Restaurata, riapre la Casa-Atelier di Mariano Fortuny y Madrazo a Venezia che restituisce alla città la genialità a tutto tondo del poliedrico creativo spagnolo raccontata in un percorso espositivo di estrema suggestione immersiva e bellezza. Non più off limits

Oggi tutto il magico scenario racchiuso nell'affascinante palazzo tardo gotico fiorito che una tremenda acqua alta aveva pesantemente danneggiato al piano terra nel novembre del 2019, viene restituito alla sua memoria e alla città. Palazzo Pesaro degli Orfei in Campo San Beneto a Venezia che, dal 1898 al 1949, fu dimora, fabbrica e atelier di Mariano Fortuny y Madrazo (1871-1949), il creativo spagnolo al tempo stesso pittore, scenografo, stilista, fotografo, incisiore, designer e sperimentatore geniale,  diventa un museo permanente aperto al pubblico.

A testimonianza di un'esistenza vissuta laboriosamente per l'arte e con l'arte. In questo luogo che fu crocevia cosmopolita dell'élite culturale europea, Mariano Fortuny mise infatti tutto il suo talento al servizio di una precoce modernità, da portavoce di un'illuminata imprenditoria familiare fondata sull'eccellenza artigianale, insieme a Henriette Negrin, moglie, sodale e musa ispiratrice.

Colei che, nel 1958, affidò alla città di Venezia lo straordinario lascito di Mariano con le sue famose invenzioni progettuali. Tra cui il primo modello in gesso del dispositivo teatrale denominato 'Cupola' che Fortuny ideò e costruì per portare luce indiretta e diffusa nei teatri di tutta Europa; tra cui Delphos, l'abito in seta di forma destrutturata, una tunica monocroma di finissima plissettatura, nato da un’idea di Henriette e ispirato alla statuaria ellenistica. Tra cui  le sue originali lampade sospese ispirate ai pianeti e i sofisticati motivi stampati su cotoni e velluti per l'arredo della casa.

Ma, per la prima volta, oltre il 90% dei materiali ascrivibili al mondo di Mariano Fortuny di proprietà delle collezioni civiche veneziane o custoditi in comodato, sono esposti tutti insieme, accessibili a visitatori e scuole.

I consistenti lavori di ripristino e restauro del Palazzo sono stati seguiti dal Comune di Venezia e dall'Ufficio tecnico e Manutenzioni della Fondazione Musei Civici di Venezia presieduta da Mariacristina Gribaudi, grazie all'importante contributo erogato dal brand leader PAM Panorama. Il Portego cui si accede da Campo San Beneto, con l’antica muratura trecentesca in mattoni a vista, è stato riorganizzato per accogliere il pubblico, il bookshop e le mostre temporanee dedicate alla contemporaneità – l’occasione per presentare la donazione ricevuta dal MUVE di Venezia di un nucleo di opere di artisti americani di primo piano della Raccolta Panza di Biumo.

Le sale dei piani nobili, il primo e il secondo, che ospitavano la casa e gli atelier in cui visse Fortuny, sono diventati altresì la materia di un progetto museografico filologico che permette di cogliere nelle presenze e negli accostamenti sapientemente ponderati, gusti, relazioni e rimandi tra personaggi, arti e saperi del tempo.

Il percorso espositivo e di riallestimento è stato curato dal Maestro Pier Luigi Pizzi, regista e scenografo di fama con Gabriella Belli e Chiara Squarcina della Fondazione Musei Civici di Venezia e il supporto dell'architetto Massimo Gasparon per le  scelte illuminotecniche.

“Riportare la luce naturale e lo spirito eclettico del lavoro di Mariano in un'atmosfera viva e cangiante dello spazio è stata la sfida più avvincente ma anche la più complessa del progetto”, ha spiegato Pier Luigi Pizzi. “Straordinario ma altresì complesso è stato anche entrare nelle tante vite che Mariano Fortuny interpretò nella visione di un'opera d'arte totale”, ha dichiarato la direttrice del MUVE Gabriella Belli.

Ai piani superiori della Casa-Museo si accede con una tradizionale piccola scala di legno posta accanto all’ingresso principale, nell’atrio. Si raggiunge così il primo mezzanino/soppalco e da lì il lungo Portego del primo piano nobile, il salone lungo più di 42 metri quadrati sui lati corti segnato da due meravigliose polifore, affacciate rispettivamente su campo San Beneto e rio Michiel.

Al centro del salone, la mise-en-scene dell’apparato funebre del quattordicesimo duca di Lerma stampato a matrice su velluto nero, introduce il tema dei costumi di scena realizzati da Fortuny, tra gli altri, per l’Otello di Giuseppe Verdi e per la prima di Tristano e Isotta alla Scala di Milano.

Lungo le pareti sono allineati divani ricoperti da cuscini foderati nei ben noti tessuti e attraversando il 'salotto di casa' verso rio Michiel, si raggiungono le quattro stanze laterali del palazzo.

Nella sala d'angolo è stato ricostruito l'Atelier di pittura di Fortuny, il suo posto di lavoro, tra cavalletti, tavolozza e colori, questi ultimi brevettati a Parigi nel 1933. Il giardino d’inverno, che si affaccia al lato opposto dell’Atelier, restituisce invece la summa della pittura matura dell'artista: un'immersione nel suo immaginario animato da figure allegoriche, satiri e animali esotici, declinato in un ciclo parietale di circa 140 metri quadrati, sostenuto dall’artificio del trompe-l'oeil e da un’armoniosa stesura di colori, che conferisce allo spazio una profonda luminosità.

Per questo partito compositivo, nobilitato da ghirlande e drappi, che copre tre lati della stanza, Fortuny inventò una speciale intelaiatura di carta incollata su teli di canapa dipinti e fissati alle pareti. Nella seconda parte della sala, il modello del Teatro delle Feste progettato nel 1910 in collaborazione con Gabriele d’Annunzio e l’architetto francese Lucien Hesse propone una sintesi della sua poetica teatrale.

La Sala Collezionismo è riservata alle  importanti raccolte della famiglia Fortuny – tessuti, arazzi, tappeti, vetri, vasellame, maioliche, armi e armature, statue, mobili, incisioni di Goya, Tiepolo, Piranesi, le opere del padre pittore Mariano Fortuny Y Marsal – ciascuna a suo modo rilevante nella comprensione dell'humus che influenzò la creatività dell'artista, alla stregua dei miti del ciclo wagneriano.

Agli splendidi abiti plissettati di seta o connotati da motivi stampati su velluto e cotone, realizzati con le due tecniche di stampa brevettate nel 1909 è dedicato infine il palcoscenico della Sala moda che completa il percorso espositivo del primo piano.

Il ritmo cambia registro al secondo piano. Qui la narrazione più intimista si focalizza sulle suggestioni della preziosa biblioteca e studio di Mariano Fortuny: i mobili da lui progettati, gli schedari rivestiti, i ricordi più personali. Siamo nel dietro le quinte delle sue creazioni che aprono il sipario sulle stanze riservate ai laboratori e agli Atelier, dove tra torchi, strumenti di incisione e di lavoro, documenti, ritratti di nudo, mille altri echi di cultura classica e influenze orientali tuonano nell'aria.