Di Antonella Boisi

C’è una grande arteria che parte da piazza della Scala e arriva fino a piazza Gae Aulenti, nella Milano che cambia, che sale, che si pedonalizza e che si prepara a celebrare, con Expo 2015, il grandioso tema del ‘nutrimento’. In questa situazione davvero unica che rende percettibile il profondo ancoraggio della città storica con il suo territorio e con i suoi luoghi, nella proiezione di una promenade urbana ancora punteggiata di portici, gallerie, botteghe di sapore artigianale si giunge fino a piazza XXV Aprile. Qui, dentro tracciati di shopping, fashion, cultura ed eventi, si è configurata una nuova isola food, strutturata e strategicamente vincente, con due straordinarie campionature della cultura del cibo del Mediterraneo integrate in una città del terzo millennio: Eataly Smeraldo Milano e Princi.

“Perché il food di qualità italiano è diventato il primo entertainment urbano, propulsore della percezione di una nuova dimensione contaminata molto ricca e trasversale rispetto ai consumi” spiega Patricia Viel partner di Antonio Citterio nello studio milanese Antonio Citterio Patricia Viel Interiors che ha curato il progetto di Princi. “Siamo a ridosso di Corso Como, delle nuove residenze dell’area Garibaldi, della nascente Fondazione Feltrinelli. Consapevole della singolarità di questa location, Rocco Princi ci ha chiesto di aiutarlo a ripensare la sua già bellissima panetteria, dove il livello qualitativo e il contenuto artigianale dei prodotti da forno resta molto alto, per origine e acquisto delle materie prime e per freschezza quotidiana della panificazione, trasformandola in qualcosa d’altro: un ristorante di nicchia, segreto e riservato, curato nei dettagli, dove innestare altri momenti di consumo, fino al dopo cena, declinati con la cucina di carne e di pesce dello chef Valentino Russo”.

Il progetto architettonico per essere davvero internazionale ha bisogno di essere supportato da una gestione manageriale del processo creativo. Dunque, continua Viel “Abbiamo messo sotto vetro, ma completamente a vista, la cucina, il cuore del luogo, l’aula di un’educazione al cibo davvero stimolante, soprattutto per il visitatore straniero. Il bancone è stato ridisegnato come un lungo tavolo di 10 metri integrato nell’atmosfera del ristorante che si compone di altri tavoli di diverso tipo, fino al dehors belvedere sulla piazza. Poi, per uscire dal clichè del luogo per la colazione del mattino, abbiamo scurito tutto l’ambiente, sofisticato dalle luci messe a punto da Metis Lighting, privilegiando materiali lasciati al naturale, senza finitura: pietra basalto per le pareti, legno brunito a tozzetti di massello per il pavimento e i piani dei tavoli tagliati a sega – un modo per sottolineare l’autenticità di tutti gli ingredienti in gioco affiancati dalla collezione di piatti in ceramica, che sono il risultato di un progetto seguito direttamente da Rocco Princi con il gruppo di giovani italiani che producono a Bali, di Gaya Ceramic”.

Eataly Smeraldo Milano, il 25esimo super store di Oscar Farinetti, all’insegna delle “cose buone, sane e giuste”, si apre proprio sull’altro lato della piazza XXV aprile, negli spazi riconvertiti, su progetto degli architetti Carlo Piglione e Thomas Bartoli con lo studio Bartoli, dell’ex Teatro Smeraldo. Una location iconica, dal 1942, della cultura meneghina legata alla musica e al varietà, come ricorda ancora l’ingresso tappezzato di gigantogafie di miti della canzone. È stato inaugurato il 18 marzo scorso, giorno in cui esattamente 166 anni prima, nel 1848, iniziavano le storiche cinque giornate di Milano. Una data benaugurante per il nuovo Risorgimento del ‘mercato’, secondo la filosofia di Mr Eataly: “la democraticità dei consumi deve incontrare l’estrema qualità dell’agroalimentare made in Italy, conoscenza didattica del ‘saper fare’ dei territori italiani e possibilità di fare esperienza dal vivo”.

Un alto grado di entertainment, insomma, che nella fattispecie si accompagna al piacere per la musica live che ogni sera, dalle 19 a mezzanotte, riserva a tutti il palco centrale di forma semicircolare su cui campeggia un bel pianoforte a coda nero, chiara evocazione del genius-loci. È visibile da ogni punto del ‘tempio’ del cibo da gustare, degustare e studiare: 5000 mq articolati su quattro piani, per dieci mila prodotti in vendita,19 corner di ristorazione, due aule a tema cucina risolte da Arclinea e Valcucine, due sale conferenze. Una costruzione forte sul piano narrativo, aperta e luminosa, segnata da quattro maestose colonne in tesserine di mosaico verde cangiante, il grande lucernario vetrato centrale sul cielo di Milano e scenografiche vetrate sulla piazza. Così, tra artigiani che impastano, arredi in bianco e trasparenti di Kartell, lampade verdi create appositamente da iGuzzini, il potente spettacolo continua, declinando il format dei negozi del futuro: la proposta di un’esperienza emozionale integrata per aree tematiche.

