Qualche anno fa l’introduzione dei led negli apparecchi di illuminazione ‘consumer’ ha aperto scenari progettuali inediti. Dopo un attaccamento nostalgico a forme e tipologie della tradizione – la lampadina a incandescenza è stata, e in parte lo è ancora, ben radicata nella memoria collettiva – la tecnologia dei led inizia a sviluppare un proprio linguaggio progettuale.
Così, archetipi formali come la lampada a paralume o da tavolo ‘a braccio’ lasciano spazio a oggetti privi di forma e ingombro predefiniti. Alcuni scultorei, altri smaterializzati perché piatti o incorporati in superfici decorative.
L’affidabilità e l’alto livello tecnologico dei led consente ai progettisti di spingere oltre i limiti. E di disegnare una lampada fatta di elementi leggerissimi che si sviluppano sulla parete come una colonia di funghi (Ivy di Francisco Gomez Paz per Luceplan), così come chandelier costituiti da uniformi filamenti di luce che sembrano catene fuoriscala (Arrangements di Michael Anastassiades per Flos), o ancora oggetti che trovano la propria poeticità nella relazione tra la fonte luminosa e la materia che riflette la luce (Tempio di Atelier Oï per Artemide).
I trend progettuali e di ricerca appaiono illimitati, considerando anche che i led, composti da circuiti elettronici, oltre alla luce possono trasportare bit e quindi informazioni. Si apre anche l’ambito dell’Internet of Things. Alla base di tutto, la creatività unita alla sensatezza del progetto.
Francisco Gomez Paz. “La bellezza è qualcosa di misterioso che appare quando si è in cerca di verità e bontà, percorrendo la giusta strada”, sostiene il pluripremiato designer argentino.
Classe 1975, Francisco Gomez Paz studia la luce a partire dal potenziale inespresso delle nuove tecnologie. Ricerca che gli ha portato il Compasso d’Oro 2011 e il Premio dei Premi per l’Innovazione per la lampada Hope, progettata con Paolo Rizzatto per Luceplan. Per la stessa azienda ha presentato Ivy, una lampada a parete in cui ogni ‘foglia’ è al contempo corpo, sorgente luminosa a led, circuito elettrico e dissipatore.
Quali sono gli elementi innovativi di Ivy?
È un foglio quadrato piegato in un angolo che incorpora un sottilissimo circuito stampato di rame, riducendo al minimo le componenti e i materiali. È una lampada liberamente combinabile che, anziché ricomporre la luce puntiforme dei led in un unico diffusore, cerca l’effetto luminoso a partire da più elementi. Indago il potenziale della tecnologia all’interno di una strada estetica non ancora percorsa o non legata al passato.
Quale estetica nasce dai led?
Per anni i led sono stati usati in lampade la cui connotazione replicava quella delle sorgenti a incandescenza; finalmente oggi iniziano a definire gli oggetti. Vale a dire, la fonte di luce, che nell’incandescenza e nell’alogena è singola e controllata da diffusori e proiettori, diventa con i ledpuntiforme e gestibile anche singolarmente.
Quali altre innovazioni tecnologiche interesseranno il settore della luce?
Non ce ne sono della portata dei led. Gli Oled non sono altrettanto maturi. La componente elettronica presente nei led porterà a progettare oggetti con un’‘intelligenza’ (l’Internet of Things). Per esempio, nella mia lampada Mesh è possibile controllare in wi-fi i singoli elementi luminosi e interagire con delle informazioni. Tuttavia, il vero problema dell’IoT non è ciò che si può fare, ma trovare degli utilizzi sensati. Inoltre, le tecniche produttive, come la stampa 3D, potrebbero rivoluzionare il settore, ma solo se introdotte all’interno di produzioni industriali. Ma è importante soprattutto fare cultura di progetto, per reinventarci tramite le idee.
