Il ME Milan il Duca, hotel milanese del gruppo spagnolo Melià, inaugurato lo scorso primo maggio, ha scelto come architettura per la sua presenza in città l’edificio che Aldo Rossi aveva ristrutturato e ampliato alla fine degli anni ’80 in occasione dei Mondiali di Calcio.
In occasione di quell’intervento il maestro milanese descriveva l’immagine degli hotel limitrofi come “un’architettura di maniera, sostanzialmente povera e già obsoleta in pochi anni […] costruita per soddisfare il gusto di una tecnica d’invenzione”. Si trattava di quella architettura in bilico tra revival e copia stilistica di sapore ottocentesco cui l’opera urbana del progetto rossiano si contrapponeva in modo deciso e inequivocabile.
La nuova immagine della costruzione, pensata “come un blocco edilizio di notevole importanza nel paesaggio urbano”, così come è ancora oggi restituita alla città, presenta il fronte principale di beola, anticipato da un corpo basso aggettante segnato da quattro possenti colonne cilindriche di marmo bianco di Carrara, scandito da cinque lesene tra cui si sviluppano le aperture metalliche verdi scure.
Gli ultimi piani sono in cotto come i fronti laterali e il blocco aggiunto sul retro, affacciato su via Marco Polo, definito come “un’architettura razionale in mattoni e tagli regolari delle finestre”. Negli anni ’90 pareva perlomeno anacronistico notare come negli interni (che Rossi non aveva seguito) di questa rigorosa architettura per la città, si sviluppasse, stridendo come un gesso sulla lavagna, un’immagine ‘barocca’ e ‘in stile’, secondo gli standard figurativi posticci della compagnia alberghiera, completamente avulsa dagli intenti del contenitore architettonico.
Si deve all’intervento compiuto oggi da Arassociati, che di Rossi sono stati allievi e stretti collaboratori, insieme a Nicola Gallizia e Alvaro Sans, la restituzione di quest’opera alla contemporaneità e la reinvenzione dei suoi spazi secondo nuove linee d’intervento autonome rispetto alla grammatica rossiana, ricche d’invenzione e sensibilità anche rispetto alla storia del design italiano che, accanto alla studiata selezione degli arredi su disegno, è presente in modo armonico e significativo, sottolineando la vitalità di pezzi storici tuttora in produzione.
L’hotel accoglie oggi 132 camere di cui 34 suite, un nuovo giardino segnato da una pergola centrale in asse all’ingresso è stato ricavato al piano terreno verso strada, mentre la terrazza esistente ubicata sulla copertura del corpo basso in aggetto è riservata alle due suite presidenziali del primo piano.
Dal punto di vista architettonico sulla copertura dell’edificio è stato ricavato un nuovo roof garden con sala per colazioni e sky bar, circondati da ampi spazi terrazza; i nuovi volumi arretrati rispetto al filo facciate, vetrati e leggeri dal punto di vista compositivo non alterano la sagoma originaria che rimane valorizzata dal nuovo intervento.
Per accedere al piano panoramico in sommità, dal punto di vista normativo, è stata creata una nuova scala esterna ubicata nello spazio laterale arretrato che marca la connessione tra edificio preesistente e ampliamento. Qui la scala si offre come volume metallico monolitico, rivestita con una fitta rete di acciaio a listelli orizzontali; elemento d’innesto verticale che si confronta con le murature esterne di mattone faccia a vista.
Nell’ingresso al piano terreno una nuova scala ellittica di metallo bronzato è stata costruita in sostituzione di quella esistente sulla sinistra, di fronte al bar e alla lobby, per accedere direttamente al ristorante STK Milan. L’ingresso verso la reception è sottolineato da due pareti prospicienti composte da setti di legno ondulati che creano un percorso scultoreo verso il bancone di marmo nero che accoglie, sulle sue estremità, due lampade d’eccezione: una coppia di Atollo dorate di Vico Magistretti, Compasso d’Oro 1979.
Sono due pezzi di design ‘senza tempo’ che si affiancano nella lobby e nell’avvolgente zona library ad altri classici del disegno italiano, come l’Elettra di B.B.P.R. (Arflex), e le poltroncine di Gio Ponti, recentemente rieditate da Molteni&C che ha realizzato nell’hotel tutti gli arredi su disegno che ben si miscelano agli storici.
L’idea di impiegare alcune icone della storia del design italiano, nello specifico legate alla realtà milanese, nell’intento di proporre una sorta di museo attivo e d’interazione, prosegue su ogni pianerottolo di sbarco degli ascensori, caratterizzati dal pavimento di mosaico marmoreo (Fantini Mosaici), con una rassegna di poltrone d’autore posizionate in coppia a rappresentare la variegata identità di una storia tutta italiana.
Insieme agli arredi su disegno anche alcune lampade sono state appositamente studiate e prodotte da Oluce per questo progetto, come le applique circolari dei corridoi e le abat-jour delle camere. Qui il disegno degli arredi ancora si miscela a pezzi storici come le sedie di alluminio Montecatini di Gio Ponti (Molteni&C), all’interno di una studiata palette materico-cromatica e di una tensione verso la definizione di alcuni ‘arredi architettonici’, come il letto a baldacchino dalla forte geometria di riferimento.
Lavorando all’interno di un hotel esistente, alcuni elementi sono stati conservati come una serie di bagni marmorei e la scala centrale rivestita di listelli lignei a creare un nuovo dinamico vano a doppia altezza. Un intervento di riforma complessiva in un’opera di architettura milanese significativa, che ha saputo riqualificare gli spazi interni seguendo il segno contemporaneo e il confronto con la storia del design milanese, rappresentato da una calibrata selezione di pezzi d’eccezione.
foto di Pietro Savorelli – testo di Matteo Vercelloni

