La capacità degli oggetti di essere intelligenti, di rispondere alle sollecitazioni dell’ambiente e di interagire con l’uomo in modo ‘multidirezionale’ è già realtà.

Si tratta di sistemi complessi, in cui al progettista è richiesto non solo di rileggere le tradizionali tipologie e suddivisioni disciplinari, ma soprattutto di lavorare ad un livello più alto: quello del linguaggio e dell’esperienza, del tangibile che sostanzia l’immateriale.

Siamo nella rivoluzione fotonica in cui i fotoni, oltre che di luce, sono portatori di bits che si traducono in informazioni e dati; in cui l’ecosistema che ci circonda entra a far parte degli algoritmi di funzionamento della macchina. I processi biologici e biomeccanici della natura diventano fonti d’ispirazione progettuale, così come il concetto di ‘energy neutral’, o i sistemi che trasformano l’energia fino a renderne il computo pari a zero, sono i nuovi obiettivi dell’interaction design.

Il visionario designer olandese Daan Roosegaarde è da sempre interessato alla luce, non tanto come oggetto, ma come comportamento e strumento di interazione. Recentemente ha presentato un progetto per Afsluitdijk, la principale diga olandese lunga 32 km, che sarà oggetto di restauro per un investimento di 800 milioni di euro in quindici anni.

Roosegaarde realizzerà, a partire dal 2017, due interventi permanenti – uno all’ingresso e all’uscita della diga (Gates of Light) in corrispondenza dei bastioni costruiti negli anni Trenta, l’altro al centro della lunga strada carrozzabile (Line of Light) – e tre installazioni temporanee: Waterlicht che simula l’effetto dell’innalzamento della marea; Glowing Nature, in corrispondenza dei bunker della Seconda Guerra Mondiale, che crea effetti di luce utilizzando una colonia di vere alghe luminescenti; Windvogel, che rende reale il sogno dell’astronauta olandese Wubbo Ockels, il quale voleva trasformare l’energia cinetica degli aquiloni in luminosa.

“Vogliamo rinnovare la diga”, racconta Roosegaarde, “non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche come esperienza, aggiungendo la consapevolezza delle caratteristiche del luogo. I nostri interventi mettono in luce le presenze storiche e le dimensioni dell’acqua e dell’inondazione tipiche olandesi. Vogliamo essere anche ‘energy neutral’: per le installazioni permanenti, Gates of Light e Line of Light, stiamo sviluppando una tecnologia ad hoc, resistente al difficile microclima, che non impiega energia elettrica e riflette la luce delle macchine in transito, illuminando la carreggiata e i monumenti. L’illuminazione c’è solo quando serve, senza sprechi e interferenze con l’ecosistema.

Le installazioni temporanee hanno come tema comune l’interazione tra uomo e ambiente attraverso la luce. Che è comunicazione e linguaggio, non è solo decorazione o mera funzione. Con Emeco è in corso una collaborazione non finalizzata alla realizzazione di prodotti, ma all’uso della luce per migliorare l’esperienza dello spazio pubblico”.

E se a comandare le macchine fossero le piante? È la provocazione di Hortum Machina B, il prototipo funzionante di sfera geodesica comandata dal sensorio delle piante che, reagendo agli stimoli dell’ambiente, muovono il sistema meccanico che fa rotolare la struttura.

“Siamo partiti dal pensiero del visionario architetto inventore Richard Buckminster Fuller”, spiega Ruairi Glynn, direttore dell’Interactive Architecture Lab (IALab) della Bartlett School of Architecture di Londra che ha realizzato la macchina, “il quale ha detto che è tempo di prendersi cura delle persone e del Pianeta a un livello più alto, convertendo l’alta tecnologia delle armi in una per la vita. All’IALab facciamo ricerca su modelli ecologici per i sistemi dell’abitare e sulla loro interazione in una dimensione cibernetica; indaghiamo anche come stimoli elettrofisiologici, quali luce e suono, possano attivare sistemi robotici. Ricerchiamo come la dimensione sintetica possa essere simpatetica con quella naturale.

