Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo.

La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano.

L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo.

Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale.

“Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”.

“L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”.

“Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”.

Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”.

L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare.

“Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.

 

Valentina Croci

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“Soul Food”, Inti, Perù (4-16 settembre 2015)
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci
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“Soul Food”, Inti, Perù (4-16 settembre 2015)
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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The Vidiam mask, for the ‘deep future’ Carapace Project brand of MHOX, is conceived as a fossil of an evolution of the visual area caused by the need to conceal identity in an environment of overexposure. Based on the microstructure of the exoskeletons of shellfish and insects, the Carapace pattern works through biodigital simulation.
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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View of the sunroom from the dining room. In the foreground, Peacock armchair by Cappellini (design Dror Benshetrit) and hanging lamp by Tom Dixon. (Photo Georges Fessy)
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The internal staircase made by on-site assembly of bookshelves in Padauk wood to form the balustrade, with dynamic developments in the cross-section. (Photo David Brook)
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The entrance hall, an essential, empty space ‘ignited’ by 28 lightboxes produced by CAI-Light. The fluid design is underscored by the uniform oak surfaces with a chevron design of the wood flooring. In the foreground, Corallo Chair by the Campana brothers for Edra. (Photo David Brook)
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Ground floor plan.
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The bar space lined in red velvet, featuring round beige Thala stone slabs for the floor. (Photo David Brook)
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A corner of the studio is made sophisticated by the motifs of the walls clad in hand-glazed Portuguese tiles based on an oriental model, forming a whole with the wooden iconography and figures of the original coffered ceiling. (Photo David Brook)
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci
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“Soul Food”, Inti, Perù (4-16 settembre 2015)
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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The Vidiam mask, for the ‘deep future’ Carapace Project brand of MHOX, is conceived as a fossil of an evolution of the visual area caused by the need to conceal identity in an environment of overexposure. Based on the microstructure of the exoskeletons of shellfish and insects, the Carapace pattern works through biodigital simulation.
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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View of the sunroom from the dining room. In the foreground, Peacock armchair by Cappellini (design Dror Benshetrit) and hanging lamp by Tom Dixon. (Photo Georges Fessy)
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The internal staircase made by on-site assembly of bookshelves in Padauk wood to form the balustrade, with dynamic developments in the cross-section. (Photo David Brook)
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The entrance hall, an essential, empty space ‘ignited’ by 28 lightboxes produced by CAI-Light. The fluid design is underscored by the uniform oak surfaces with a chevron design of the wood flooring. In the foreground, Corallo Chair by the Campana brothers for Edra. (Photo David Brook)
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Ground floor plan.
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The bar space lined in red velvet, featuring round beige Thala stone slabs for the floor. (Photo David Brook)
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A corner of the studio is made sophisticated by the motifs of the walls clad in hand-glazed Portuguese tiles based on an oriental model, forming a whole with the wooden iconography and figures of the original coffered ceiling. (Photo David Brook)
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci
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“Soul Food”, Inti, Perù (4-16 settembre 2015)
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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The Vidiam mask, for the ‘deep future’ Carapace Project brand of MHOX, is conceived as a fossil of an evolution of the visual area caused by the need to conceal identity in an environment of overexposure. Based on the microstructure of the exoskeletons of shellfish and insects, the Carapace pattern works through biodigital simulation.
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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View of the sunroom from the dining room. In the foreground, Peacock armchair by Cappellini (design Dror Benshetrit) and hanging lamp by Tom Dixon. (Photo Georges Fessy)
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The internal staircase made by on-site assembly of bookshelves in Padauk wood to form the balustrade, with dynamic developments in the cross-section. (Photo David Brook)
