Progetto di Zaha Hadid architects
Design Zaha Hadid with Patrik Schumacher
Project Director Charles Walker
Foto courtesy di Luke Hayes
Testo di Antonella Boisi

Nel 2000, aveva progettato il padiglione temporaneo della Serpentine Gallery, fortunato sodalizio di arte e architettura.

Tredici anni dopo, il grande sorpasso, poco distante: la struttura permanente della Serpentine Gallery, inaugurata lo scorso settembre e denominata Sackler Gallery, omaggio a Dr Mortimer e Dame Theresa Sackler che ne hanno reso possibile, con una cospicua donazione, la realizzazione nei giardini di Kensington a Londra.   È il secondo grande spazio dedicato all’arte, ideato da Zaha Hadid e Patrik Schumacher dopo il MAXXI di Roma (2006-2010). Novecento metri quadri espositivi che hanno ospitato come prime mostre, quella del giovane scultore argentino Adrián Villar Rojas, per la prima volta nel Regno Unito e la retrospettiva della scultrice italiana Marisa Merz, che ha ricevuto il premio alla carriera alla Biennale di Venezia 2013.   L’integrazione di una nuova tensostruttura ad alto contenuto tecnologico con una costruzione classica in mattoni del XIX secolo, l’ex deposito regio di polvere da sparo per l’esercito noto come The Magazine e dismesso da tempo, si è tradotto in un’estensione che, senza porsi in competizione con il monumentale preesistente storico, ristrutturato e riconvertito alle nuove funzioni, ha proposto un innesto compositivo convincente.   In termini di rispetto e rivitalizzazione del genius loci. La cifra avvincente del progetto è rappresentata proprio dalla sinuosa copertura in fibra di vetro che, sostenuta da cinque slanciati pilastri, appare come una membrana attiva tessile, ‘tirata’ e ‘pizzicata’ e addossata all’edificio neoclassico del 1805.   Di fatto, a dispetto del tocco volutamente leggero e trasparente di una struttura nomade, questa vela tecnologica unifica i due tempi dell’intervento: nella sua compiutezza, il padiglione sembra una crescita organica del volume originario, innalzandosi con delle punte e abbassandosi fino a toccare il suolo in tre punti distinti.   La sua figura geometrica plastica ne dilata i confini. Oltre la progettazione ingegneristica, di cui è responsabile lo studio Arup. Oltre la parete ondulata di tamponamento in vetro, che consente alla luce naturale di effondersi in modo non uniforme. Oltre il muro esterno occidentale dell’ex polveriera, diventato parte integrante del nuovo, senza perdere in identità e riconoscibilità.   Nell’open space interno dalla fluidità organica e candida, gli unici elementi fissi e invariabili, restano così la cucina a isola e il bancone bar lungo il muro di mattoni dell’edificio storico. Visibili a occhio nudo.   Completamente occultata è invece la complessa struttura della copertura, formata da un sandwich di tre strati: la membrana esterna in fibra di vetro verniciata a spruzzo, robusta e durevole; quella composita intermedia di coibentazione e flame-retard; quella inferiore, in tecno tessuto bianco, tesa tra l’anello continuo in acciaio rivestito di vetroresina modellata che ne segna il perimetro e le colonne interne che scandiscono, con i loro cinque anelli luminosi, il ritmo architettonico.   Dal canto suo, l’ex polveriera ha ritrovato la qualità degli spazi originari, interpretando la sua matrice storica secondo il modello di galleria semplice e chiara offerto dalla Gliptoteca (Monaco di Baviera, 1815) di Leo von Klenze.   Alle due sale in laterizio voltate a botte, circondate da una struttura quadrata con colonnato frontale d’ingresso, è stata restituita ampiezza e continuità, rimuovendo tutte le pareti divisorie posticce e predisponendo lateralmente una zona dedicata ad uffici e servizi.   All’illuminazione, messa a punto con la consulenza di Arnold Chan, Isometrix Lighting + Design, è stato affidato infine il ruolo di compagna discreta e silenziosa degli ambienti; anche nel dialogo con i tagli di luce naturale provenienti zenitalmente dalla nuova copertura del cortile, realizzata con membrane impermeabili monostrato interrotte da lamelle frangisole orientabili in acciaio.