È quello ideato dallo studio inglese Stanton Williams per ampliare il campus della prestigiosa Cambridge Judge School. Il progetto unisce la sede storica a una nuova ala: 5.000 metri quadrati progettati per entrare nell’élite delle scuole di business internazionali

 

Progetto di Stanton Williams – Foto di Hufton + Crow – Testo di Laura Ragazzola

 

Cambridge porta davvero fortuna a Stanton Williams, storico studio londinese fondato nel 1985 da Alan Stanton e Paul Williams. Anni dopo aver realizzato il Sainsbuy Laboratory, 11 mila metri quadrati in calcestruzzo e vetro che si guadagnarono nel 2012 il RIBA Stirling Prize, massimo riconoscimento dell’architettura britannica, Stanton Williams torna infatti nella città universitaria inglese con un secondo importante intervento: l’ampliamento della Judge Business School, una tra le dieci migliori business school al mondo.

Aperto a gennaio, nel cuore di Cambridge, al posto di due vecchi ostelli universitari, il nuovo edificio si salda letteralmente alla facciata dello storico Addenbrooke’s Hospital, dove 25 anni fa è stata fondata la Judge School.

La richiesta del committennte era quella di mantenere intatti gli spazi della sede originaria, iconico edificio della Cambridge universitaria, integrandoli però con ambienti e servizi, capaci di rispondere alle nuove sfide della didattica e della ricerca in campo economico. Insomma, la sfida era promuovere una sorta di simbiosi tra antico e nuovo, tradizione e modernità.

Il risultato è un elegante volume, ancorato al vecchio, che unisce la massima funzionalità a un’elevata qualità estetica: un’architettura raffinata, non urlata, che fa dell’understatement (carattere del resto molto british) la sua cifra stilistica.

Chiarisce Gavin Henderson, direttore di Stanton Williams: “Il Simon Sainsbury Centre incarna l’identità della scuola e nel contempo soddisfa le sue esigenze attuali. Ma soprattutto rappresenta un nuovo livello della progressiva trasformazione di questo meraviglioso sito storico”.

Chi visita oggi la Judge School ha la sensazione di percorrere  duemondi paralleli‘: da un lato, il volume dell’ospedale, ridisegnato più volte dalla sua nascita, nel 1860, sino all’ultimo ‘ritocco’ degli anni ‘90 a opera dell’architetto John Outram quando si trasformò nella Judge School; dall’altro i nuovi 5.000 metri quadrati del Simon Sainsbury Centre che comprende due sale antifeatro per le conferenze, aule per seminari, spazi per i docenti, meeting room, uffici, cucina e una luminossima sala mensa affacciata sul verde.

Senza contare l’ampia area reception e gli spazi break progettati per il passaggio fra la sede storica e quella nuova. Il tutto organizzato secondo criteri di massima flessibilità e adattabilità degli ambienti per adeguarsi alle differenti esigenze e facilitare la condivisone e l’interazione tra insegnanti, ricercatori, staff e studenti.

Da rilevare, infine, l’attenzione del progetto agli aspetti di perfomance energetica (certificazione BREEAM Excellent) e di comfort, con soluzioni che valorizzano la luce e la ventilazione naturale. Attenta anche la scelta dei materiali – pietra, legno e vetro – che enfatizzano tonalità materiche calde e uniformi.

 

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La facciata ottocentesca dell’ex Addenbrooke’s Hospital, da 25 anni sede della Judge Business School; sullo sfondo si intravvede il nuovo collegamento vetrato con la Keynes House, uno degli edifici dove soggiornano gli studenti del campus.
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La nuova area della reception: la foto mostra chiaramente la connessione vetrata con la facciata dell’ex ospedale, costruita nel 1860 e rimaneggiata negli anni ‘90.
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La facciata del nuovo ampliamento ritmata da profonde finestre scavate nel muro rivestito di mattoncini.
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L’area di collegamento con la sede storica: sulla sinistra si scorgono una serie di meeting room.
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La sezione di progetto che evidenzia la parte nuova e quella antica.
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La scala di collegamento tra l’area della reception e il secondo livello: la distribuzione è stata progettata per promuovere opportunità d’incontro fra accademici e studenti nell’ottica di una piena condivisone di idee e opinioni.
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Open space destinato a uso uffici: tutti gli ambienti sono caratterizzati da massima flessibilità e adattabilità per rispondere a esigenze sempre in evoluzione. Il comfort è assicurato da una efficiente ventilazione naturale e da un progetto illuminotecnico che sfrutta in modo ragionato la luce naturale.
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Il luminossimo dining space affacciato sul verde.
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Uno spazio break nel Simon Sainsbury Centre: è l’edificio lungo e stretto (K) nella planimetria di progetto, che ha sostituito i due originari ostelli (G e H nella planimetria), dove risiedevano gli studenti. L’edificio contrassegnato da C, invece, è la sede storica della Judge School.
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Planimetria di progetto.
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Planimetria di progetto.

Dolce&Gabbana inaugura la sua prima boutique in via  Montenapoleone, al 4, all’angolo via Baguttino, progettata da Gwenael Nicolas,  Studio Curiosity.

Lo spazio rappresenta un dialogo tra due mondi: l’energia del Barocco  e la  chiarezza del  Modernismo.

Molto simile a ciò che accade in una  galleria d’arte moderna, la morbida e straordinaria atmosfera dell’ambiente  risveglia un senso di scoperta e rinnovata curiosità.

 

Il negozio, con ampie finestre su entrambi i lati e un doppio ingresso, si estende su una superficie di  1.600 metri quadrati  e si sviluppa su  tre livelli.

 

È stato chiesto a  Gwenael Nicolas  di interpretare le  diverse anime di Dolce&Gabbana  e portarle alla vita con uno spirito tecnologico e  creativo, in uno dei  palazzi nobiliari  di Milano più prestigiosi del  19° secolo.

Nello spazio si fondono perfettamente lo stile barocco e l’elegante semplicità del modernismo: questo contrasto diventa  lo scenario ideale per apprezzare la raffinatezza di ogni capo e accessorio in mostra.

 

Un imponente scala in marmo verde conduce al primo piano, che è dedicato al menswear, e al  secondo piano che ospita eveningwear e gioielli.

Marmo verde e onice  dominano lo spazio,  ricoprendo i pavimenti e le pareti in due diverse tonalità di colore e mescolandosi con il prezioso  stucco  che ricorda i motivi utilizzati per i set d’opera di Verdi.

Il  soffitto bianco, reminiscenza degli  anni ’60, dotato di un sistema di illuminazione che mette in luce le collezioni in mostra,  rende ogni capo unico e definisce un forte contrasto tra il marmo verde e l’onice.

I pavimenti in  pietra lavica  sono un classico  elemento  di Dolce&Gabbana.

Il soffitto dell’ultimo piano fonde  tecnologia e classicismo:  pannelli metallici tridimensionali  creano un pattern e, discendendo attraverso con  meccanismo automatico, formano apposite  stanze  all’interno dello spazio.

 

La boutique di via Montenapoleone a Milano e il  negozio  recentemente aperto a  Aoyama, Tokyo, segnano la fine  della filosofia concept store, a favore di una nuova formula  dove l’emozione, il dialogo, la diversità e lo scambio culturale si fondono in spazi che sono  palchi, non  negozi, dove l’esperienza  e la  narrazione  sono i protagonisti.