Atelier OÏ. “La presenza di emozioni e una mente contemplativa sono parte del nostro processo creativo”. Così Aurel Aebi, Armand Louis e Patrick Reymond descrivono l’approccio progettuale di Atelier Oï, studio interdisciplinare fondato nel 1991 a La Neuveville, Svizzera. Per Artemide hanno disegnato la lampada da tavolo Tempio, ispirata alla tranquilla filosofia dei templigiapponesi nonché ai colori e alle forme dei portali d’accesso. Così come le precedenti lampade progettate dal trio, Tempio è una luce non solo funzionale, ma anche d’atmosfera e contraddistinta dal colore.
Quali sono le caratteristiche principali di Tempio?
La sorgente luminosa è intesa come zen, fonte di calma. Vogliamo portare la luce attraverso un oggetto semplice e simbolico. È un prodotto rassicurante, non futuristico né destinato a spingere all’estremo le tecnologie. È l’archetipo della lampada da lettura, in cerca di calore e convivialità.
Che tipo di illuminazione produce la tecnologia a led?
I led sono una luce lineare che ha i suoi limiti, diventando talvolta aggressiva. Problema che abbiamo risolto in Tempio con una fonte non diretta, ma reindirizzata e rifrattata per amplificarne la portata. I led non devono perseguire la strada della smaterializzazione, che non riempie lo spazio, quanto utilizzare il materiale del corpo della lampada per rendere piacevole la luce. La tecnologia a led è efficiente ma un po’ ‘vuota’. È la lampada ad amplificarne gli effetti e a compensarne le mancanze. Noi ricerchiamo ciò che sta nel mezzo tra tecnologia e materiale.
Qual è lo stato dell’arte nel settore della luce, in particolare delle aziende italiane?
La tecnologia si sta evolvendo molto rapidamente rendendo difficile concentrarsi su un solo aspetto. O rispondere a domande più profonde come la portata emozionale e psicologica della luce. L’innovazione tecnologica è positiva a condizione che ci sia la lungimiranza di capire se produrrà un reale miglioramento. Nonostante le aziendeitaliane abbiano segnato la storia di questo settore, esse devono adottare un nuovo modo di pensare, più collaborativo e conforme a un pensiero globale in un periodo pieno di transizioni, domande e incertezze. La relazione tra azienda e progettista deve portare a una visione trasparente e aperta al dibattito su scala internazionale, al fine di rispondere ai quesiti della società del futuro.
Michael Anastassiades. “Eclettismo, individualità ed estetica senza tempo” sono le qualità del design di Michael Anastassiades. Di origine cipriota, ma di stanza a Londra, nel 1994 apre il suo studio e nel 2007 fonda il proprio marchio di illuminazione che interpreta la geometria del globo luminoso. In Italia esordisce nel 2013 con la collezione Strings per Flos, che mostra un originale rapporto tra corpo illuminante e spazio circostante. Per la stessa azienda ha presentato a Euroluce 2017 la serie Arrangements, un sistema di elementi geometrici combinabili in composizioni multiple.
Quali sono gli elementi innovativi dei prodotti di quest’anno?
Arrangements associa la modularità al concetto del su misura. Sono partito dal parallelismo tra oggetti di luce e gioielli. Entrambi sono legati alla sfera umana: disegnati per essere indossati gli uni, per decorare gli spazi abitati gli altri. La sfida è stata capire come la natura delicata di qualcosa di piccolo potesse mantenere la sua preziosità nello spazio. Invece per il mio marchio, dopo dieci anni, ho segnato un nuovo inizio. Non ho ripetuto il linguaggio della sfera, ma mi sono concentrato sull’espressività dei materiali. Abbiamo usato l’ottone e lavorato sui colori delle patine, portando l’ossidazione in processi di produzione industriale. Ho realizzato anche una collezione di lampade in porcellana, studiando l’aspetto evocativo degli elementi [una fonte d’ispirazione è stata il tradizionale gancio cipriota per abiti, nella foto, ndr.].
Ci sono nuove tecnologie per il settore illuminotecnico?
