Chi non conosce il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di via San Vittore 21, a Milano? È uno dei poli culturali più stimolanti della città, di lunga memoria storica, che, dallo scorso aprile, si è arricchito di un nuovo suggestivo spazio, quello delle Cavallerizze, le scuderie ottocentesche degli austriaci, restaurate e riconvertite come location di mostre ed eventi, in primis quelli della XXI Triennale.
Merito del progetto curato dall’architetto museografo Luca Cipelletti/studio AR.CH.IT di concerto con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, le Soprintendenze e il Comune di Milano, che ha concesso al Museo il diritto di superficie sull’area (2.300 metri quadrati di cui 1.800 espositivi).
Cipelletti, 42 anni, così racconta questa bella avventura, iniziata nel 2006 e concretizzata in soli 90 giorni di cantiere: “L’idea è stata quella di procedere per sottrazione ed equilibrio, all’interno di un sistema estremamente complesso di preesistenze, stratificazioni, ferite e lacerazioni.
Nello specifico, dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, i volumi delle Cavallerizze versavano in uno stato di forte degrado. Si è trattato di ricostruire quelli distrutti e al contempo valorizzare il carattere di autenticità delle parti preservate, mantenendo dialettico il dialogo tra recupero e intervento contemporaneo.
Centrare in modo radicale il progetto sulla realizzazione di una galleria prospettica che funge da testata ai volumi storici e da facciata verso la piazza a settentrione – un percorso lineare lungo circa 80 metri, impostato sull’asse di attraversamento dei giardini del monastero Olivetano che era in origine questo luogo – è diventato il gesto di una ricucitura filologica che, funzionale sul piano distributivo all’utilizzo delle Cavallerizze, si inserisce in una visione di risistemazione più complessiva dell’impianto museale; nell’ottica di spostare in futuro l’ingresso del Museo della Scienza da via Olona, verso le metropolitane.
Dal canto suo, la nuova arteria urbanistica, architettonica, di attraversamento degli interni si è tradotta in un muro materico vibrante e quasi brutalista, rivestito con un intonaco rigato e cementizio, stirato a mano, sullo stesso calibro dei mattoni in laterizio rosso recuperati, che restano l’unico elemento cromatico originale degli spazi mantenuti nella scala dei grigi: con pavimenti in battuto di cemento, coperture in pannelli di Alucobond antracite, mentre strutture e capriate sono in metallo bianco.
“Animati dalla volontà di evitare falsi storici, abbiamo lavorato soprattutto sui fronti, incidendoli con dei tagli verticali vetrati di 12 cm, che, quando c’è il sole, disegnano una straordinaria meridiana parallela al negativo sulla superficie cementizia del pavimento, richiamando nelle lame di luce, l’immagine archetipa dei fienili”.
La chiave di un dialogo tra storia e contemporaneità che trova il suo completamento nel progetto illuminotecnico interamente custom, realizzato da/con Alberto Pasetti, lighting designer specializzato in interventi museografici, con studio a Treviso.
“Sono stati previsti dei grandi parallelepipedi basici, architettonici, con la stessa proporzione dei tagli verticali di facciata, in cui sono stati allocati dei LED a luce fredda e calda, modulabili in modo flessibile, secondo l’uso espositivo delle stanze, tutto in divenire”, conclude Cipelletti.
Testo di Antonella Boisi