Nel 1985 Italo Calvino venne invitato dall’Università di Harvard a tenere sei lezioni su altrettanti ‘valori’ da portare nella letteratura del nuovo millennio. Le lezioni non si tennero mai, per la morte improvvisa dello scrittore, che fece però in tempo a preparare i testi dei primi cinque interventi, pubblicati postumi con il titolo di Lezioni americane.
La traiettoria così delineata da Calvino attraverso i valori della leggerezza, la rapidità, l’esattezza, la visibilità e la molteplicità suggeriva già da allora un ponte tra la consistenza ‘inerziale’ del secolo breve e la grana informatizzata del nuovo millennio. Proprio su quel ponte sembra oggi camminare uno dei filoni più freschi del design americano, che declina la tradizione pragmatica, svelta e concreta del progetto ‘di frontiera’ nella sorvegliata levità di tanto progetto transnazionale contemporaneo.
È dunque la leggerezza il primo valore individuato da Calvino nella sua rassegna, derivata da un lavoro sulla scrittura che aveva visto l’inventore di Marcovaldo togliere progressivamente peso ai suoi personaggi fino a farne delle ‘figurine’ bidimensionali prive di sviluppo a tutto tondo. Da allora, anche i segni del progetto si sono fatti più leggeri, affilati e figurali, come nel caso della Miami Vertical Shape di Jonathan Muecke, una lastra di alluminio sagomata come la scenografia di un cartone animato.
Un simile alleggerimento procura al movimento anche maggiore velocità, e ciò introduce al secondo valore scelto da Calvino, la rapidità, intesa non come scorciatoia che taglia il percorso ma come sveltezza connettiva che unisce i più distanti nodi concettuali tramite l’agilità del raccordo e la ‘fantasia degli esempi’.
Sono qui le lampade in legno di John Procario a rendere con il segno svettante della loro scultorea la rapidità dell’allacciamento ‘sinaptico’ nell’era di internet. E dato che le traiettorie connettive sono tanto più veloci quanto più sono esatte, l’esattezza rappresenta il valore individuato da Calvino per la terza lezione, intesa come disegno definito, profilo incisivo, bisturi che cesella un lessico figurale ‘icastico’ da tenere fermo contro l’ondeggiare approssimativo del mondo.
In questo senso, le sedute in materiale riciclato di Chris Rucker pongono in essere un recupero formale di quella vasta approssimazione materiale (leggi scarto) che rimane come residuo dei processi produttivi, qui contenuto in un severo disegno oggettuale costruito per piani e angoli retti.
Ora, foggiare una massa amorfa vuol dire già renderla visibile, e siamo così alla visibilità, il quarto valore inserito da Calvino nella sua lista, a proposito del quale lo scrittore si chiedeva se sarebbe stato ancora possibile nel nuovo millennio ‘visualizzare’ ulteriori mondi fantastici, data l’inflazione di immagini a cui siamo esposti. In effetti, le immagini sono oggi a tal punto onnipresenti da assumere una vera e propria consistenza tangibile.
E tuttavia, è proprio questa dimensionalità aumentata, di cui soprattutto le immagini digitali sono portatrici, che può forse fornire una risposta positiva alla domanda di Calvino, così come appare esemplificata da un progetto quale il tagliere Hex di Jonah Takagi, che trae senso estetico proprio dall’ispessimento tridimensionale di un’immagine. Mentre però la tradizione figurativa rinascimentale ricavava lo spazio prospettico nella profondità ‘al di là’ del quadro, il tridimensionale prodotto dal digitale si sviluppa ‘al di qua’ del piano, erigendo dalla parte dello spettatore/utente uno spazio olografico non solo da vedere ma da toccare e con cui freneticamente interagire.
E nella misura in cui questo ispessimento del visibile genera moltiplicazione, giungiamo alla quinta lezione, dedicata alla molteplicità, intesa come labirinto del visibile in cui l’utente può facilmente perdersi perché non vi si trova di fronte, ma dentro. Illustrata dalla tessitura rizomatica di un pezzo parietale come Square Root di Phillips Collection, questa trama di connessioni torna a ricongiungersi al primo valore esaminato, quello della rapidità connettiva.
Perché “ogni vita” dice Calvino, e le sue parole suonano come un vero e proprio manifesto del design “è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili”.
Testo di Stefano Caggiano