Miami sta mutando ormai da qualche decennio il suo carattere di città balneare meta in un primo tempo dei pensionati americani, poi centro della moda e location per servizi fotografici per le riviste di tutto il mondo, sino ad assumere un ruolo di riferimento per l’arte, la cultura e il design, con importanti manifestazioni annuali di richiamo internazionale, e la creazione di un ormai consolidato e in crescita design district.

Un cambiamento che è accompagnato da interessanti iniziative progettuali che, oltre alla formula di operazioni immobiliari di prestigio, con condomini ‘griffati’ dai nomi noti della scena architettonica mondiale (Zaha Hadid, Foster and Partners, BIG, solo per citarne alcuni), vede anche la cultura del design italiano chiamata a essere protagonista dei nuovi spazi esclusivi residenziali proposti sul mercato.

Quello che sta facendo di Miami un interessante laboratorio di progettazione sono gli interventi pensati a scala urbana; non tanto grandi piani urbanistici di sviluppo e di programmazione, secondo gli approcci tradizionali, quanto operazioni specifiche, per parti, che in modo ‘chirurgico’ ridisegnano brani di città nell’ascolto del suo tessuto e delle sue storie, e dove la nuova architettura si pone come strumento d’intervento puntuale, ma allo stesso tempo legato ad una logica d’insieme.

Le vicende del concorso per il Convention Center assegnato a OMA nel 2013 e in seguito cancellato dalla giunta diretta dal nuovo sindaco Philip Levine per i costi eccessivi (un miliardo di dollari di master plan complessivo) e affidato poi ad Arquitectonica, al di là delle polemiche sulla non limpidissima procedura, appaiono significative dal punto di vista dell’approccio progettuale.

La proposta di OMA, nel ridisegno generale del Convention Center preesistente e delle aree al contorno, proiettava la struttura alla scala urbana con sistemazioni viarie estese verso il mare e la trasformazione delle zone di parcheggio (le classiche piastre di asfalto a raso) in nuovi spazi verdi e dedicati alla sosta, celati in colline artificiali piantumate. Il Convention Center, nella proposta di OMA, diventava ‘base di appoggio’ per un nuovo hotel ad esso sovrapposto (in modo di lasciare maggiori spazi liberi all’intorno) e trasformare l’intera zona d’intervento in un nuovo parco urbano attrezzato al servizio della città.

Un programma che è stato ridotto, ma che in parte è stato ripreso nel nuovo master plan di Arquitectonica che propone un grande edificio caratterizzato da una pelle ondulata scandita da brise soleil verticali bianchi, circondato da filari di palme.

Il Miami Design District, formatosi nel tempo come zona con showroom di arredamento e ristoranti di quartiere, si è trasformato anche grazie a iniziative di richiamo internazionale in un’area commerciale in cui è arrivata l’alta moda e dove l’architettura è chiamata a rappresentarne il cambiamento.

Da questo punto di vista sono da leggere gli interventi di Sou Fujimoto per il nuovo centro commerciale Palm Court, un’architettura composta di lastre verticali di vetro blu, pensata come una cascata geometrica di cristallo che cambia radicalmente l’immagine degli shopping center della città (dai capannoni prefabbricati con facciata policroma e insegne sovrapposte a quelli in stile borgo ispanico degli anni ’80).

Poco distante è stato costruito il parcheggio multipiano progettato dallo studio Leong-Leong e Iwamoto Scott; un edificio vibrante e scultoreo che grazie ad una facciata metallica traforata, a due enormi murales di John Baldessari, e all’aggiunta di spazi commerciali al piano terreno, trasforma radicalmente il carattere di architettura funzionale e normalmente scarna, propria ad edifici di questo genere presenti in città.

