpretato in modo astratto e personale, si unisce alla citazione delle tradizionali sedute greche di vimini che Miliou scolpisce a mano utilizzando una miscela di polpa di carta colorata.

La commistione di diversi periodi storici, di accenni ‘alti’ e pop, crea oggetti di fantasia tra cartone animato e ieraticità.

Ricordi di epoche antiche, non espressamente citate, convivono invece nella collezione di tessili e tappeti Bisanto di Antonio Aricò per Moooi: “un nuovo immaginario capace di portarci in un altro mondo ricco di gioia, in un intreccio di infiniti racconti di tempi lontani che uniscono il nord al sud e l’ovest a l’est dell’Italia”.

Sono dei mosaici tessili che diventano souvenir iconici provenienti dai suoi ricordi.

Analogamente, con Return to Arcadia, una collezione di jacquard e stampati di Rubelli, l’interior designer britannico Luke Edward Hall esprime la sua passione per la mitologia e l’interesse per l’architettura, l’arte e i personaggi dell’antica Grecia e della civiltà romana.

Un immaginario classico che qui si trasforma in un mondo raffinato e al contempo giocoso.

“L’heritage di ognuno diventa molto importante”, precisa Bellavance-Lecompte: “detta il modo di creare e di interpretare i riferimenti culturali in chiave contemporanea. È la chiave di lettura, con un forte significato personale. Rispetto ai movimenti radicali degli anni Settanta e Ottanta, questa tendenza non ha la stessa valenza politica, né quella volontà di riappropriazione di radici culturali o processi del fare.

È una forma di ispirazione legata all’individualità, a un intimo desiderio ‘romantico’, sentimentale.

L’aspetto trainante è l’emozione di ritrovare il genio del passato. Tale riscoperta guida il modo di strutturare le proprie idee, il metodo di indagine che porta a una nuova rivelazione estetica.

In alcuni casi, così come fu per Vitruvio o Palladio, la riscoperta dell’antichità può portare a una nuova 'forma di ordine', a una metodologia che rende il mondo più organizzato.

Credo che questo movimento contemporaneo sia meno dogmatico dei precedenti radicali.

Non è una scuola di pensiero, ma un moto che parte dal singolo individuo: un po’ come funzionano i social network, che riflettono i linguaggi molteplici attraverso cui ciascuno crea la propria realtà. Per questa ragione è interessante vedere come la tendenza si evolverà”.