Mixare consumo, intrattenimento, didattica, affiancando cibo, design, cultura, eventi è una tendenza che si registra in modo chiaro anche nel mondo della moda. Mangiare e comprare, 50% food e 50% fashion (tra brand di altagamma e di ricerca, trasversali nei prezzi), è la formula scelta dal megastore The Brian&Barry di via Durini (con affaccio su piazza San Babila), inaugurato il 21 marzo scorso nel palazzo anni Cinquanta progettato da Giovanni Muzio e reinterpretato nel layout dagli architetti dello studio C&P di San Donà di Piave. Si ispira agli store internazionali, abbinando il meglio del made in Italy come moda, gusto, cosmetica, design, gioielleria, orologeria, con il meglio di ciò che viene realizzato nel resto del mondo. Il tutto coniugato con diverse possibilità di food market e di sosta ristorazione, dentro una factory di 6000 mq, sviluppata su12 livelli: una scatola minimale e modulare che vive di luce e leggerezza, vetrine e teche, verticalità e dinamismo di ascensori e scale.

Due piani (il terzo e il quarto) sono dedicati alle proposte di Eataly (tra i principali partner del progetto) e uno (il nono), arredato da Flexform, è riservato al ristorante di Asola Cucina Sartoriale, dove lo chef Matteo Torretta si fa interprete della tradizione italiana in chiave internazionale, mettendo i commensali seduti attorno all’ampio bancone per assistere “live” alla preparazione dei suoi piatti. Dunque, la cucina come un atelier, lo chef come un sarto: food e fashion stanno diventando due experience di shopping sempre più legate da un rapporto biunivoco. Il segreto è presto svelato: la rivoluzione digitale ha cambiato radicalmente il modo di fare retail e anche di riconoscere il valore di un marchio. Tutto è più fluido e ai flagship store monomarca di ieri come sinonimo di identità di un brand si stanno affiancando i pop up store: la coesistenza, all’interno dello stesso building, di dimensioni diverse che suggeriscono nuovi stili di consumo. Una tendenza.

In questo senso, il 26 marzo scorso ha inaugurato a Milano anche Donizetti, 2700 mq che si affacciano su piazza di Città di Lombardia con il palazzo della Regione. Questi sono stati dedicati ai creatori del gusto: artigiani, produttori e cuochi che espongono il loro ‘saper fare’ in una relazione diretta con il consumatore. “Un concept store enogastronomico all’interno di un network strutturato, che contempla appuntamenti di show cooking, sfide amichevoli tra chef e designer, accompagnamenti musicali d’autore”. Perché nel tempo libero sembra sempre più sentita l’esigenza di riportarsi al reale, sperimentando qualcosa di unico e liberato da paradigmi di genere precostituiti. Come può diventare bello riscoprire nuovi luoghi di incontro in città, anche in chiave relazionale, e, talvolta, il fascino di architetture di riferimento della nostra storia e cultura restituite a nuova vita.

 

Antonella Boisi

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Il nuovo Princi di piazza XXV Aprile a Milano, locale prima solo destinato ai prodotti da forno di alta gamma che ora integra un piccolo ristorante di nicchia, curatissimo nei dettagli, affidato alla cucina mediterranea ‘a vista’ dello chef Valentino Russo. Progetto di Antonio Citterio Patricia Viel Interiors. Foto Leo Torri.
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Eataly Smeraldo Milano, il super store di Oscar Farinetti, in piazza XXV Aprile, aperto negli spazi riconvertiti, su progetto di Carlo Piglione e Thomas Bartoli con lo studio Bartoli, dell’ex Teatro Smeraldo. La proposta di un’esperienza food, rigorosamente made in Italy, integrata per aree tematiche (consumo, musica live, intrattenimento, didattica, eventi). Arredi di Kartell e Knoll Int., luci iGuzzini.
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Uno scorcio del ristorante gourmet di pesce Alice di Viviana Varese, al secondo piano di Eataly Smeraldo Milano, con il tavolo dal piano in Kauri neozelandese lungo sei metri disegnato da Renzo e Matteo Piano realizzato da Riva 1920. Foto Riccardo Bucchino.
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Donizetti, nuovo epicentro milanese del gusto che si affaccia su piazza di Città di Lombardia che ospita il palazzo della Regione (progettato da Pei Cobb Freed & Partners di New York e da Caputo Partnership e Sistema Duemila di Milano).
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Il progetto d'interior di Donizetti è di Fabio Vinella. Foto Alvise Silenzi.
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Le isole (in/out) di Donizzetti sono dedicate a artigiani, produttori e cuochi che espongono il loro 'saper fare' in un rapporto diretto con il consumatore.
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Il megastore The Brian&Barry di via Durini con affaccio su piazza San Babila a Milano, che occupa un palazzo anni Cinquanta progettato da Giovanni Muzio reinterpretato nel layout degli interni dagli architetti dello studio C&P di San Donà di Piave. Dodici piani dedicati al fashion e al food di altagamma. Non solo italiano. Un’esperienza di shopping integrata.
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Vista del primo piano Beauty di TheBrian&Barry realizzato in collaborazione con Sephora
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Nono piano di TheBrian&Barry riservato al ristorante di Asola Cucina Sartoriale, affidato alla cucina ‘live’ dello chef Matteo Torretta e arredato da Flexform. Foto Paolo Picciotto.