Su queste pagine si è più volte dato conto di come la convergenza tra reale e digitale stia ridefinendo le estetiche di prodotto. Nel design dell’arredo, in particolare, tale convergenza si presenta spesso come l’adozione, nel corpo dell’oggetto, di un segno morbido e minimale derivato dal layout visivo delle interfacce grafiche.

Parzialmente diversa rispetto a questa linea principale è la strategia posta in essere da uno dei suoi più recenti sviluppi, in cui l’incontro tra visual e materialità viene perseguito non attraverso la fusione armonica delle parti, ma tramite la loro collisione ‘brutale’, scabra e tuttavia elegante.

È il caso delle lampade a led A Greater Scale di David Taylor per la Berg Gallery di Stoccolma, o di quella a bilanciamento variabile Axis dello studio Mercury Bureau di Toronto, sofisticate ‘concrezioni’ di blocchi materici e cromatici in cui frammenti di cose e di immagini si mescolano in una sorta di caos calmo in bilico tra quiete e instabilità.

In effetti, a differenza di quanto una parte della critica sembrava temere fino a qualche tempo fa, l’evoluzione che i linguaggi del design stanno mostrando non va in direzione di una totale smaterializzazione delle cose. Al contrario, ciò a cui stiamo assistendo è la progressiva implementazione di una nuova qualità digitale nel corpo redivivo degli oggetti: qualità che va ad arricchire, e non a sostituire, quelle più tradizionali di forma e funzione.

A ben vedere, ciò ha perfettamente senso: fino a quando gli esseri umani avranno un corpo il sistema degli oggetti dovrà comunque farsene carico, ora arginando, ora articolando, ora raccogliendo, ora rilanciando l’umana fisicità nel mondo della vita. È la via che sembrano evocare lavori come White Axe with Brass Ring e Boulders della designer e artista multimediale statunitense Aleksandra Pollner, o la serie By Hands dei francesi Caroline Ziegler e Pierre Brichet (studio BrichetZiegler), che ne hanno disegnato gli elementi a mano libera.

In questi oggetti l’incontro tra lastre visual e blocchi materici non ha il sapore omogeneo di una confluenza armonica, ma quello ruvido e scosceso di un’autentica giustapposizione ‘ontologica’ tra bidimensionale e tridimensionale – tra forza di gravità e circolazione virale, consistenza dell’essere ed evanescenza dell’apparire, dislocati in dispositivi formali in cui la presentazione visiva è parte integrante dell’estetica estesa del progetto.

Né è dunque un caso che lo stesso trend sia rinvenibile in lavori di comunicazione visiva come le ‘ricette visuali’ di Mikkel Jul Hvilshøj per Eva Solo, ottenute dall’allineamento di alimenti e utensili a mo’ di icone sullo schermo di uno smartphone, o gli scatti aggraziati, tersi e delicati di ‘cose che posso manipolare con le mani’ di Peechaya Burroughs, giovane fotografa di Bangkok che vive e lavora a Sidney, in Australia.

Mentre, tornando all’arredo, una raffinatezza sottilmente inquietante è quella espressa dal progetto Mare Nero di Damien Gernay, presentato dalla Galerie Gosserez di Parigi, tavolino dotato di un autentico spessore artistico che ricorda Descension di Anish Kapoor (una voragine in cui ruota un gorgo d’acqua di 5 metri di diametro), e in cui l’innesto scultoreo di un’increspatura marina sul piano di servizio allude alle misteriose inquietudini della profondità.

Confermando, con la forza della poesia che si fa oggetto, quanto già rilevato a proposito degli altri casi qui esaminati, e cioè che – stando a quanto sembra suggerire l’attuale evoluzione dei linguaggi – l’immaterialità dell’informazione non rimpiazzerà ma integrerà la persistenza fisica dell’oggetto, richiedendo ad aziende e designer non già di abbandonare l’eredità ‘anatomica’ del design, ma di ‘aumentarla’ con nuovi strati di progetto, immettendo inedite linfe digitali nel solido tronco delle cose umane e materiali.

Testo di Stefano Caggiano 

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Nel suo lavoro l'artista americana Aleksandra Pollner unisce sensibilità grafica e gusto materico, come esemplificato dalle sculture in porcellana Boulders a forma di rocca.
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I lavori di Peechaya Burroughs, giovane fotografa con sede a Sidney, fondono perfettamente l'interesse per la grafica e per la pittura.
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Porridge, Ricette visive, campagna per Eva Solo. Foto di Mikkel Jul Hvilshøj, art director Olga Bastian / Liquidminds. Ingredienti e utensili disposti su un piano bidimensionale perpendicolare all'osservatore come icone su uno smartphone.
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Priva di simmetrie e di un ordinamento volumetrico lineare, la lampada Axis dello studio Mercury Bureau cambia aspetto a seconda del punto di vista (foto: Mercury Bureau).
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Il tavolino Mare Nero di Damien Gernay, presentato dalla Galerie Gosserez di Parigi (foto: Bruno Timmermans).
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Mensole in legno Feuilles Volantes, serie By Hands di Caroline Ziegler e Pierre Brichet (studio BrichetZiegler). Tutti i pezzi della collezione sono disegnati a mano libera. Foto: Baptiste Heller.
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La lampada a led della serie A Greater Scale, realizzata da David Taylor per la BERG Gallery di Stoccolma, unisce elementi bidimensionali esatti come figure geometriche a blocchi materici ruvidi e corposi.