Qual è per voi il regalo più grande della Fondazione Feltrinelli ai milanesi (e non solo), con questa nuova ‘casa aperta al pubblico’ che ne ospita il patrimonio, firmata Herzog & de Meuron?
“Una straordinaria condivisione di valori che riportano al centro l’uomo, la cultura, l’accoglienza e il saper fare qualcosa di cui ogni parte del tutto è il tutto per la parte”, brillantemente sintetizza Carlotta de Bevilacqua, vicepresidente di Artemide, che ha partecipato al progetto, insieme a UniFor/Gruppo Molteni.
“Ce l’abbiamo messa tutta per sostenere questo grande manifesto aperto verso il futuro: un umanesimo da difendere e una bellissima storia”, spiega. “Siamo amici della famiglia Feltrinelli da sempre e abbiamo una cultura di progetto molto simile, come qualità e filosofia, a quella della famiglia Molteni. Mai compagni di viaggio sono stati così vicini”.
Poi, interviene Carlo Molteni, alla guida di UniFor, brand del Gruppo Molteni che comprende anche Molteni&C, Dada, Citterio: “La Fondazione Feltrinelli e la collaborazione con Herzog & de Meuronci hanno permesso di testare ancora una volta quella dimensione di ricerca che resta e resterà sempre di grande stimolo alla progettazione di tutti i giorni, considerato l’alto livello di libertà creativa che i grandi architetti mettono in campo nell’approccio a questo tipo di opere pubbliche”.
Con quale quid di innovazione si è declinato il vostro contributo nel confronto con un’architettura di forte potenza scenica e simbolica, capace di ricucire il tessuto urbano?
“Se si comprende la sintesi che questo luogo raccoglie nella coincidenza tra struttura–architettura–trasparenza, si comprende subito come il nostro contributo non possa essere stato soltanto quello di fornire dei prodotti di serie (i nostri sono riconducibili a cinque famiglie di apparecchi), bensì complesse soluzioni customizzate e personalizzate ad hoc”, osserva Carlotta de Bevilacqua.
“Questo edificio dà luce alla città attraverso se stesso, riporta densità strepitosa nella sua semplicità espressiva, con il ritmo di una trasparenza, sviluppata in lunghezza e percepibile con lo sguardo già dall’esterno, che restituisce quello delle persone, delle attività e dei progetti ospitati nella Fondazione, veicolati dalla sapiente regia del segretario generale Massimiliano Tarantino, fino agli spazi correlati di Microsoft. La vera sfida è stata proprio quella della trasparenza.
Ci siamo chiesti come poter illuminare un edificio esposto nord-sud che riceve luce continua, da quella naturale a quella passiva della città, lavorando secondo i temi del progetto architettonico. La messa a punto di una regia luminosa incrementale, che parte da una piattaforma apparentemente semplice ma in realtà altamente sofisticata nell’elettronica, ci ha consentito di seguire tutte le possibili dinamiche. In questo senso per un anno abbiamo dapprima monitorato piccole zone nelle interazioni con la luce naturale, molto diversa sui lati lunghi nord/sud, a favore di una combinazione ottimale con questa. Una scelta premiante sul piano energetico, fisiologico e percettivo, che, senza invasioni dell’artificiale, mantiene performance corrette ma non il medesimo tono di luce durante la giornata.
Poi abbiamo seguito tutte le attività ospitate nell’edificio sviluppato su cinque livelli, predisponendo dei layout luminosi flessibili. Nella sala lettura all’ultimo piano il progetto illuminotecnico trova la massima espressione in termini di percezione scenica dello spazio, dialogando con le grandi vetrate attraverso una cascata di Unterlinden disegnate da Herzog & de Meuron nel 2014 che, in una speciale versione e finitura da tavolo, ne anticipano l’evoluzione in chiave manufacturing, di intelligenza materica”.
Tutto attentamente pensato e calibrato, in sostanza, per la signora della fotonica, la scienza della luce. Nella vocazione virtuosa di questo sistema Italia, qual è stato invece il contributo di UniFor?
“Rispondo citando soltanto tre oggetti eseguiti specificatamente su disegno di Herzog & de Meuron per la Fondazione”, racconta Carlo Molteni “che dicono tutto del quid di innovazione tecnologica-espressiva da noi declinato.
In primis, la grande libreria in rovere tinto nero con finitura a poro aperto, che riprende la sagoma a cuspide della copertura, sulla parete di fondo, nella sala lettura al quinto e ultimo piano, totalmente integrata nell’architettura e di grande suggestione narrativa. Con lo stesso materiale sono state realizzate anche le librerie flottanti davanti alle vetrate inclinate delle facciate.
Poi, le pareti interne formate da pannelli vetrati trasparenti e privi di profili di sostegno nei piani destinati agli uffici. Sono elementi di partizione, realizzati in collaborazione con Coima Image, a tutta altezza, con struttura in alluminio naturale fissata a soffitto e superfici vetrate inserite a scomparsa, come annegate, a pavimento.
Infine, le scrivanie e i tavoli di lettura con luce integrata, sempre prodotti su disegno degli architetti, che rispettano in toto la necessità di leggerezza del progetto”.
Il “futuro dell’industria del mio genere è l’artigianato” ha dichiarato durante un’intervista suo zio Carlo, presidente del Gruppo Molteni. Alla luce di questo intervento desidera aggiungere qualcosa?
“Noto che questa osservazione racchiude esattamente lo sguardo che ci caratterizza, distingue e rende riconoscibili ovunque. L’artigianato a cui facciamo riferimento è un savoir-faire al passo con i tempi, esteso oramai a tutti i materiali utilizzabili nella progettazione e con salde radici nell’eccellenza della tradizione brianzola”. Quello di saper rendere la materia emozionante.
Foto courtesy Fondazione Feltrinelli – Testo di Antonella Boisi