Il complesso intervento di recupero condotto da Michele De Lucchi nel centro di Milano per CDP Immobiliare si configura all’interno delle nuove tendenze dell’operare nei tessuti delle città che sono stati descritti dalla critica come percorsi di ‘microchirurgia’ e ‘agopuntura’ urbani.
Si tratta di un modo di procedere che, superando il concetto dello ‘zoning’ e delle pratiche delle quantità tardomoderniste, proprie dell’urbanistica tradizionale, predilige l’ascolto dei luoghi, la lettura della fisicità degli spazi e delle figure della città, il recupero e la reinvenzione dei manufatti urbani.
Questi assunti come patrimonio costruito con cui confrontarsi, lavorando per elisioni e aggiunte, trasformazioni funzionali e ricomposizioni, sia che si tratti di costruzioni industriali, sia di edifici di valore storico e monumentale, come nel caso presentato in queste pagine.
Il complesso denominato “Residenze Litta” si riferisce all’omonimo palazzo storico affacciato su corso Magenta (commissionato alla fine del 1600 dai conti Arese all’architetto Francesco Maria Richini). Palazzo Litta si sviluppa al suo interno disegnando un isolato urbano composto da un sistema di corti che, partendo dal Cortile d’Onore, trova sbocco sulla via IIlica connessa a Foro Bonaparte, alle spalle di corso Magenta.
Nella parte interna dell’isolato si trovano gli edifici oggetto dell’intervento, che presentano specificità distinte sia dal punto di vista tipologico, sia da quello della loro cronologia storica. Una costruzione degli anni Cinquanta che cinge a ovest l’antico giardino, in via di ricostruzione, è stata oggetto di demolizione e ricostruzione (Residenza Illica) in via di completamento; mentre per gli altri due corpi di origine ottocentesca (Residenza Bonaparte e Residenza Brentano) si è operato per restauro e risanamento conservativo, nel mantenimento dei volumi e delle figure originarie, con trasformazione della distribuzione interna.
I due edifici restaurati organizzano nel loro confronto un sistema di piccole corti lungo una strada interna che è proseguimento diretto della via Illica su cui si apre il cancello d’ingresso. Insieme alle corti il tema della strada è diventato così il riferimento su cui ragionare nella ricomposizione generale dell’isolato; con il ridisegno del selciato di pietra che incornicia una serie di riquadri a partizione triangolare in rizzata chiara e scura, affiancati dai nuovi lampioni su disegno che sottolineano il valore urbano della strada interna.
Per la Residenza Bonaparte si è operato un cambio di destinazione d’uso, organizzando al suo interno quattro nuove unità abitative e altrettanti studi professionali, con il recupero del sottotetto e dell’altana in copertura assunta come prezioso belvedere per osservare la città. Il fronte restaurato presenta una tinta rosata da cui emergono le modanature e le cornici grigie delle finestre.
L’intervento sulla Residenza Brentano si è rivelato più complesso e teso a conservare e valorizzare le diverse tipologie che compongono questa parte irregolare di ‘architettura per sommatoria’ in cui sono state ricavate ventiquattro unità residenziali e i parcheggi interrati di pertinenza. L’addizione architettonica che scandisce la Residenza Brentano comprende un villino indipendente, un’autorimessa convertita in spazi abitativi, una piccola corte interna con ballatoio e ringhiera e un corpo nobile proiettato verso corso Magenta.
Nelle diverse tipologie affrontate si è evitato di creare unità abitative passanti tra corpi di fabbrica distinti, mantenendo i corpi di fabbrica esistenti come elementi compiuti, conservando gli elementi strutturali verticali e orizzontali.
Lo sforzo è stato quello di riproporre il sapore delle caratteristiche architettoniche originarie, tra cui alcuni soffitti lignei, varie scale interne e, dove possibile, i serramenti originali attentamente restaurati. In alcune zone (tra cui l’ex autorimessa e il piano terra del corpo nobile) è stato possibile introdurre dei soppalchi, sfruttando al meglio l’altezza disponibile.
Un intervento di riferimento per metodologia e percorso di recupero che, accanto a un calibrato inserimento di un nuovo edificio di progetto, ha saputo restituire alla città un suo brano nascosto.
Foto di Marco Beck Peccoz/courtesy aMDL – Testo di Matteo Vercelloni