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The entrance hall, an essential, empty space ‘ignited’ by 28 lightboxes produced by CAI-Light. The fluid design is underscored by the uniform oak surfaces with a chevron design of the wood flooring. In the foreground, Corallo Chair by the Campana brothers for Edra. (Photo David Brook)
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Ground floor plan.
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The bar space lined in red velvet, featuring round beige Thala stone slabs for the floor. (Photo David Brook)
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A corner of the studio is made sophisticated by the motifs of the walls clad in hand-glazed Portuguese tiles based on an oriental model, forming a whole with the wooden iconography and figures of the original coffered ceiling. (Photo David Brook)
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci
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“Soul Food”, Inti, Perù (4-16 settembre 2015)
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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The Vidiam mask, for the ‘deep future’ Carapace Project brand of MHOX, is conceived as a fossil of an evolution of the visual area caused by the need to conceal identity in an environment of overexposure. Based on the microstructure of the exoskeletons of shellfish and insects, the Carapace pattern works through biodigital simulation.
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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View of the sunroom from the dining room. In the foreground, Peacock armchair by Cappellini (design Dror Benshetrit) and hanging lamp by Tom Dixon. (Photo Georges Fessy)
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The internal staircase made by on-site assembly of bookshelves in Padauk wood to form the balustrade, with dynamic developments in the cross-section. (Photo David Brook)
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The entrance hall, an essential, empty space ‘ignited’ by 28 lightboxes produced by CAI-Light. The fluid design is underscored by the uniform oak surfaces with a chevron design of the wood flooring. In the foreground, Corallo Chair by the Campana brothers for Edra. (Photo David Brook)
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Ground floor plan.
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The bar space lined in red velvet, featuring round beige Thala stone slabs for the floor. (Photo David Brook)
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A corner of the studio is made sophisticated by the motifs of the walls clad in hand-glazed Portuguese tiles based on an oriental model, forming a whole with the wooden iconography and figures of the original coffered ceiling. (Photo David Brook)
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci
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“Soul Food”, Inti, Perù (4-16 settembre 2015)
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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The Vidiam mask, for the ‘deep future’ Carapace Project brand of MHOX, is conceived as a fossil of an evolution of the visual area caused by the need to conceal identity in an environment of overexposure. Based on the microstructure of the exoskeletons of shellfish and insects, the Carapace pattern works through biodigital simulation.
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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Era il 1934 quando Angelo e Giuseppina Molteni fondano un’azienda a Giussano per la produzione di mobili classici. Negli anni Cinquanta si contano oltre duecento addetti, ponendosi come una delle più grandi realtà europee e la prima in Brianza con un’organizzazione di tipo industriale per la produzione in serie. La storia di Molteni trasmette una visione strategica e idee innovative. È un caso paradigmatico della capacità italiana di creare interpretando il passato e rappresentando lo spirito del tempo. La mostra 80!Molteni, in programma dal 14 aprile al 30 giugno, stabilisce un fil rouge con la storia della Galleria d’Arte Moderna, costruita da Lodovico Barbiano di Belgiojoso alla fine del XVIII secolo. La dimora è stata riallestita alla fine degli anni Cinquanta da Ignazio Gardella per ospitare le collezioni degli industriali milanesi Carlo Grassi e Giuseppe Vismara, che seppero intrecciare le vicende professionali con la passione per l’arte. La mostra è altresì un modo per ripercorrere la storia del design italiano e della nascita del Salone del mobile, mai celebrato abbastanza per l’importanza che ha avuto per Milano. L’allestimento della mostra inserisce un altro livello di narrazione a un ambiente ricco di passato, affidandosi al progetto di Jasper Morrison. Spiega Francesca Molteni, che cura per l’azienda i progetti speciali: “Morrison si innesta su Gardella con un allestimento lineare, una cornice pura ed essenziale che non contrasta con l’ambiente già ricco. Lo abbiamo scelto per avere un giudice esterno, qualcuno che ci aiutasse a fare una selezione precisa”. Precisa il designer inglese: “Ho ripreso un dettaglio della libreria di Ponti [rieditata da Molteni nel 2012, ndr.]