Tuttavia, la maggiore e significativa operazione urbana di riferimento e in costruzione è senza dubbio il Faena Forum, voluto da Alan Faena, vulcanico personaggio argentino che dopo avere lavorato nel mondo della moda da giovanissimo, dopo essersi ritirato per cinque anni a coltivare le rose nel giardino della sua casa sulla spiaggia, dopo avere trasformato un intero quartiere a Buenos Aires, ha scelto Miami per la sua nuova scommessa di riqualificazione urbana.

Come lui stesso afferma: “Miami è il luogo d’interazione perfetta tra Nord e Sud, ma raramente i grandi progetti si muovono nella direzione dal Sud al Nord” e l’operazione del Faena District è anche da questo punto di vista di grande interesse. Dal punto di vista architettonico il progetto prevede accanto al già completato restauro e rilancio del famoso Saxony Hotel affacciato sulla spiaggia (ad opera di Baz Luhrmann e Catherine Martin) la costruzione di un condominio di lusso disegnato da Foster e Partners, con grandi terrazze che richiamano i modi di vivere all’aperto di verande e portici delle residenze del Sud America, e due edifici by OMA che formano ‘a sistema’ il Faena Art Center.

Contenitori scanditi dalle forme di riferimento del cubo e del cilindro, resi opportunamente porosi dal complesso intreccio del disegno delle facciate, per accogliere attività multidisciplinari dalla danza al teatro, eventi culturali di vario tipo, mostre e anche dibattiti politici; forse la possibile formula del museo del XXI secolo. Architetture iconiche ma non autoreferenziali che, come afferma Shohei Shigematsu di OMA, testimoniano un percorso di ricerca progettuale che evita il “gesto grandioso e autocelebrativo, per privilegiare il concetto di agopuntura urbana, interventi a piccola scala e a scala di quartiere”.

testo di Matteo Vercelloni

 

La specificità del progetto italiano: un valore aggiunto

Stimolato a commentare come è cambiata da ieri a oggi la percezione del design italiano a Miami, Nasir Kassamali, Presidente di Luminaire, lo store dei marchi internazionali di alta gamma, da 41 anni un indirizzo di riferimento indiscusso, osserva: “Mi chiede se è cambiato il tipo di pubblico a cui si rivolge il design made in Italy e qual è il tipo di prodotto più richiesto? “È cambiata Miami. Non c’è un prodotto particolare che sale e scende nelle preferenze.

Noi continuiamo a creare ambienti essenziali e moderni che esemplificano un punto di vista: qualità e semplicità. Fin dagli inizi abbiamo perseguito questa strada. In virtù del mix di culture differenti, Miami è una città che vive un continuo rinnovamento. La mutevolezza è la sua unica costante. Grazie alla posizione unica, al crocevia delle Americhe, e al clima ideale, ha vissuto un boom nel settore immobiliare e culturale. I disordini politici in America Latina hanno portato molti ad emigrare a Miami.

Il comfort americano, il sole eterno e le kilometriche spiagge bianche hanno fatto il resto e innamorare parecchie persone. Senza dubbio, l’apprezzamento per il design italiano si è incrementato negli ultimi decenni. Con l’arrivo di Art Basel e attraverso la creazione di istituzioni culturali come il PAMM, il Wolfsonian e la De la Cruz Collection, anche l’attenzione verso l’arte continua a crescere. In nuovi quartieri, come il Design District (di Craig Robins, ndr) e Wynwood, design e arte vanno a braccetto e incontrano comunità sempre più appassionate.

Developers, quali Terra Group, realizzano building residenziali, commerciali e ad uso misto, che stanno modificando il paesaggio di Miami con occhio al dettaglio, al buon design e all’architettura. Progettisti di fama mondiale, quali Herzog e de Meuron, Norman Foster , Zaha Hadid, Enrique Norton, Rem Koolhaas  e Bjarke Ingels, con le loro incredibili opere, hanno fatto di Miami una città dove si può studiare buona architettura anche. Così, anche il pubblico è diventato più curioso e colto: apprezza l’artigianato, la qualità, la storia e le tante storie che vanno sotto il titolo di Good Design”.

