In Sardegna, a Porto Cervo, uno spazio commerciale letto da Sergio Calatroni come un oggetto di total design a cavallo tra arte, artigianato e ispirazione quasi mistica

*Progettazione e realizzazione artigianale di S.C. Artroom

 

Un feelgoodstore dove acquistare cose che ci fanno stare bene e dove, ovviamente, stare bene entrando. L'ultimo progetto di Sergio Calatroni Artroom si trova a Porto Cervo, in Sardegna, lungo la Promenade De Port: 220 mq progettati da cima a fondo, come se lo spazio fosse un oggetto. Tutto, infatti, dal concept spaziale agli arredi, dall'illuminazione alla grafica, dai colori al logo, si parla in un gioco di rimandi e citazioni.

Quando ci si arriva davanti, il primo impulso è di entrare, e vedere di cosa si tratta. Il colore esplicitamente vivo attira, assorbe tutta l’attenzione. Forse, ci dice il cervello abituato alle grandi catene e al design "generico" mentre osserve uno spazio che trasuda singolarità, non si tratta di uno spazio commerciale. Cos'è? Lo sguardo resta sedotto oltre che dai colori pungenti, anche dalle forme sinuose dei mobili-scultura nonché espositori di prodotti.

L’origine arcaica dei volumi, e la loro effettiva concretezza ha appunto, il compito di servire da appoggio con la massima naturalezza: per le persone, gli oggetti, tutto. "Sono basi ma allo stesso modo dei simboli piedistallo, nei quali risiede qualche cos’altro", dice Calatroni. "Rimandano ai primordiali Neolitici blocchi di pietra scolpita, e ai segni distintivi delle opere di  Brancusi  e di  Noguchi".

Un'archetipicità che fa venire alla luce il nocciolo dell'idea progettuale: l’arte e il mistero della sua origine. A partire dal nome, Pachamama, che in lingua quechua significa Madre Terra, la grande dea madre, dea della terra, dell'agricoltura e della fertilità venerata dagli Inca e da altri popoli abitanti l'altipiano andino, quali gli Aymara e i Quechua.

"Uno spazio in cui l’arte sprigiona l’inapparente", dice Calatroni, "ciò di cui non sappiamo ancora nulla: né da dove scaturisce e né perché". È questo il senso della primordialità apparente delle forme di questo lavoro contemporaneo d’interni in cui "l’utilità non è stata fraintesa, ma messa in sincronia, a disposizione, dell’immaginazione; cioè al via vai delle immagini percepibili attraverso i sensi".

Un perfetto mix tra arte, artigianalità e funzione, espresso attraverso una tempesta di colore che viene assorbita da un giallo monocromo che diventa l’impalcatura di tutto lo spazio.

"Ciò che conferisce un altro scatto tagliente al luogo, sono le deviazioni luminose a stella dei neon al soffitto che dinamizzano l’ordinamento, e la distribuzione di una teoria di un fondale minimale di scaffali. Accade cosi che l’opera preconcepita in modo ostinato come altra via fluisce verso le origini. Verso un'altra incognita".