Cube House, Circle House, Symmetric House, Quiet House, Little House (in queste pagine). Sono solo alcune delle case realizzate dall’architetto giapponese Naoyuki Shirakawa, ‘maestro’ nel progettare microabitazioni: spazi disegnati da una manciata di metri quadri che senza gesti spettacolari danno vita ad architetture uniche, eleganti, funzionali, capaci di rinunciare a qualunque forma di esibizione ma non alla poesia.

Un ostinato lavoro professionale quello di Shirakawa, che dura da quasi 30 anni (il primo studio a Tokio, nel 1987) sempre concentrato sulla qualità, sulla ricerca di pochi e perfetti dettagli, sulla voglia di sperimentare.

E se Shirakawa ‘pensa in piccolo’ nel progetto sono invece considerevoli i premi e i riconoscimenti ottenuti dai suoi lavori: dalle ‘sue’ minicase ai progetti di più ampio respiro, come ‘The Sun Aqua Toto Factory’, la fabbrica del più importante produttore giapponese di sanitari, Shirakawa riesce sempre a stupire e a catturare l’attenzione internazionale. Come? Mettendo al centro dei suoi lavori “la memoria del passato e la speranza per il futuro”, come lui stesso ha voluto ricordarci.

Da questo punto di vista la Little House di Kobe è esemplare. Spiega l’architetto: “Nel 1995 la città di Kobe, nota sin dai tempi antichi per le sue bellissime case, venne colpita da un violento terremoto: le abitazioni, quasi tutte di legno con le tegole in cotto come vuole la tradizione giapponese, vennero distrutte insieme ai loro rigogliosi giardini.

Così quando ho cominciato ad occuparmi di questo progetto – il committente è una giovane coppia con due bambini – ho pensato che dovevo lasciare una traccia di quell’evento drammatico ma contemporaneamente creare una speranza. Così”, continua il progettista, “ho messo nel giardino le ‘roofing tiles’ che il terremoto aveva scardinato dai tetti delle case distrutte, mentre sulla copertura ho portato la terra dei giardini. Insomma ho invertito semplicemente i ruoli”.

Il motivo? ”Ricordare lo shock di quel devastante terremoto ma far ripartire la vita con nuove piante che miracolosamente cresceranno sul tetto” conclude Shirakawa.

Testo di Laura Ragazzola – Foto di Koji Kobayashi