Questo aspetto è ben evidente nel lavoro di Giorgia Lupi, information designer che lavora con forme e colori per rendere fruibili visivamente i data. La designer elabora codici estetici che trasmettono messaggi articolati, pensati per una riflessione ragionata in un congruo tempo di fruizione. Nel 2019 è stata coinvolta in un progetto di collaborazione dal brand di moda & Other Stories. Da subito ai suoi occhi il match tra il codice-abito (un sistema da sempre usato per comunicare identità) e il codice-messaggio si rivela foriero di una forza narrativa straordinaria.
L’occasione diviene quella di progettare una sorta di ‘messaggio indossato’, uno storytelling in forma di abito. Il tema di base sono le donne che sono state fonte di ispirazione. Ne vengono identificate tre in altrettanti campi dello scibile umano: Ada Lovelace, matematica ottocentesca considerata la prima programmatrice di ‘computer’ per la sua scoperta sugli algoritmi; Mae Jemison, prima astronauta afroamericana ad andare nello spazio; e la zoologa e biologa Rachel Carson, fondatrice del movimento ambientalista contemporaneo. Le loro vite esemplari vengono tradotte in segni e colori, ognuno rispondente a una precisa legenda che sarà poi decrittata e spiegata sulle tote bag che conterranno gli abiti. Il vestito è così ‘smaterializzato’ e il messaggio posto al centro.
Il pattern torna, come nei codici antichi, a valere per la sua bellezza, ma anche a significare, narrare, testimoniare. Se il medium è il messaggio, allora qui è il vestito a essere il messaggio e quest’ultimo sono le informazioni trasmesse e visivamente organizzate. Nel mondo contemporaneo l’immateriale (i data) incide sul materiale più della materia stessa; la sua natura liquida, informe e apparentemente evanescente viene gestita e governata dal progettista, che oggi più che mai ha un potere enorme. Le forme che possono assumere i dati sono infinite e i brand scelgono a chi affidarsi per far affiorare una storia. I prodotti cambiano, il progetto e le idee restano.