Le aziende italiane dell’arredo sembrano osservare con crescente attenzione i progettisti che non hanno una formazione o un’esperienza strettamente legata al design industriale. Una tendenza che si rafforza in uguale misura a quella di affiancare ai prodotti di catalogo collezioni ‘d’autore’ o serie limitate.
Gli imprenditori del design oggi volgono lo sguardo a visioni alternative, capaci di rileggere e interpretare la loro produzione secondo un punto di vista meno omologato. Allo stesso tempo, designer più giovani partono spesso dalla sperimentazione libera su materiali e idee che poi trovano la strada dell’industria.
E la declinazione a scala industriale di una ricerca solitamente sviluppata per le limited edition rivela risultati inediti, capaci di indicare nuove modalità di approccio e di sviluppo dei prodotti di serie. È il caso di tre giovani designer italiani che, dopo una più o meno lunga militanza nel campo dell’art design e dell’autoproduzione, quest’anno hanno ricevuto la consacrazione ufficiale dal parte delle major dell’arredo.
Per Giacomo Moor, progettista milanese recentemente insignito del titolo di Miglior giovane designer dal Salone del Mobile.Milano Award, il salto di scala è avvenuto sotto il segno di Acerbis International.
“L’obiettivo mio e di Massimo Castagna, nostro direttore artistico”, spiega Enrico Acerbis, titolare dell’azienda, “era avviare collaborazioni con nuovi designer che fossero sopratutto giovani e non ancora conosciuti, in grado di stimolare il processo creativo con progetti e idee pensati per la nostra azienda a partire da un brief preciso.
La scelta si è indirizzata su Moor dopo aver notato alcuni suoi progetti che si dintinguevano per il carattere forte, il segno pulito e il sapiente uso della materia”. Aggiunge il designer: “La loro richiesta non è stata per nulla banale: mantenere il segno e il linguaggio delle mie edizioni limitate, cercando di sfruttare il valore aggiunto di una produzione industriale.
L’incastro pensato per la libreria Outline nasce proprio da questa esigenza: sostituire la tenuta di un giunto a coda di rondine, costoso e quindi non adatto all’industria, con un profilo tondo di ferro già in commercio che, scivolando in una sede in legno, può tenere insieme l’intera struttura.
Un percorso personale basato sulla conoscenza di un materiale e sulle possibilità di applicazione è un bagaglio utile a priori. Per esempio, nella collezione Palafitte il bambù, una fibra naturale lavorabile come il legno, è stata il pretesto per creare un paesaggio di microarchitetture. Oppure, tecniche come la curvatura a vapore del legno diventano l’occasione per trovare nuove applicazioni.
Ma per far sì che queste competenze diano vita a un prodotto industriale è imprescindibile il know-how di un’azienda, la sue rete commerciale e industriale. La sperimentazione libera indirizzata a un piano strategico aziendale crea il mix perfetto”.
Il progetto di design porta con sé un valore intangibile al di là della mera materia o funzione. E in un mercato globale con infinite nicchie di utenti si chiede ai prodotti un ‘qualcosa in più’: “un tangibile senso di artigianalità e unicità che solo la particolarità di alcune lavorazioni e soluzioni tecniche e l’uso di materiali ricercati può dare. Oggetti più vicini all’arte o all’artigianato che al prodotto industriale realizzato in grande serie, magari anche localmente”, spiega Acerbis.
Ed è per questo che le aziende differenziano la loro produzione avvicinandosi alla capacità espressiva che il design da collezione sa trasmettere.
Anche per Cristina Celestino questo è stato un anno importante di conferma e grande lavoro: ha presentato una serie in vetro borosilicato per il proprio marchio di autoproduzione Attico, ha affrontato per la prima volta un progetto di rivestimenti con BottegaNove, lavorando in maniera sperimentale su ceramica e porcellana, ed è stata protagonista di una collezione in vetro in lastra per Tonelli Design, disegnata in base a un preciso brief progettuale.
“Una designer come Cristina, con il suo segno molto femminile, rispondeva all’esigenza dell’azienda di realizzare prodotti armoniosi in dialogo con la naturale freddezza della lastra di vetro”, spiega Michele Gasperini, art director di Tonelli Design.
