foto di Masao Nishikawa
testo di Matteo Vercelloni
Era il 2007 quando Kengo Kuma, invitato a partecipare all’evento DECODE ELEMENTS organizzato da INTERNI nel Castello Sforzesco di Milano presentava la sua installazione lignea che rileggeva in chiave di possibile architettura l’antico gioco giapponese del Chidori.
Un gioco per grandi e piccoli che si potrebbe paragonare al “Meccano” occidentale, e che tramite incastri a secco di listelli sagomati di legno permette la costruzione di strutture a crescita infinita e a maglia modulare regolare ampliabile in ogni direzione. Affascinato da questo antico ‘meccanismo matematico’ nato a scopo ludico, Kuma in quell’occasione declinava il Chidori in una piccola e complessa microarchitettura che annunciava nei suoi intenti programmatici possibili sviluppi in scala maggiore. Qualche anno dopo, quella prima sperimentazione avvenuta lontano dal Giappone, a Milano, diventava a Hida Takayama, nella prefettura di Gufu, un edificio a grande scala (il GC Prostho Museum Research Center, su INTERNI, novembre 2010). Così il Chidori, dopo un viaggio in Italia, che ne ha permesso la sperimentazione in chiave temporanea, tornava nel suo Paese natale in forma costruita abitabile. Oggi il Chidori è ancora un riferimento per la ricca grammatica architettonica di Kengo Kuma, traslato in questo caso nella soluzione di un interno pubblico che diventa anche immagine del piccolo edificio che ospita al suo interno uno dei migliaia Starbucks Coffee distribuiti per le città del mondo. Ma, in questo caso, al di là della scritta in verticale che segna l’ingresso e del celeberrimo logo appeso alla parete prospiciente e sull’ingresso, nulla sembra affiancare l’immagine e l’idea di spazio di questo café giapponese, ai tanti punti vendita ripetuti con lo stampino per il mondo globalizzato. Kuma, in un edificio stretto e lungo allineato e rapportato alla scala delle costruzioni dell’intorno, impiega la memoria e la reinvenzione del Chidori come una ‘pelle architettonica’ strutturale che riveste l’interno dello spazio, arrampicandosi sui muri e sul soffitto, sino a sfociare nell’ingresso. Diventa ‘fronte attrattivo’ e parte di un lungo tunnel ligneo che ci porta nel café accompagnandoci lungo tutto il percorso con una fitta trama composta da più di duemila listelli di legno incrociati tra loro. Apparentemente in bilico e assemblati in modo casuale, le componenti lignee seguono, come nel gioco originario, una logica di incastri ripetuta e serrata, in grado di formare una struttura a layer sovrapposti di grande fascino, che alla semplicità del singolo pezzo affianca la complessità del risultato d’insieme.