Non vedo oggi qualcosa di già testato e introducibile nel mercato che abbia la portatarivoluzionaria dei led, che sono oggi una tecnologia con molta innovazione e affidabile. Tuttavia presentano dei limiti, come la piattezza delle componenti o le unità luminose puntiformi che necessitano la proiezione attraverso un diffusore più grande.
Qual è la differenza tra progettare per un’azienda e per il proprio marchio?
Flos quest’anno si è dimostrata coraggiosa e ardita nelle proposte, spostando i limiti del possibile. Non progetto per nessun’altra azienda della luce perché credo nelle partnership durature e nel reciproco scambio di competenze. Con il mio brand posso seguire direttamente la manifattura dei prodotti, ma Flos mi dà la possibilità di realizzare oggetti più complessi e per un mercato allargato.
Testo di Valentina Croci
Francisco Gomez Paz.
Ivy, design Francisco Gomez Paz per Luceplan, è una lampada che contiene nella singola ed esile lamina in rame il corpo e la sorgente luminosa, il sistema elettrico e il dissipatore.
Una colonia di funghi, immagine a cui Gomez Paz si è ispirato per il progetto del prodotto.
Atelier Oï.
Tempio, design Atelier Oï per Artemide, è una lampada da tavolo in metallo che si ispira alle forme dei templi e dei portali giapponesi. Utilizza una fonte luminosa a led a luce diretta e si caratterizza attraverso gli effetti della luce sulla materia.
Arrangements è un sistema modulare di elementi geometrici di luce, progettato da Michael Anastassiades per Flos. Le unità a led si possono combinare per creare composizioni multiple
di singoli chandelier.
Qualche anno fa l’introduzione dei led negli apparecchi di illuminazione ‘consumer’ ha aperto scenari progettuali inediti. Dopo un attaccamento nostalgico a forme e tipologie della tradizione - la lampadina a incandescenza è stata, e in parte lo è ancora, ben radicata nella memoria collettiva - la tecnologia dei led inizia a sviluppare un proprio linguaggio progettuale.
Così, archetipi formali come la lampada a paralume o da tavolo ‘a braccio’ lasciano spazio a oggetti privi di forma e ingombro predefiniti. Alcuni scultorei, altri smaterializzati perché piatti o incorporati in superfici decorative.
L’affidabilità e l’alto livello tecnologico dei led consente ai progettisti di spingere oltre i limiti. E di disegnare una lampada fatta di elementi leggerissimi che si sviluppano sulla parete come una colonia di funghi (Ivy di Francisco Gomez Paz per Luceplan), così come chandelier costituiti da uniformi filamenti di luce che sembrano catene fuoriscala (Arrangements di Michael Anastassiades per Flos), o ancora oggetti che trovano la propria poeticità nella relazione tra la fonte luminosa e la materia che riflette la luce (Tempio di Atelier Oï per Artemide).
I trend progettuali e di ricerca appaiono illimitati, considerando anche che i led, composti da circuiti elettronici, oltre alla luce possono trasportare bit e quindi informazioni. Si apre anche l’ambito dell’Internet of Things. Alla base di tutto, la creatività unita alla sensatezza del progetto.
Francisco Gomez Paz. “La bellezza è qualcosa di misterioso che appare quando si è in cerca di verità e bontà, percorrendo la giusta strada”, sostiene il pluripremiato designer argentino.
Classe 1975, Francisco Gomez Paz studia la luce a partire dal potenziale inespresso delle nuove tecnologie. Ricerca che gli ha portato il Compasso d’Oro 2011 e il Premio dei Premi per l’Innovazione per la lampada Hope, progettata con Paolo Rizzatto per Luceplan. Per la stessa azienda ha presentato Ivy, una lampada a parete in cui ogni ‘foglia’ è al contempo corpo, sorgente luminosa a led, circuito elettrico e dissipatore.
Quali sono gli elementi innovativi di Ivy?
È un foglio quadrato piegato in un angolo che incorpora un sottilissimo circuito stampato di rame, riducendo al minimo le componenti e i materiali. È una lampada liberamente combinabile che, anziché ricomporre la luce puntiforme dei led in un unico diffusore, cerca l’effetto luminoso a partire da più elementi. Indago il potenziale della tecnologia all’interno di una strada estetica non ancora percorsa o non legata al passato.
