FOTO DI PHILIPPE RUAULT
TESTO DI MATTEO VERCELLONI
Con la Rivoluzione Francese del 1789 nasce l’Istituzione degli Archivi Nazionali di Francia, luogo di raccolta di documenti della storia della civiltà; dai papiri merovingi ai processi dei templari, dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino alle tappe della storia francese (il diario di Luigi XVI, il testamento di Napoleone, il giuramento del Jeu de Paume le Costituzioni nazionali).
Tutto raccolto in circa 320 chilometri lineari di scaffali che dalla nascita della Repubblica Francese raccontano la storia del Paese e dei suoi rapporti con le culture del mondo. Una tale mole di documenti, atti, dichiarazioni, pensieri, contiene in sé valori che oltre al carattere scientifico di testimonianza storica si rapportano alla dimensione più simbolica della memoria collettiva di un’intera nazione, e l’edificio in grado di accogliere tale prezioso ‘tesoro’ non può certamente rispondere alle sole funzioni del ‘conservare e organizzare’, ma tendere anche alla rappresentazione urbana di valori nazionali. Una sede per tutto ciò, se rapportata all’utopica stagione degli “Architetti della Rivoluzione” (1789-1799), avrebbe trovato giusta cornice negli spazi pensati da Étienne-Louis Boullèe per la sua ciclopica Bibliothèque Nationale in cui la dimensione del ‘tempio laico della cultura e della memoria’ superava immagine e idea del ‘semplice’ edificio pubblico. Il progetto di Massimiliano e Doriana Fuksas per la nuova sede degli Archivi Nazionali che segna come un bastione metallico, uno scrigno architettonico monolitico, il frastagliato bordo della banlieue arrivando dall’esterno, per poi declinarsi in uno stretto rapporto compositivo verso la città, si rapporta a tale vettorialità nello sforzo di dare alle funzioni di tutela e organizzazione dell’importante patrimonio un aspetto emozionale. Lo sforzo, abbandonando ogni retorica, è stato quello di configurare, come affermano gli autori: “un’opera custode della memoria e dell’identità collettiva e al contempo aperta a espressioni artistiche contemporanee. Pensata in un’ottica non contemplativa, ma di scoperta, ricerca e di partecipazione per il pubblico”. Il complesso architettonico, promosso da tre Presidenti della Repubblica Francese (Chirac che trovò i finanziamenti, Sarkozy che ne ha accompagnato la costruzione, Hollande che lo ha inaugurato lo scorso 11 febbraio) è composto da due episodi di riferimento: il volume monolitico del parallelepipedo custode dei documenti, rivestito da una pelle di alluminio incisa da una trama romboidale e interrotta da brani vetrati in corrispondenza della sala di lettura e del percorso d’ingresso e la parte dei “satelliti” ad esso connessa con passerelle sospese su un velo d’acqua organizzata come una studiata sommatoria di piani-spazi orizzontali vetrati, segnati da una trama strutturale a vista che riprende il motivo a rombo della facciata di alluminio del volume complementare prospiciente su cui si specchiano. Al bastione urbano degli archivi veri e propri (220 magazzini disposti su dieci livelli) rivolto verso il territorio risponde così la dinamica epifania dei volumi rivolti verso la città che digradano verso lo spazio urbano cercando un più stretto rapporto di scala e una morfologia scandita da elementi tra loro distinti e allo stesso tempo uniti in un’unica sintesi progettuale. Qui, fluttuanti sul velo d’acqua i volumi orizzontali vetrati e sovrapposti, che ricordano per analogia il progetto dell’Headquarters Ferrari a Maranello, accolgono gli uffici, la sala espositiva e la sala conferenze ‘colorata’ dal rosso delle poltroncine “Carla” su disegno per Poltrona Frau. Il confronto tra i due mondi che compongono l’edificio, l’unione tra ordine e ‘caos sublime’, per utilizzare una terminologia cara a Massimiliano Fuksas, si rafforza sia grazie all’intervento paesaggistico di Florence Mercier, sia per l’apporto dell’arte contemporanea declinata in tre operechiave. Sull’acqua, in quegli spazi vuoti di raccordo che, come nella Fiera di Milano, costituiscono il valore e l’importanza dell’architettura al pari di quelli costruiti, la scultura geometrica di Antony Gormley si appoggia al velo d’acqua, sviluppando la concatenazione di dodecaedri reticolari in metallo che ben si rapportano alle trame dell’edificio. Pascal Convert con la serie di “casseforti” di cemento incastonate nell’area prospiciente sottolinea, attraverso la riproduzione dei volti di protagonisti della cultura francese, le radici della memoria collettiva. Infine Susanne Fristscher unisce l’intervento artistico all’architettura realizzando i controsoffiti dei volumi satellite come fogli di acciaio sfumati di rosso che enfatizzano il gioco di profondità dei volumi distribuiti a diversa altezza. Un’opera pubblica di grande respiro, un’architettura che “da vita a un’identità che affonda le sue radici nella memoria del passato con lo sguardo rivolto alla contemporaneità e al futuro. Un’identità e una memoria che appartengono alla Francia, e all’intera umanità” (Massimiliano e Doriana Fuksas).