Nerosicilia
Marchio dell’azienda ragusana Frama Mosaici, Nerosicilia lavora dal 2010 la pietra lavica dell’Etna con un processo di lavorazione brevettato. Attraverso speciali bruciatori a 1300°C di temperatura, il materiale viene riportato al suo stato di magma.

La colorazione non avviene tramite smalti, ma dalla polvere di vetro proveniente dal recupero di monitor Tv depositata su lastre fino a 300x80cm. Così nascono i macro merletti della collezione Ricami e i pattern tridimensionali di BUKIaRilievo.

“Abbiamo introdotto un concetto di artigianato industriale”, racconta Biagio Amaru, amministratore delegato di Nerosicilia, “ossia la capacità di produrre sia pezzi unici che di serie. I due art director siciliani, Massimo Barbini e Giovanni Salerno, partecipano alla ricerca e allo sviluppo del prodotto.

Le collaborazioni con aziende icona del design italiano, quali Boffi, Paola Lenti e Cappellini, testimoniano che quest’approccio al confine fra arte e design fa la differenza”.

L’azienda rispecchia “la geo-localizzazione di un sogno: ‘nero’ come la lava appena raffreddata, ‘Sicilia’ come la fonte da cui tutto ha origine. L’essere made in Sicily ci favorisce sul piano produttivo, grazie alla materia prima e al knowhow a km 0; ci penalizza a causa della distanza dell’isola dai principali centri logistici internazionali”.

 

Made a Mano
Viene fondata nel 2001 dall’imprenditore nelle arti ceramiche Rosario Parrinello, detto ‘il sarto della pietra lavica’, quale evoluzione dell’azienda famigliare La Bottega Calatina.

Made a Mano realizza ceramiche con argille da pietra lavica dell’Etna, fonte esclusiva di approvvigionamento delle materie.

Le lastre, al naturale o smaltate, vengono decorate a pennello dai maestri d’arte di Caltagirone, rinnovando una tradizione millenaria.

“Il design”, spiega Parrinello, “ci impegna nella creazione e nell’ottimizzazione di nuove soluzioni che soddisfino esigenze tecnologiche ed estetiche. Un obiettivo che, purtroppo non viene perseguito dai nostri competitor, che limitandosi a imitare quanto già esiste non favoriscono lo sviluppo attraverso il confronto reciproco”.

Made a Mano non è solo un brand made in Sicily, ma anche un’azienda che vuole esprimere un’identità siciliana. “In Sicilia”, racconta ironicamente Parrinello, “basta poco per stare bene, con ciò che la terra offre. Ma essendo un popolo che ha subìto nei secoli varie colonizzazioni, non siamo riusciti a emergere con un carattere forte e unico. Ci siamo limitati a conservare quel poco che abbiamo tralasciando il molto che avremmo potuto avere. Mi sembra di scorgere, però, un cambiamento”. (Foto Alberto Ferrero)

 

Orange Fiber
E’ una società che produce tessuti sostenibili dai sottoprodotti agrumicoli siciliani. Nasce nel 2014 per opera della designer Adriana Santanocito e dell’esperta in comunicazione Enrica Arena, affiancate da Francesco Virlinzi, Antonio Perdichizzi e Corrado Blandini.

Il progetto Orange Fiber ha origine nel 2012 dalla tesi di laurea di Adriana presso l’AFOL Moda di Milano, focalizzata sulla ricerca di materiali tessili innovativi che avessero un riferimento alla sua terra d’origine. Il tessuto nasce dalla spremitura industriale delle arance, trasformate in cellulosa all’interno dello stabilimento siciliano.

Il partner spagnolo la trasforma in filato che viene poi tessuto a Como. “Al momento abbiamo tessuti pronto-stampa”, spiega Enrica Arena “e lavoriamo in co-design con il cliente, anche perché i marchi di moda hanno esigenze specifiche”.

Per la collezione PE 2017 Ferragamo ha utilizzato i tessuti di Orange Fiber con stampe disegnate da Mario Trimarchi. “Possiamo personalizzare la tessitura cambiandone pesi o intrecci e il blend, oppure lavorare sulle stampe, anche in ink-jet”.

Sulla sicilianità: “il materiale ne è il cuore, ma vogliamo promuovere un’idea di maestrie regionali che, messe a sistema, diventino un’eccellenza nazionale”.

 

Edizioni Precarie
Fondata nel 2013 a Palermo dalla designer Carmela Dacchille, poi affiancata da Giulia Basile, Edizioni Precarie nasce con l’idea di raccontare i mercati storici della città attraverso un materiale povero e caratteristico come le carte utilizzate per avvolgere il cibo.

Da un’approfondita opera di ricerca, raccolta e archiviazione delle carte per generi alimentari, sono nate collezioni di oggetti da cancelleria e racconti illustrati, realizzati artigianalmente.

Il progetto vuole valorizzare la bellezza sottovalutata di oggetti comuni, stimolando una riflessione su un processo produttivo più lento e consapevole.

La carta dei mercati di Palermo racconta una tradizione caratteristica e unica della città: “Non esiste tale varietà in altri luoghi”, spiega Carmela Dacchille, “esprime la cura che in Sicilia viene dedicata al cibo ma anche i gesti semplici legati ad antiche ritualità.

Non realizziamo semplici quaderni: chi ne entra in possesso, si impadronisce anche delle storie dei luoghi da cui le carte provengono. Il lavoro creativo, qui, diventa ‘sapurito’”.

 

Lithea
E’ un brand fondato nel 2008 da Patrizia Furnari e Fabio Fazio, in collaborazione con l’azienda messinese del settore litico Mgm Furnari. Lithea si avvale di lavorazioni a controllo numerico dei blocchi di materiale che rendono la pietra un materiale duttile e plasmabile.

Come sottolinea Patrizia Furnari “l’azienda, pur rimanendo locale, si rivolge e si confronta con il mondo. Un proverbio siciliano recita ‘cu nesci, arrinesci’ (‘chi esce, riesce’)”.

Si sono infatti rivolti a designer quali Michele De Lucchi e Marco Piva, che hanno saputo trasferire elementi di sicilianità ai linguaggi del contemporaneo.

Come nel caso della collezione Isole di Marco Piva, dedicata al bagno e al benessere, che fa riferimento alle suppellettili dei palazzi dell’epoca barocca siciliana. La natura, l’arte e le tradizioni artigianali dell’isola, quali l’incisione del corallo, la cesellatura dell’argento, i ricami o la tessitura, sono invece evocate nelle texture tridimensionali delle collezioni Nature (design Fabio Fazio) e Trame Mediterranee (design Marella Ferrera).

“È attraverso la creatività che la pietra diventa un racconto della nostra cultura”, continua Furnari. “Nelle mani dei designer la pietra rivela ‘forme sensibili’, pelli comunicative in continua trasformazione”.

Testo di Valentina Croci

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