Quale estetica nasce dai led?
Per anni i led sono stati usati in lampade la cui connotazione replicava quella delle sorgenti a incandescenza; finalmente oggi iniziano a definire gli oggetti. Vale a dire, la fonte di luce, che nell’incandescenza e nell’alogena è singola e controllata da diffusori e proiettori, diventa con i led puntiforme e gestibile anche singolarmente.
Quali altre innovazioni tecnologiche interesseranno il settore della luce?
Non ce ne sono della portata dei led. Gli Oled non sono altrettanto maturi. La componente elettronica presente nei led porterà a progettare oggetti con un’‘intelligenza’ (l’Internet of Things). Per esempio, nella mia lampada Mesh è possibile controllare in wi-fi i singoli elementi luminosi e interagire con delle informazioni. Tuttavia, il vero problema dell’IoT non è ciò che si può fare, ma trovare degli utilizzi sensati. Inoltre, le tecniche produttive, come la stampa 3D, potrebbero rivoluzionare il settore, ma solo se introdotte all’interno di produzioni industriali. Ma è importante soprattutto fare cultura di progetto, per reinventarci tramite le idee.
Atelier OÏ. “La presenza di emozioni e una mente contemplativa sono parte del nostro processo creativo”. Così Aurel Aebi, Armand Louis e Patrick Reymond descrivono l’approccio progettuale di Atelier Oï, studio interdisciplinare fondato nel 1991 a La Neuveville, Svizzera. Per Artemide hanno disegnato la lampada da tavolo Tempio, ispirata alla tranquilla filosofia dei templi giapponesi nonché ai colori e alle forme dei portali d’accesso. Così come le precedenti lampade progettate dal trio, Tempio è una luce non solo funzionale, ma anche d’atmosfera e contraddistinta dal colore.
Quali sono le caratteristiche principali di Tempio?
La sorgente luminosa è intesa come zen, fonte di calma. Vogliamo portare la luce attraverso un oggetto semplice e simbolico. È un prodotto rassicurante, non futuristico né destinato a spingere all’estremo le tecnologie. È l’archetipo della lampada da lettura, in cerca di calore e convivialità.
Che tipo di illuminazione produce la tecnologia a led?
I led sono una luce lineare che ha i suoi limiti, diventando talvolta aggressiva. Problema che abbiamo risolto in Tempio con una fonte non diretta, ma reindirizzata e rifrattata per amplificarne la portata. I led non devono perseguire la strada della smaterializzazione, che non riempie lo spazio, quanto utilizzare il materiale del corpo della lampada per rendere piacevole la luce. La tecnologia a led è efficiente ma un po’ ‘vuota’. È la lampada ad amplificarne gli effetti e a compensarne le mancanze. Noi ricerchiamo ciò che sta nel mezzo tra tecnologia e materiale.
Qual è lo stato dell’arte nel settore della luce, in particolare delle aziende italiane?
La tecnologia si sta evolvendo molto rapidamente rendendo difficile concentrarsi su un solo aspetto. O rispondere a domande più profonde come la portata emozionale e psicologica della luce. L’innovazione tecnologica è positiva a condizione che ci sia la lungimiranza di capire se produrrà un reale miglioramento. Nonostante le aziende italiane abbiano segnato la storia di questo settore, esse devono adottare un nuovo modo di pensare, più collaborativo e conforme a un pensiero globale in un periodo pieno di transizioni, domande e incertezze. La relazione tra azienda e progettista deve portare a una visione trasparente e aperta al dibattito su scala internazionale, al fine di rispondere ai quesiti della società del futuro.