“Crediamo che la lavorazione del vetro piano sia ancora agli inizi del suo sviluppo con possibilità di crescita notevoli e imprevedibili. Sarebbe un limite, piuttosto che un vantaggio, quello di lavorare con designer prettamente industriali. L’approccio di chi non è esperto di vetro ci consente di vedere il materiale con occhi nuovi e curiosi”.
La collezione Opalina interpreta la tradizionale tipologia della toeletta abbinata a un materiale inconsueto. Può trasformarsi in scrittoio e a livello visivo gioca con le curve arrotondate e gli incastri tra le lastre.
“Da alcuni anni studio il vetro borosilicato”, precisa Cristina Celestino. “Quello in lastra, nella cui lavorazione Tonelli design è leader, rappresentava quindi un lido inesplorato da conquistare. Fondamentale è l’incontro con la realtà produttiva, soprattutto se si tratta di materiali che non conosco approfonditamente.
La collezione Opalina è nata dopo due anni di lavoro. E avere a disposizione il know-how di un’azienda importante è un’opportunità che il mondo delle limited edition non offre, anche a causa dei limiti economici che spesso presenta la produzione in piccola serie”.
Il mondo dell’industria sta attraversando un momento di grandi cambiamenti dettato non solo dalla congiuntura economica globale, ma anche dal riassetto del sistema design e del rapporto designer-azienda-utente finale. “In uno scenario sovraccarico di offerta”, continua Celestino, “è importante maturare un linguaggio personale e acquisirne consapevolezza. Le sperimentazioni su materiali o lavorazioni di Attico mi sono servite a questo.
Oltre all’aspetto funzionale che si rifà a tipologie consolidate, introduco elementi formali iconici che fanno riflettere sull’attitudine del prodotto. Con espedienti ironici o dettagli riconducibili a mondi diversi, propongo una lettura più profonda dell’oggetto, che attinge a una memoria emozionale e, quindi, innesca un cambiamento nel modo di vivere il prodotto”.
Il mercato, nella ricerca di prodotti meno omologati, chiede oggetti stimolanti a livello d’esperienza. Anche quando si tratta di prodotti di chiara impronta industriale, come i sistemi modulari d’arredo. Così nasce la collaborazione tra Novamobili e lo studio Zanellato/Bortotto.
Racconta Paolo Bianchin, amministratore delegato dell’azienda: “Con Margherita Rui, art director di Novamobili e direttore creativo di Dogtrot, abbiamo selezionato giovani designer capaci di captare le esigenze contemporanee dell’abitare e di reinterpretare secondo la loro sensibilità progettuale il sistema modulare già presente a catalogo.
Iniziare una collaborazione di questo genere significa dare vita a un percorso progettuale condiviso e ridefinire l’identità globale dell’azienda. Con l’installazione Exquisite Jungle, Zanellato/Bortotto hanno creato un vero e proprio mondo immaginato all’interno delle mura domestiche, ricercando funzioni e modalità d’uso inedite nella zona living e trasformando l’ambiente in un prezioso scrigno con materiali ricercati quali rame, vetro e marmo”.
Giorgia Zanellato e Daniele Bortotto si dedicano da sempre all’esplorazione di nuovi percorsi progettuali attraverso cui hanno elaborato una personale metodologia e identità. Spesso partono da un racconto geografico, dai segni e dai materiali del territorio con cui instaurano una speciale connessione – si veda la limited edition Acqua Alta, che è stata poi traslata nel tappeto a mosaico per Cappellini.
“La mentalità delle aziende sta cambiando”, commentano i due designer. “L’industria si dimostra più disponibile a seguire la strada della sperimentazione e a fare della ricerca una carta vincente, accettando la contaminazione con il mondo dell’arte e della piccola serie. Un designer ha bisogno del dialogo con l’azienda, è un passaggio fondamentale.
La sfida è adattare alle esigenze della produzione e del mercato uno sguardo forse più ampio e particolare che cerca, attraverso la progettazione di un determinato prodotto, di raccontare una storia. Tra industria e limited edition ci sono certamente differenze nei materiali, tecniche produttive e nei target di mercato, ma ciò che può accomunare questi mondi è una visione del progetto che non ponga confini e che si proponga di stimolare il pubblico con prodotti interessanti e intelligenti”.
Testo di Valentina Croci

