testo di Cristina Morozzi

Charlotte Perriand (24 ottobre 1903-27ottobre 1999), si diploma all’Ecole de l’Union Centrale des Arts Décoratifs di Parigi nel 1926.

Nel medesimo anno, fresca di matrimonio (divorziò pochi anni dopo), stabilisce il suo atelier in un vecchio studio fotografico di Place Saint Sulpice e inizia ad assaporare la vita. “Scoprii la letteratura inglese”, scrive nella sua biografia (Io, Charlotte. Tra Le Corbusier, Léger e Jeanneret, Editori Laterza, Bari, 2006), “i film di Cocteau, Louis Armstrong. M’iniziai al charleston… Ero pettinata alla maschietta, al collo portavo una collana che avevo disegnato io stessa di perle di rame cromato. La chiamavo il mio cuscinetto a sfere, un simbolo e una provocazione che sottolineava la mia appartenenza alla civiltà meccanica del XX secolo… Per strada i galletti parigini non mancavano di notarmi” (ibidem). Fisico e mente esuberanti, Charlotte è sempre stata consapevole e fiera delle sue qualità intellettuali e fisiche. Nel gennaio del 1999, al dibattito “Desseins des femmes,” organizzato a Parigi dalla rivista Intramuros, dove si presentò in tuta da jogging rosa shocking con scarpe New Balance e l’immancabile crocchia sulla sommità della testa legata da un foulard di chiffon rosa, Charlotte, con malcelata civetteria, affermò d’essere stata scelta da Le Corbusier, con cui collaborò dal 1926 al 1937 come associata per l’elaborazione del loro programma di arredamento, “non per la sua bravura, ma per la sua bellezza”. Sportiva, amante della natura, delle escursioni in montagna e delle vigorose nuotate nei fiumi, viaggiatrice infaticabile con lo zaino sulle spalle, fiera del suo corpo tonico, (spesso si mostrava a torso nudo con l’immancabile collana di perle in rame cromato), mise nei progetti l’energia e la vitalità del suo fisico. Appassionata di tecnica e di meccanica, è sempre stata solidale con la sua epoca, attratta dal mondo contemporaneo e dalla sua evoluzione, persuasa che il design sia, prima di tutto, un’arte utile e funzionale e che il destino degli oggetti sia d’essere umani. Nella professione perseguiva il rigore, ma anche la fluidità e qualche sfumatura ludica. Era convinta che gli oggetti contemporanei dovessero essere responsabili. “Essere responsabili” sosteneva “significa rimettersi, continuamente, in gioco: anche la più insignificante nuova scoperta, ci pone su un piano diverso e modifica l’insieme delle nostre convinzioni” (Intramuros, intervista di Sophie Tasma, marzo/aprile 1993). Una sintesi della sua idea d’arredo fu proposta nel 1929 al Salon d’Automne di Parigi nell’allestimento ‘Arredamento d’interni per abitazione sul tema scaffali, sedie e tavoli’.   “La pianta era libera, lo spazio aperto”, scrive sempre nella sua autobiografia. “Al centro della stanza, in un cestino in inox, un grosso cavolo come un mazzo di fiori. Avevo appeso nelle camere alcuni capi del mio preziosissimo guardaroba personale… Nella nostra concezione, niente muri, solo gli scaffali costituivano una sorta di parete divisoria e strutturavano lo spazio… La trasposizione dei nostri sogni era là presente, palpabile, liberata dalla polvere delle vecchie abitudini” (ibidem). Nuage, la libreria che Cassina ha rieditato nel 2012, è una ‘palpabile trasposizione’ dei suoi sogni. Un pezzo rigoroso, ma flessibile, e persino giocoso, grazie ai colori dei ripiani, travagliato da una lunga querelle sull’attribuzione. Lo racconta Jacques Barsac, che assieme alla moglie Pernette Perriand, figlia di Charlotte, si occupa a tempo pieno dell’archivio storico della designer. Nuage sino agli inizi del 2012 era attribuita a Jean Prouvé. Lo affermava il gallerista parigino Jousse Seguin anche in una pubblicazione del 1998. L’equivoco ha origine dal marchio di fabbrica: la libreria Nuage fu costruita nel 1952 in 76 esemplari dall’atelier di Jean Prouvé, che all’epoca impiegava ben 300 dipendenti e che aveva coinvolto Charlotte Perriand per migliorare l’estetica delle proprie produzioni. Un esemplare di Nuage fu ritrovato a Parigi alla Maison du Mexique e sostituito con una biblioteca Ikea. E poiché gli arredi di Prouvé erano quotati, nella metà degli anni ’80, un buon 30% in più rispetto a quelli della Perriand, fu proposta con il nome del fabbricante. Grazie a una grande tenacia e a numerosi documenti d’archivio, Jacques e Pernette hanno vinto nel 2009 la causa e nel 2012 anche l’appello contro Jousse Seguin, condannato ad un ammenda di 120.000 euro e al ritiro dalla vendita del libro su Jean Prouvé dove la libreria compariva a sua firma. Nuage è così tornata di diritto a Charlotte Perriand ed entrata a far parte della prestigiosa collezione di riedizioni Cassina, azienda con la quale la designer era in rapporto dal 1972 per via delle repliche degli arredi di Le Corbusier, sperando, come chiedeva sovente a Franco Cassina, di poter editare anche dei mobili suoi. La risposta ai tempi era: “Quando sarete morta”. Così è stato.