Michael Anastassiades. “Eclettismo, individualità ed estetica senza tempo” sono le qualità del design di Michael Anastassiades. Di origine cipriota, ma di stanza a Londra, nel 1994 apre il suo studio e nel 2007 fonda il proprio marchio di illuminazione che interpreta la geometria del globo luminoso. In Italia esordisce nel 2013 con la collezione Strings per Flos, che mostra un originale rapporto tra corpo illuminante e spazio circostante. Per la stessa azienda ha presentato a Euroluce 2017 la serie Arrangements, un sistema di elementi geometrici combinabili in composizioni multiple.
Quali sono gli elementi innovativi dei prodotti di quest’anno?
Arrangements associa la modularità al concetto del su misura. Sono partito dal parallelismo tra oggetti di luce e gioielli. Entrambi sono legati alla sfera umana: disegnati per essere indossati gli uni, per decorare gli spazi abitati gli altri. La sfida è stata capire come la natura delicata di qualcosa di piccolo potesse mantenere la sua preziosità nello spazio. Invece per il mio marchio, dopo dieci anni, ho segnato un nuovo inizio. Non ho ripetuto il linguaggio della sfera, ma mi sono concentrato sull’espressività dei materiali. Abbiamo usato l’ottone e lavorato sui colori delle patine, portando l’ossidazione in processi di produzione industriale. Ho realizzato anche una collezione di lampade in porcellana, studiando l’aspetto evocativo degli elementi [una fonte d’ispirazione è stata il tradizionale gancio cipriota per abiti, nella foto, ndr.].
Ci sono nuove tecnologie per il settore illuminotecnico?
Non vedo oggi qualcosa di già testato e introducibile nel mercato che abbia la portata rivoluzionaria dei led, che sono oggi una tecnologia con molta innovazione e affidabile. Tuttavia presentano dei limiti, come la piattezza delle componenti o le unità luminose puntiformi che necessitano la proiezione attraverso un diffusore più grande.
Qual è la differenza tra progettare per un’azienda e per il proprio marchio?
Flos quest’anno si è dimostrata coraggiosa e ardita nelle proposte, spostando i limiti del possibile. Non progetto per nessun’altra azienda della luce perché credo nelle partnership durature e nel reciproco scambio di competenze. Con il mio brand posso seguire direttamente la manifattura dei prodotti, ma Flos mi dà la possibilità di realizzare oggetti più complessi e per un mercato allargato.
Testo di Valentina Croci
Francisco Gomez Paz.
Ivy, design Francisco Gomez Paz per Luceplan, è una lampada che contiene nella singola ed esile lamina in rame il corpo e la sorgente luminosa, il sistema elettrico e il dissipatore.
Una colonia di funghi, immagine a cui Gomez Paz si è ispirato per il progetto del prodotto.
Atelier Oï.
Tempio, design Atelier Oï per Artemide, è una lampada da tavolo in metallo che si ispira alle forme dei templi e dei portali giapponesi. Utilizza una fonte luminosa a led a luce diretta e si caratterizza attraverso gli effetti della luce sulla materia.
Arrangements è un sistema modulare di elementi geometrici di luce, progettato da Michael Anastassiades per Flos. Le unità a led si possono combinare per creare composizioni multiple
di singoli chandelier.
Qualche anno fa l’introduzione dei led negli apparecchi di illuminazione ‘consumer’ ha aperto scenari progettuali inediti. Dopo un attaccamento nostalgico a forme e tipologie della tradizione - la lampadina a incandescenza è stata, e in parte lo è ancora, ben radicata nella memoria collettiva - la tecnologia dei led inizia a sviluppare un proprio linguaggio progettuale.
Così, archetipi formali come la lampada a paralume o da tavolo ‘a braccio’ lasciano spazio a oggetti privi di forma e ingombro predefiniti. Alcuni scultorei, altri smaterializzati perché piatti o incorporati in superfici decorative.
L’affidabilità e l’alto livello tecnologico dei led consente ai progettisti di spingere oltre i limiti. E di disegnare una lampada fatta di elementi leggerissimi che si sviluppano sulla parete come una colonia di funghi (Ivy di Francisco Gomez Paz per Luceplan), così come chandelier costituiti da uniformi filamenti di luce che sembrano catene fuoriscala (Arrangements di Michael Anastassiades per Flos), o ancora oggetti che trovano la propria poeticità nella relazione tra la fonte luminosa e la materia che riflette la luce (Tempio di Atelier Oï per Artemide).
