Raggiungiamo l’architetto Emanuele Corte telefonicamente a New York, dove si trova per seguire l’apertura di una nuova sede, oltre a quelle di Milano e Torino, di Vemworks, lo studio di architettura e disegno industriale che condivide con i soci Vittoria Fiorito e Marco Dellatorre.
L’oggetto della conversazione è un recentissimo progetto milanese: il ridisegno di un appartamento, dalle dimensioni contenute, nel cuore della città storica.
Quali erano le esigenze della committenza?
La prima cosa che ci è stata chiesta era creare uno spazio che non fosse una casa di famiglia, ma un luogo destinato ad accogliere ospiti alla scoperta di Milano. Quindi, uno spazio super funzionale, minimal, easy-to-live.
Non codificato, però, ma pieno d’atmosfera e di personalità. Un obiettivo non semplice da raggiungere a causa della particolare conformazione dell’appartamento, che presentava volumi generosi in altezza ma infelici per luce e sviluppo in pianta.
I 100 metri quadrati, infatti, si incuneavano profondamente lungo il primo piano del fabbricato – un edificio storico di grande pregio – con un lato quasi cieco e l’altro, sì finestrato, ma affacciato su una piccola via, piuttosto buia, Insomma, dovevamo aiutare la casa, diciamo, a respirare…
In quale modo?
Be’, innanzitutto scegliendo il bianco come colore guida in tutta la casa – dalle pareti agli arredi – alla ricerca di una quiete eleganza, e poi ragionando in modo puntuale sul progetto-luce, che è diventato il fil rouge di tutto l’intervento. L’idea principe è stata quelle di puntare su una luminosità morbida, ‘segreta’ che non rendesse evidenti i corpi illuminanti, se non in specifici casi.
Vuole farci degli esempi?
Partirei dal ‘taglio’ sul soffitto: è un sentiero luminoso (all’interno della scanalatura è annegata una strip led) che corre radente al muro portante della casa, conducendo l’ospite dall’ingresso alle camere da letto.
E, poi, le travi-illuminanti del soggiorno, che recuperano gli elementi strutturali tipici della casa d’epoca milanese ma li trasformano in elementi funzionali alla luce (anche qui sono nascoste delle strip led); o, ancora le luci da parete delle camere da letto: segni bianchi su superfici bianche, quindi invisibili, ma capaci di regalare una luce che sale verso l’alto per enfatizzare l’altezza dei soffitti. Certo, poi c’è anche la luce puntiforme, funzionale, per esempio, nell’ambiente giorno per illuminare il tavolo da pranzo oppure la luce-elemento d’arredo, come la lampada da tavolo ‘fuoriscala’ che troneggia nel soggiorno.
L’uso di una gamma di configurazioni diverse è la vera idea vincente: aiuta a realizzare cambi di luce, a mettere degli ‘accenti’, per creare un gioco di ombre e di chiaroscuri piacevole e anche un po’ magico…
Come ha risolto l’impianto distributivo della casa?
Anche in questo caso caso non è stato semplice a causa della forma stretta e profonda dell’appartamento. La cucina, per esempio, si sviluppa curiosamente nel corridoio-disimpegno fra area giorno e notte, completamente mimetizzata nell’armadiatura a muro. L’ingresso si apre direttamente sull’area pranzo mentre il soggiorno può contare su un volume ampio e confortevole. Sul lato opposto, invece, si trovano le due camere da letto: l’accesso è regolato da due porte ricavate su due pareti non ortogonali che creano un gioco prospettico piacevole e inusuale.
E l’arredo?
Siamo stati fortunati perché abbiamo avuto una committenza ‘illuminata’, appassionata di arte e design. Così la casa è punteggiata di pezzi storici dei maestri dell’architettura degli anni 50/60 – fra tutti citerei Gio Ponti – acquistati in occasione di aste internazionali, e pezzi di produzione, ma sempre coerenti per stile, design e collocazione storica: dalle iconiche sedie con scocca di Charles & Ray Eames alle intramontabili poltroncine in acciaio curvato di Mies van der Rohe.
Non manca una nota décor, con la carta da parati che crea due suggestive quinte nelle camere da letto e in uno dei due bagni. Ma c’è anche un ‘amarcord’ dei padroni di casa, che hanno voluto ricordare la loro origine piemontese. In soggiorno e all’ingresso, infatti sono state ricavate delle nicchie per accogliere quattro antichi portali recuperati da una casa piemontese del 600, impreziositi da lunette con riproduzioni di dipinti settecenteschi del pittore Giambettino Cignaroli, stampati su vetro anticato.
Insomma, sì al minimal ma senza rinunciare al cuore?
Certo. Design puro non significa rinunciare a poesia e personalità. Lo spazio deve saper regalare emozioni e fare stare bene chi ci abita. Vemworks lavora sempre con l’ambizioso obiettivo di creare ambienti unici, lontano da standard ed archetipi.
Testo di Laura Ragazzola – Styling di Carolina Trabattoni – Foto di Paolo Riolzi





