L’onestà dei materiali
Studio di progettazione e autoproduzione, Fort Standard nasce a Brooklyn nel 2011 per iniziativa di Gregory Buntain e Ian Collings, due amici incontratisi alla Pratt University e compagni nell’esperienza di studio alla Bauhaus di Weimar. L’approccio pragmatico della formazione americana, unita alla sperimentazione applicata della scuola tedesca, porta il duo a realizzare oggetti semplici, caratterizzati dall’onestà dei materiali. Tavoli con piani dalle grandi lastre di pietra che mettono a vista il raccordo delle gambe in legno, recipienti in rame, dove il materiale compare con una superficie ora levigata ora scabra riflettendo in modo diverso la luce, sono esempi di come l’attenzione alla bellezza intrinseca alla materia possa costituire essa stessa il progetto. C’è anche una componente di perpetuità nelle opere di Fort Standard: gli oggetti paiono esistere da sempre e non temere il confronto con tempo. L’aggettivo che il duo utilizza per descrivere il proprio lavoro è “contemporaneo caldo”, ovvero cordiale e capace di unire la tradizione artigianale a un design più narrativo. Nonostante la giovane età dello studio, Fort Standard ha realizzato una ricca serie di arredi, lampade e complementi, passando anche da gioielli e giochi.
Realizzato con cura
Dal pezzo unico che nasce per situazioni specifiche alla piccola serie, ciascun progetto dello studio Assembly è pensato per trasferire valori artigianali, estetica dei materiali e arte in oggetti d’uso. “Ci piace partire dallo studio di materia, processi e tecniche per arrivare a un risultato creativo”, affermano i due fondatori Pete Oyler e Nora Mattingly, entrambi classe 1983. Assembly è uno studio nato appena nel 2012 ma ha ottenuto immediata attenzione – Pete Oyler è stato nominato dal Forbes Magazine come uno dei miglior progettisti under 30 nella sezione Art & Design. Il suo approccio è interdisciplinare: dall’arredo passa all’editoria con la pubblicazione annuale non-profit Outpost Journal sull’arte, il design e i progetti collettivi d’arte pubblica in piccole aree urbane. Nora Mattingly è più focalizzata sul prodotto e l’interior design, collaborando anche con lo studio D‘Apostrophe Design. Si interessa di colori, texture e processi di fabbricazione artigianale. Arredi come la U Chair giocano sulle qualità tattili dei materiali lasciati al naturale, come il cuoio cucito a mano, il cavallino e il legno. Anche la rigida ripetitività e modularità dei tavoli 2×2 e 2×6 è mitigata dal calore e dalla ruvidezza del legno al naturale. Infine, i vasi in vetro nascono con l’intento di portare all’estremo la tecnica di soffiaggio a bocca, mettendone in evidenza l’irripetibilità del gesto. Frammenti di vetro rotto sono incorporati nella fase di soffiatura, creando una texture che nasce dallo scarto.
Visione femminile in piccola scala
Fondato nel 2011, Egg Collective conta su tre designer donna: Stephanie Beamer, Crystal Ellis e Hillary Patrie, che hanno background in architettura, arte e lavorazione del legno. Conoscenze che si combinano e danno vita a prodotti apparentemente semplici ma che svelano dettagli inaspettati. Ciascun elemento di arredo è realizzato nel laboratorio interno con una comunità di falegnami e artigiani che collaborano alla produzione. Si vuole mantenere un legame diretto con l’imprenditoria locale, sviluppando il dialogo e lo scambio di conoscenze fin dalla progettazione. Le serie sono limitate alla piccola scala, con l’obiettivo della qualità. Da un punto di vista estetico, i prodotti puntano sulla combinazione di materiali diversi e sulla loro giustapposizione in passaggi netti e forme elementari. Il design tiene conto dell’invecchiamento e del tempo come fattori di arricchimento: i metalli si ossidano e acquisiscono la patina derivante dall’ambiente circostante, rendendo ciascun mobile unico. Inoltre, le applicazioni di finiture e trattamenti superficiali, come cerature o oliature, sono realizzate a mano proprio per mantenere traccia dei processi, delle impronte digitali e delle piccole imperfezioni che il fatto a mano porta con sé. Lo showroom di New York, a cui è annessa la falegnameria, è sede di mostre temporanee di artisti locali, finalizzate non soltanto a farli conoscere ma anche a stimolare la contaminazione nell’espressione artistica.