Hortum Machina B è sulla linea di confine tra vivente e non vivente. Il prototipo sarà sviluppato ulteriormente con un gruppo di ricerca statunitense focalizzato sull’‘urban ecology’. Ma può avere anche applicazioni nel quotidiano in dispositivi in cui le piante attivano apparecchi elettrici o digitali in determinate condizioni ambientali; oppure nell’architettura, con meccanismi che modificano le facciate o gli spazi, controllandone la ventilazione o il soleggiamento. C’è tutta una nuova disciplina focalizzata sui sistemi di autoapprendimento delle macchine che prevede un tipo di progettazione nell’ottica dell’evoluzione e dell’adattamento”.

Il duo tedesco Reed Kram e Clemens Weisshaar ha realizzato per la scorsa edizione di CeBit l’installazione interattiva Robochop che consente a chiunque, ovunque esso sia, di comandare un gigante robot meccanico e di fargli realizzare un oggetto attraverso un software di morphing. “Robochop”, spiegano Kram e Weisshaar, “coinvolge robotica avanzata, cloud computing e un software che gestisce tutti gli aspetti del processo di produzione, dalla progettazione all’ingegneria di produzione, alla logistica.

È un dimostratore tecnologico dell’industria 4.0 che connette umani e robot tramite interfacce digitali intelligenti. La rivoluzione tecnologica deve essere bilanciata da un tocco umano, al fine di evitare caos e distruzione. A metà del 2020 vedremo veicoli senza conducente e intelligenze artificiali che prendono le decisioni. E il trattamento dei ‘big data’ sul fronte medico trasformerà i sistemi di assistenza sanitaria. Le aziende dovranno adattarsi all’industria 4.0 o cessare di esistere”.

Con un progetto più che futuribile, Carlo Ratti applica l’IoT negli uffici della Fondazione Agnelli di Torino. Un software per smart device consentirà a ogni persona di personalizzare la bolla termica al di sopra della sua postazione, mentre la sincronizzazione energetica dell’impianto, in relazione all’occupazione effettiva degli spazi, consentirà un risparmio di risorse fino al 40%.

“Siamo entrando”, spiega Ratti, “nell’era della ‘tecnologia calma’ descritta dal grande informatico Mark Weiser: talmente radicata nello spazio che abitiamo da potere finalmente ‘recedere sullo sfondo delle nostre vite’ come elemento onnipresente ma discreto. Le opportunità e le applicazioni sono numerose e inesplorate. L’obiettivo di noi progettisti è che le nuove tecnologie consentano agli utenti di acquisire una nuova consapevolezza dell’ambiente e un ruolo attivo nei processi creativi e produttivi, nonché nella gestione dello spazio urbano andando a influenzare ogni campo del quotidiano”.

Testo di di Valentina Croci

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Di Daan Roosegaarde per la diga Afsluitdijk in Olanda, l’installazione temporanea Waterlicht che simula l’inondazione.
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Daan Roosegaarde: Line of Light illumina la strada al passare delle auto grazie a speciali tecnologie riflettenti che non impiegano energia elettrica.
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Daan Roosegaarde: Gates of Light illumina la strada al passare delle auto grazie a speciali tecnologie riflettenti che non impiegano energia elettrica.
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Hortum Machina B di Interactive Architecture Lab, UCL, è una sorta di giardino nomade dal cuore robotico che si muove e si autocoltiva grazie a elettrodi connessi alle reazioni fisiologiche delle piante rispetto all’ambiente.
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Carlo Ratti Associati progetta per la Fondazione Agnelli di Torino un sistema per la personalizzazione di riscaldamento, illuminazione e raffreddamento attraverso smart device.
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Il sistema progettato da Carlo Ratti Associati può ridurre il consumo di energia fino al 40%.
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Robochop di Kram/ Weisshaar è un’installazione interattiva su larga scala che consente agli utenti connessi in tutto il mondo di controllare in remoto un impianto robotizzato, che scolpisce un blocco di 40x40cm di schiuma poliuretanica.
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Robochop di Kram/ Weisshaar è un’installazione interattiva su larga scala che consente agli utenti connessi in tutto il mondo di controllare in remoto un impianto robotizzato, che scolpisce un blocco di 40x40cm di schiuma poliuretanica.