Nel 1992 l’antropologo Marc Augé pubblicava il suo famoso libro dedicato ai Non Luoghi assunti come “introduzione a un’antropologia della surmodernità”. Tra l’elenco di quelli che definivano questa nuova categoria di spazi rientravano le infrastrutture “necessarie per la circolazione accellerata delle persone e dei beni” tra cui strade, autostrade e aeroporti, oltre ad altre tipologie legate al consumo come supermarket e shopping center.

Dopo vent’anni sembra che proprio quelle categorie di spazi, appunto opposti all’idea di luogo, abbiano conosciuto in qualche modo una forma di riscatto e che, nel composito scenario del nuovo millennio, al di là della loro durata nel tempo e della caducità insita oramai in ogni progetto di architettura, siano proprio gli spazi di transito e d’incontro, di sosta e di passaggio, a divenire i luoghi di riferimento della nostra contemporaneità; nel bene e nel male, come le recenti stragi terroristiche stanno a indicare.

Stazioni e stadi, supermarket e shopping center, metropolitane e appunto aeroporti, diventano architetture-luoghi come anche il progetto delle lounge dell’HIA di Doha vuole dimostrare.

Nel progettare i 50.000 metri quadrati degli esclusivi interni aeroportuali Antonio Citterio e Patricia Viel affermano: “Per noi, il tema della territorialità dell’appartenenza a una cultura – ancorché aziendale – e della capacità di un luogo di essere ricordato sono stati elementi generativi del progetto […] La sfida era quella di generare una destinazione di per sé, un luogo del pianeta dotato d’identità, ma di fatto libero da appartenenza; una No-Stop City, la fantasia anni Settanta di Archizoom per una città infinita, aerata e illuminata artificialmente, potenzialmente incapsulata e sospesa nell’aria”.

Tuttavia la ‘piccola città’ di pietra incapsulata all’interno del terminal aeroportuale del Qatar non si risolve in un magico gioco di specchi come nell’invenzione radical degli Archizoom, ma si declina in una sequenza di spazi, prospettive ed episodi compiuti e calibrati sin nel minimo dettaglio, che unisce in osmosi e in perfetta sinergia la dimensione degli interni con quella architettonica e microurbanistica, attraverso la metodologia paziente e accurata dell’industrial design.

È quel concetto di ‘total design’, che lo studio milanese segue con convinzione da tempo; in cui il rimando tra particolare e generale appare continuo e dialettico, dove ogni componente impiegata, arredo e materiali, colori e accessori, finiture e dettagli, è parte di una regia complessiva, attentamente governata.

Qui il concetto di ‘lusso’ è superato dal senso del valore e da una contemporaneità stemperata in esperienze sensoriali, dove i banconi reception di bronzo o acciaio diventano memorie di antiche imbarcazioni proiettate tra passato, presente e futuro; dove la pietra chiara chiamata a caratterizzare l’involucro complessivo disegna i pavimenti e le alte monumentali pareti, mute quanto espressive, solcate talvolta da linee vibranti che ne trasformano la superficie.

È un paesaggio architettonico d’interni sospeso sì nella bolla della struttura aeroportuale, ma che allo stesso tempo è radicata al luogo; anzitutto nello spazio museale che conserva reperti e opere d’arte prestate a rotazione dal Museum of Islamic Art e pezzi d’eccezione di arte contemporanea tra cui troneggia la grande opera di Keith Haring che emerge dalla parete di pietra.

Si tratta di una lunga galleria che è stata da subito alla base del progetto, elemento fondativo che caratterizza tutto il lungo percorso di attraversamento e che è stato affrontato come un vero e proprio museo, per attenzione e cura degli elementi espositivi, luci e modi di mostrare i reperti e le opere selezionati.

Uno spazio architettonico che nel suo complesso trova affinità e legami con il paesaggio dell’Emirato, nei suoi colori scanditi dalle pietre delle superfici interne, nella texture delle pareti vetrate che scandiscono la Vip lounge; dove nello specifico, il motivo serigrafato, ispirato alla pianta del terminal, appare come la trama di antiche-future decorazioni mediorientali.

Non ultima, quanto significativo segno simbolico e qui effettiva cerniera spaziale, l’acqua, quale elemento prezioso, è celebrata nello spazio centrale a tutt’altezza della Al Safwa First Class Lounge. Una colonna d’acqua alta dieci metri scende dal soffitto, nella forma di un sinuoso cilindro perfetto, per essere raccolta da un grande bacino circolare di bronzo  e acciaio inox sottostante. A ricordare il suo indispensabile valore, in questo luogo di transito dove senza dubbio è un piacere il sostare.

Foto di Leo Torri – Testo di Matteo Vercelloni

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Vista dello spazio centrale a tutt’altezza della Al Safwa First Class Lounge. Dal soffitto scende un esile cilindro d’acqua alto dieci metri che è raccolto nella vasca circolare di bronzo e acciaio inox, su disegno, il tutto realizzato da Permasteelisa. Il valore simbolico e sacrale dell’acqua è sottolineato da questo episodio compositivo che funge da cerniera nello spazio complessivo. Sulla sinistra sono disposte le postazioni relax realizzate su disegno.
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Uno scorcio della Al Safwa First Class Lounge con la vasca di acciaio e bronzo in primo piano. Sul fondo la vetrata conclusiva e le postazioni Fids con le poltrone Grand Repos, design Antonio Citterio per Vitra. Le pareti sono rivestite di pietra calcarea francese che, insieme alla pavimentazione lapidea di tonalità chiara, sottolineano l’aspetto monumentale e monocromatico dello spazio.
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Percorsi della lounge caratterizzati dalle bacheche museali. Il soffitto scuro ad andamento plastico modella lo spazio con diverse altezze.
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La grande parete e il banco reception principale in lamiera di bronzo lucidato (realizzato da Realize), su disegno, caratterizzano l’ingresso alla First Class Lounge.
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Percorsi della lounge caratterizzati dalle bacheche museali.
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Scorcio di una zona relax all’interno della spa.
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Vista dello spazio ristorante; lampadari circolari, pareti fonoassorbenti e arredi su disegno. I lampadari sono realizzati da Light Contract, le pareti divisorie in vetro e pelle sono di B&B Italia Contract.
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Altra inquadratura dei percorsi della lounge caratterizzati dalle bacheche museali, su disegno, che custodiscono reperti e manufatti artistici della cultura islamica e di arte contemporanea. Appeso al muro, un grande lavoro di Keith Haring.