. E ho trasformato quei particolari divisori che richiamano delle pinne bianche in pareti di separazione su cui sono montati gli elementi espositivi, anch’essi bianchi”. Un riferimento formale che consente di creare una connessione non solo con la lunga storia dell’azienda, ma anche con il saper fare della Brianza, il più importante centro produttivo dell’arredo di quel periodo. Sono esibiti 44 prodotti a partire da Gio Ponti per proseguire, attraverso un percorso cronologico che arriva ai giorni nostri, con il mobile di Werner Blaser, vincitore della prima Selettiva del Mobile di Cantù del 1955, mostra che ha portato quel territorio al centro dell’interesse internazionale. Una sala è dedicata a Dada, azienda acquisita nel 1979, e due a UniFor, realtà nata nel 1969 che, grazie alla standardizzazione delle forniture per ufficio e a mobili quali il Modulo 3 di Bob Noorda del 1968, ha dimostrato da subito una vocazione internazionale. “Siamo stati tra i primi a concepire l’idea di un gruppo di aziende complementari che producono arredi sinergici tra di loro” spiega Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione di Molteni&C e Dada. “Nel 1969 si è aggiunto il marchio Citterio che ha introdotto, con il Programma 3 di Tito Agnoli, le prime pareti divisorie modulari per ufficio. Ma non è l’unica conquista tecnologica: Molteni è stata tra le prime a inventare il mobile componibile con la libreria 505 del 1970, un sistema a spalla portante che è evoluzione di Iride, l’insieme modulare a contenitori progettato da Luca Meda nel 1968. Oppure l’armadio 7volte7, tra i primi complanari”. “L’incontro con Luca Meda nel 1968” continua Francesca Molteni “ha sancito il passaggio al mobile moderno e ha portato collaborazioni con progettisti quali Tobia Scarpa e Aldo Rossi. L’allestimento si integra con il sito 80.molteni.it che presenta approfondimenti multimediali sulla storia, i riconoscimenti all’azienda e testimonianze di chi ne ha vissuto le vicende, come Werner Blaser, Manlio Armellini del Cosmit [con lui Angelo Molteni è stato tra i fondatori del Salone del Mobile, ndr.], Giuseppe Nera direttore di produzione, Tobia Scarpa, il presidente e AD del Gruppo Carlo Molteni e il presidente di Unifor Piero Molteni”. “Fare ricerche specifiche sulla produzione” prosegue Giulia Molteni “ci ha fatto riscoprire il nostro dna. Il legno è punto di partenza: siamo stati i primi a compiere in azienda tutto il ciclo produttivo dall’acquisto del tronco, alla tranciatura – realizzata anche per altre aziende della Brianza – al pezzo finito. Abbiamo acquisito macchine in Germania per asciugare il tranciato e una pressa a piani per il multistrato. L’industrializzazione è partita già con i mobili in stile che, contrariamente alla prassi del luogo, venivano prodotti in serie. Ciò ha consentito un accurato controllo della qualità che è da sempre l’ossessione dell’azienda”. Aggiunge Francesca: “L’esperienza con l’archivio di Gio Ponti ci ha consentito di scoprire tesori e fatto comprendere l’importanza di sistematizzare la storia e le informazioni. Con la riscoperta dell’archivio aziendale, invece, abbiamo fatto una sorta di esame di coscienza, facendo rivivere progetti e figure professionali che altrimenti andrebbero dimenticati”. L’archivio Molteni è stato digitalizzato secondo il sistema regionale della Lombardia e sarà in rete con altri fondi archivistici, proponendosi come uno strumento di ricerca per le università. Al progetto della mostra, che si concluderà il 30 giugno, seguirà quello del museo aziendale presso la sede di Giussano che aderirà al circuito dei Musei d’Impresa. Anch’esso si avvarrà del progetto di Jasper Morrison. Museo, fondazione, Glass Cube e il padiglione QallaM sono tutti episodi di uno stesso racconto sull’identità aziendale che la famiglia Molteni ha concepito con l’idea di farne un patrimonio fruibile all’esterno e soprattutto alla Brianza che, pur essendo la patria del mobile in legno, non ha né musei aziendali né testimonianze del suo saper fare. “Da questo tipo di operazioni” concludono le due sorelle “si analizzano gli errori e il proprio percorso, ma si comprende anche l’importanza di sintonie umane e professionali. Da qui si traggono le energie progettuali e culturali per andare avanti e trasferire un’importante eredità sulle spalle delle nuove generazioni. Le nostre mani sono le nostre vere risorse, ma talvolta non siamo in grado di metterle in risalto. Le nuove energie risiedono nel nostro passato e nella capacità di proiettarlo al futuro. Abbiamo ancora tanto da dire su un concetto di design italiano che deve rivolgersi ai nuovi mercati senza paura di essere copiato o contaminato. E che necessita di innovazioni non tanto stilistiche quanto tecnologiche e di progetto, in grado di accogliere le differenze di culture ed esigenze e di allargare la visione italiano-centrica dell’abitare”.   Valentina Croci [gallery ids="54843,54877,54879,54881,54883,54885,54887,54889,54891,54893,54895,54897,54899,54901,54903,54905,54907,54909,54911,54913,54915,54917,54919"]
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View of the sunroom from the dining room. In the foreground, Peacock armchair by Cappellini (design Dror Benshetrit) and hanging lamp by Tom Dixon. (Photo Georges Fessy)
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The internal staircase made by on-site assembly of bookshelves in Padauk wood to form the balustrade, with dynamic developments in the cross-section. (Photo David Brook)
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The entrance hall, an essential, empty space ‘ignited’ by 28 lightboxes produced by CAI-Light. The fluid design is underscored by the uniform oak surfaces with a chevron design of the wood flooring. In the foreground, Corallo Chair by the Campana brothers for Edra. (Photo David Brook)
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Ground floor plan.
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The bar space lined in red velvet, featuring round beige Thala stone slabs for the floor. (Photo David Brook)
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A corner of the studio is made sophisticated by the motifs of the walls clad in hand-glazed Portuguese tiles based on an oriental model, forming a whole with the wooden iconography and figures of the original coffered ceiling. (Photo David Brook)