I trend progettuali e di ricerca appaiono illimitati, considerando anche che i led, composti da circuiti elettronici, oltre alla luce possono trasportare bit e quindi informazioni. Si apre anche l’ambito dell’Internet of Things. Alla base di tutto, la creatività unita alla sensatezza del progetto.
Francisco Gomez Paz. “La bellezza è qualcosa di misterioso che appare quando si è in cerca di verità e bontà, percorrendo la giusta strada”, sostiene il pluripremiato designer argentino.
Classe 1975, Francisco Gomez Paz studia la luce a partire dal potenziale inespresso delle nuove tecnologie. Ricerca che gli ha portato il Compasso d’Oro 2011 e il Premio dei Premi per l’Innovazione per la lampada Hope, progettata con Paolo Rizzatto per Luceplan. Per la stessa azienda ha presentato Ivy, una lampada a parete in cui ogni ‘foglia’ è al contempo corpo, sorgente luminosa a led, circuito elettrico e dissipatore.
Quali sono gli elementi innovativi di Ivy?
È un foglio quadrato piegato in un angolo che incorpora un sottilissimo circuito stampato di rame, riducendo al minimo le componenti e i materiali. È una lampada liberamente combinabile che, anziché ricomporre la luce puntiforme dei led in un unico diffusore, cerca l’effetto luminoso a partire da più elementi. Indago il potenziale della tecnologia all’interno di una strada estetica non ancora percorsa o non legata al passato.
Quale estetica nasce dai led?
Per anni i led sono stati usati in lampade la cui connotazione replicava quella delle sorgenti a incandescenza; finalmente oggi iniziano a definire gli oggetti. Vale a dire, la fonte di luce, che nell’incandescenza e nell’alogena è singola e controllata da diffusori e proiettori, diventa con i led puntiforme e gestibile anche singolarmente.
Quali altre innovazioni tecnologiche interesseranno il settore della luce?
Non ce ne sono della portata dei led. Gli Oled non sono altrettanto maturi. La componente elettronica presente nei led porterà a progettare oggetti con un’‘intelligenza’ (l’Internet of Things). Per esempio, nella mia lampada Mesh è possibile controllare in wi-fi i singoli elementi luminosi e interagire con delle informazioni. Tuttavia, il vero problema dell’IoT non è ciò che si può fare, ma trovare degli utilizzi sensati. Inoltre, le tecniche produttive, come la stampa 3D, potrebbero rivoluzionare il settore, ma solo se introdotte all’interno di produzioni industriali. Ma è importante soprattutto fare cultura di progetto, per reinventarci tramite le idee.
Atelier OÏ. “La presenza di emozioni e una mente contemplativa sono parte del nostro processo creativo”. Così Aurel Aebi, Armand Louis e Patrick Reymond descrivono l’approccio progettuale di Atelier Oï, studio interdisciplinare fondato nel 1991 a La Neuveville, Svizzera. Per Artemide hanno disegnato la lampada da tavolo Tempio, ispirata alla tranquilla filosofia dei templi giapponesi nonché ai colori e alle forme dei portali d’accesso. Così come le precedenti lampade progettate dal trio, Tempio è una luce non solo funzionale, ma anche d’atmosfera e contraddistinta dal colore.
Quali sono le caratteristiche principali di Tempio?
La sorgente luminosa è intesa come zen, fonte di calma. Vogliamo portare la luce attraverso un oggetto semplice e simbolico. È un prodotto rassicurante, non futuristico né destinato a spingere all’estremo le tecnologie. È l’archetipo della lampada da lettura, in cerca di calore e convivialità.
Che tipo di illuminazione produce la tecnologia a led?