Questione di dettagli
Figlio di artigiani del legno di discendenza tedesca, Paul Loebach è solito approcciare il progetto “hands-on”. Un atteggiamento pragmatico che però non dimentica il valore dell’esperienza e il legame emozionale degli utilizzatori nei confronti degli oggetti. Diplomato alla Rhode Island School of Design, nel 2002 si è trasferito a New York per lavorare dal produttore di arredi John Davies e nel 2007 ha stabilito il suo laboratorio a Brooklyn. Paul ritiene che il design debba bilanciare un immaginario tradizionale e riconoscibile con uno scatto d’innovazione. Tale assunto è evidente in oggetti come l’annaffiatore in rame X3 che gioca sulla traslazione e lo stravolgimento proporzionale degli elementi che lo compongono, risultando inconsueto. Oppure nella teiera Ora, tradizionale nell’aspetto e nell’uso del doppio vetro isolante, ma insolita nella definizione segnica del profilo interno ed esterno del bicchiere. Paul Loebach non trascura aspetti di sostenibilità e logica funzionale. La seduta Peg è composta da dieci pezzi che vengono montati a incastro direttamente dall’utente finale senza colla né viteria, consentendo al prodotto di viaggiare in imballo piatto. E può essere facilmente smontata perché, come sostiene il designer, un buon progetto deve passare attraverso diversi utilizzi nel corso del tempo e, pertanto, deve essere capace di adattarsi a tali cambiamenti in modo intelligente.
Produzione sartoriale
Vonnegut/Kraft è uno studio fondato nel 2011 da Katrina Vonnegut e Brian Kraft che provengono da background diversi, rispettivamente, dal furniture e textile design e dalla falegnameria artigianale. Entrambi hanno un approccio personale di ricerca nell’autoproduzione. Il loro obiettivo è realizzare prodotti funzionali con un’estetica minimale e una particolare attenzione alla palette dei colori, spesso tenui e caldi e raramente in contrasto. Gli arredi sono realizzati in piccole serie, su ordinazione, combinando processi artigianali e nuove tecnologie di produzione a controllo numerico. Ogni pezzo è realizzato nel laboratorio dei due designer a Sunset Park, Brooklyn, con l’intento di mettere a punto la produzione in base alla specificità del materiale, come il legno massello. I prodotti possono così essere adattati alle specifiche esigenze dell’utente, in modo sartoriale. Le proporzioni degli arredi e l’uso del legno massello con dettagli di falegnameria evocano la visione organica del design modernista danese, così come l’impeccabilità delle lavorazioni e la semplicità degli oggetti richiamano la tradizione manifatturiera giapponese. Sono mobili ‘gentili’ che puntano a vivere in ambienti diversi senza passare di moda.
Progettista e talent scout
Jamie Gray è un designer originario di Seattle che affianca all’opera di progettista l’attività di talent scout e direttore creativo in uno dei negozi più ‘in’ di New York, Matter, da lui fondato nel 2003. Showroom, galleria ed editore per giovani promesse, Matter è un punto di riferimento: un posto dove testare lo stato dell’arte del design, locale e internazionale, e prendere ispirazione dall’accurata selezione e giustapposizione tra prodotti evergreen e pezzi unici o in esclusiva. Contraltare alle formule di retail più tradizionali, Matter è stato aperto prima a Brooklyn e dal 2010 è presente anche a Manhattan. Vi sono distribuiti i marchi e i designer più noti a livello mondiale, ma anche quelli meno conosciuti che trovano qui un’importante vetrina. Il marchio interno Matter-Made ha fatto da trampolino di lancio a molti progettisti indipendenti, tra cui Rich Brilliant Willing e Stephen Burks. Tra le promesse in mostra oggi ci compaiono i newyorkesi Henry Julier e Vonnegut Kraft, e l’australiano Jonathan Zawada. Jamie Gray si affida alla propria sensibilità nella scelta dei designer da editare o distribuire. La sua è una selezione molto personale, influenzata da un ‘ quieto’ modernismo che incorpora tratti di classico e di neoprimitivismo. Gray non ricerca un’estetica purista o austera, ma un design funzionale capace di mostrare anche la radice storica del design e dell’artigianato americano.
Valentina Croci