“A Ron i divani non piacciono. Anzi, oserei dire che proprio non li sopporta. Per cui un giorno gli ho detto: se non esiste un divano che ti compreresti, perché non provi a disegnarlo tu?”. Così Patrizia Moroso, art director di Moroso, racconta la nascita di Victoria&Albert, la collezione disegnata da Ron Arad nel 2000 che non solo per anni è stata il best seller dell’azienda, ma ha anche rivoluzionato la concezione dell’imbottito, facendone un oggetto plastico e scultoreo capace di instaurare nuove relazioni spaziali.

Assieme a Victoria&Albert, sono altri i progetti nati dalla creatività congiunta di Ron Arad e Moroso che hanno lasciato un segno nella contemporaneità del design. Per ricordarli, in occasione del 25esimo anniversario della collaborazione con il designer israeliano, l’azienda organizzerà durante la settimana milanese del design di aprile un duplice evento: una mostra celebrativa presso il suo showroom di Pontaccio e una mostra di fotografie di Tom Vack dedicate al lavoro di Arad, che verrà allestita all’Università degli Studi di Milano nell’ambito dell’evento Open Borders organizzato da Interni. A Patrizia Moroso abbiamo chiesto di ripercorrere le tappe e il senso di una storia nata e cresciuta nel segno dell’innovazione.

Il vostro sodalizio inizia nel 1989 con la Spring Collection. Come è avvenuto questo fortunato incontro?

Ron cercava qualcuno che traducesse in oggetti morbidi la famosa Big Easy chair e le sedute in acciaio che, ai tempi come ora, autoproduceva nel suo studio. Quando l’ho conosciuto a Londra, mi sono subito messa a sua disposizione. È nata così una collezione composta di vari elementi che per la prima volta ha messo Arad di fronte al tema del colore e della produzione industriale. Da lì a poco sarebbero poi nati altri progetti importanti con altre aziende, ma è con Moroso che Ron ha fatto il suo debutto nell’industrial design. È un fatto di cui vado molto orgogliosa.

C’è un prodotto che, meglio di altri, rappresenta il legame tra Ron Arad e Moroso?

Il più noto è forse il Victoria&Albert del 2000, una serie che scardina la concezione tradizionale del divano, fatto di seduta, schienale, braccioli e cuscini. Ron è riuscito a rompere questo schema e a inventare una forma bellissima, molto innovativa anche nei materiali. Infatti non è realizzata con uno stampo, ma attraverso l’imbottitura e il rivestimento di una struttura in resina, che dà la forma alla seduta. Questo progetto ha segnato una grande innovazione e, allo stesso tempo, ha raggiunto il successo commerciale: due risultati che non sempre coincidono.

Quali altri progetti sono stati significativi in termini di innovazione?

Misfits e Do-Lo-Rez sono due prodotti molto importanti. Il primo nasce da un progetto del 1993 lanciato dall’azienda inglese che produceva il Waterlily, la prima schiuma poliuretanica che reagiva all’acqua e non ad agenti chimici nocivi. Ron ci ha chiesto di collaborare alla realizzazione di una serie di sedute componibili ricavate da cubi di poliuretano di un metro di lato: ogni modulo è indipendente e plasmato con forme, tagli e buchi diversi; l’accostamento tra i moduli avviene in modo libero, senza corrispondenze predefinite. Un progetto di pura sperimentazione, realizzato ad hoc per l’occasione, che abbiamo deciso di industrializzare nel 2007, quando i poliuretani espansi schiumati ad acqua hanno permesso la lavorazione in stampo. Si è trattato tuttavia di un lavoro molto complesso. La maestria di Moroso è stata quella di trovare la tecnica per rivestire il prodotto con un panno che, perfettamente steso, segue l’imbottito in tutte le sue geometrie e i suoi buchi.

Do-Lo-Rez, del 2008, è un altro sistema di sedute che prende spunto dal concetto del pixel per definire i suoi moduli base: morbidi parallelepipedi di altezza diversa da comporre liberamente, che, per quanto sembrino semplici, in realtà nascondono una grande complessità costruttiva. In basso sono più rigidi, per contenere il perno metallico; nella parte alta sono invece più morbidi, per garantire il massimo comfort alla seduta.

Secondo te, qual è la specificità di Ron Arad nel panorama del design contemporaneo?

Ron è una persona molto intelligente che grazie alla sua intelligenza ragiona sul design in modo appropriato. L’ovvietà non fa parte dei suoi interessi. Ha fatto suo il pensiero di Achille Castiglioni che diceva: se un oggetto già esiste, perché disegnarlo ancora? Il vero obiettivo del suo lavoro è l’innovazione. Infatti, se si accorge che un suo progetto ha una qualche attinenza o somiglianza con altri precedentemente presentati, blocca istantaneamente lo sviluppo del prodotto. È sempre un lavoro speciale perché fatto da una persona pura, che ha radicato il senso del fare per innovare. Lavorare con Ron Arad significa sperimentare questo tipo di purezza.

Testo di Maddalena Padovani

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Una poltrona della Spring Collection presentata da Moroso nel 1989. L’immagine fa parte di Ron Tom Tom, mostra di fotografie di Tom Vack sul lavoro di Ron Arad, allestita all’Università degli Studi di Milano nell’ambito dell’evento Open Borders (11-23 aprile 2016).
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Un ritratto di Ron Arad e Patrizia Moroso
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Pezzi della Spring Collection.