I led sono una luce lineare che ha i suoi limiti, diventando talvolta aggressiva. Problema che abbiamo risolto in Tempio con una fonte non diretta, ma reindirizzata e rifrattata per amplificarne la portata. I led non devono perseguire la strada della smaterializzazione, che non riempie lo spazio, quanto utilizzare il materiale del corpo della lampada per rendere piacevole la luce. La tecnologia a led è efficiente ma un po’ ‘vuota’. È la lampada ad amplificarne gli effetti e a compensarne le mancanze. Noi ricerchiamo ciò che sta nel mezzo tra tecnologia e materiale.
Qual è lo stato dell’arte nel settore della luce, in particolare delle aziende italiane?
La tecnologia si sta evolvendo molto rapidamente rendendo difficile concentrarsi su un solo aspetto. O rispondere a domande più profonde come la portata emozionale e psicologica della luce. L’innovazione tecnologica è positiva a condizione che ci sia la lungimiranza di capire se produrrà un reale miglioramento. Nonostante le aziende italiane abbiano segnato la storia di questo settore, esse devono adottare un nuovo modo di pensare, più collaborativo e conforme a un pensiero globale in un periodo pieno di transizioni, domande e incertezze. La relazione tra azienda e progettista deve portare a una visione trasparente e aperta al dibattito su scala internazionale, al fine di rispondere ai quesiti della società del futuro.
Michael Anastassiades. “Eclettismo, individualità ed estetica senza tempo” sono le qualità del design di Michael Anastassiades. Di origine cipriota, ma di stanza a Londra, nel 1994 apre il suo studio e nel 2007 fonda il proprio marchio di illuminazione che interpreta la geometria del globo luminoso. In Italia esordisce nel 2013 con la collezione Strings per Flos, che mostra un originale rapporto tra corpo illuminante e spazio circostante. Per la stessa azienda ha presentato a Euroluce 2017 la serie Arrangements, un sistema di elementi geometrici combinabili in composizioni multiple.
Quali sono gli elementi innovativi dei prodotti di quest’anno?
Arrangements associa la modularità al concetto del su misura. Sono partito dal parallelismo tra oggetti di luce e gioielli. Entrambi sono legati alla sfera umana: disegnati per essere indossati gli uni, per decorare gli spazi abitati gli altri. La sfida è stata capire come la natura delicata di qualcosa di piccolo potesse mantenere la sua preziosità nello spazio. Invece per il mio marchio, dopo dieci anni, ho segnato un nuovo inizio. Non ho ripetuto il linguaggio della sfera, ma mi sono concentrato sull’espressività dei materiali. Abbiamo usato l’ottone e lavorato sui colori delle patine, portando l’ossidazione in processi di produzione industriale. Ho realizzato anche una collezione di lampade in porcellana, studiando l’aspetto evocativo degli elementi [una fonte d’ispirazione è stata il tradizionale gancio cipriota per abiti, nella foto, ndr.].
Ci sono nuove tecnologie per il settore illuminotecnico?
Non vedo oggi qualcosa di già testato e introducibile nel mercato che abbia la portata rivoluzionaria dei led, che sono oggi una tecnologia con molta innovazione e affidabile. Tuttavia presentano dei limiti, come la piattezza delle componenti o le unità luminose puntiformi che necessitano la proiezione attraverso un diffusore più grande.
Qual è la differenza tra progettare per un’azienda e per il proprio marchio?
Flos quest’anno si è dimostrata coraggiosa e ardita nelle proposte, spostando i limiti del possibile. Non progetto per nessun’altra azienda della luce perché credo nelle partnership durature e nel reciproco scambio di competenze. Con il mio brand posso seguire direttamente la manifattura dei prodotti, ma Flos mi dà la possibilità di realizzare oggetti più complessi e per un mercato allargato.
Testo di Valentina Croci
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Un tradizionale gancio cipriota per abiti: fonte di ispirazione anche per l’ultima collezione a marchio del designer Michael Anastassiades.
Un tradizionale gancio cipriota per abiti: fonte di ispirazione anche per l’ultima collezione a marchio del designer Michael Anastassiades.
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