La prima a intuire che i tempi erano maturi per essere anticipati è stata Elena Salmistraro, per indole incline a muoversi sull’incerta linea di confine tra arte e design e, per questo, attenta più al senso para-figurativo della forma che ai dettami di rigide dicotomie vetero-funzionaliste.
A tale proposito, la semplificazione visiva che caratterizza tanto le interfacce digitali quanto il look (e la morale) dei supereroi dei fumetti - indiscussi protagonisti delle maggiori produzioni cinematografiche degli ultimi anni - costituisce lo specchio del sentire di un’epoca, in cui il singolo, travolto da una complessità informazionale impenetrabile per eccesso di trasparenza, cerca rifugio in chiavi di lettura facili, bidimensionali, ‘grafiche’ della realtà.
Anche la preoccupante diffusione di teorie del complotto, nutrite dalla produzione di fake news, deriva dallo stesso bisogno di capire una densità di informazione che travalica le possibilità di decodifica da parte del singolo, il quale, per non esserne prevaricato, sceglie la via della semplificazione estrema, al punto da distorcere la realtà per farla aderire alla rassicurante comprensibilità delle narrative della cospirazione. E, invero, è proprio il sentore che qualcosa non del tutto risolto persista al di sotto del luccichio delle grafiche patinate a inficiare, come un virus, la fiducia nello scenario estetico contemporaneo, e richiamare per contrapposizione le energie primigenie delle culture pre-moderne.