Accanto al ‘nuovo’ (anche quest’anno, dal 2 al 6 dicembre, South Miami ospita Miami Art Basel, fiera d’arte moderna, ormai alla XIV edizione, e Design Miami, forum di design internazionale), nella ‘città magica’ costruita tra South Beach e Downtown, su tre isole artificiali con il suo vitale porto (primo scalo passeggeri del continente), al quale si relazionano altri isolotti fino alla baia di Biscayne, sedi di ville e grattacieli, aleggia però forte il retaggio ancorato a un passato di tradizioni, memorie, riuso.

Un mercato di superaffluenti richiede ancora soluzioni storicistiche, in stile Art Decò, Mediterranean Revival, Miami Modern (il 900 architettonico di Miami condensato a Ocean Drive, l’elegante waterfront di South Beach); e sceglie arredi vintage o limited edition. In questo quadro, abbiamo chiesto a due firme italiane, impegnate sul campo, come viene percepita la specificità del progetto italiano e qual è il valore aggiunto.

Piero Lissoni e lo studio Lissoni Associati, stanno realizzando a Miami Beach The Ritz Carlton Residences: 111 residenze ricavate dalla riconversione di una struttura ospedaliera e 15 ville di nuova costruzione, tutte affacciate sulla laguna di Surprise Lake. La fine dei lavori è prevista per il 2016. Comune denominatore del progetto: una visione architettonica modernista, interni raffinati, arredi contemporanei, vetrate a tutt’altezza e un rapporto con la natura, l’acqua e il paesaggio che aggiungano un rapporto ambientale alla dimensione abitativa.

“La qualità della luce è assolutamente speciale in questa città” commenta Lissoni. “Rappresentare il senso di un luogo con una luce unica al mondo. Siamo partiti da qui. Questo vuole essere il nostro intervento che unisce tre elementi: Miami Beach, il design su misura, i servizi dedicati coerenti alla qualità del brand. Con l’idea che essere eleganti significa in primis essere semplici perché la semplicità è il massimo livello di complessità. La lobby d’ingresso valorizza la dimensione degli spazi con una scala scultorea e si connette agli ambienti esterni del giardino e della marina.

Terrazze pensili, fioriere, piscine a sfioro sui tetti, la spa privata, lounge bar, BBQ e dining area, una biblioteca/sala conferenze e il servizio di concierge 24/24 h completano il programma. Lo stesso approccio di totale eleganza riferito alle parti comuni si applica alle unità residenziali: la quantità di luce e di ombra che filtra all’interno è dosata utilizzando un sistema di facciata composto da balconi, screen e louvres. Le cucine e i bagni, progettati in collaborazione con Boffi, restituiscono feeling europeo, mixando materiali naturali, tra cui pietra, acciaio e legno. Alla fine sembrerà di stare in una speciale nuvola di relax e di bellezza, come essere in una piccola Portofino”.

Massimo Iosa Ghini, invece, sta curando il progetto d’interni di The Collection Residences a Coral Gables: 126 unità abitative, sviluppate su dieci livelli, con layout differenti, compresi gli immancabili spazi comuni, con vari servizi amenities (un concept mutuato dall’alberghiero): 3500 mq, dalla lobby al sales centre, dalle aree giochi per i ragazzi all’intero piano fitness-sport. Deadline stimata: inverno 2017.

“Genius loci qui è quello di Coral Gables” spiega “architetture in stile Mediterranean Revival, massicce, caratterizzate da colonnati, archi e decorazioni da cui non si può prescindere. Nello specifico, l’intervento si inserisce nelle immediate vicinanze della nota concessionaria di auto di lusso The Collection. In un certo senso ho voluto mantenere un sottile collegamento con la precedente esperienza e arricchirla di nuovi significati con particolare attenzione all’utilizzo di materiali (marmi e stucchi) e colori che, in una città come Miami, non può essere lasciato al caso.

Nel melting pot globale, il progetto italiano è sinonimo di innovazione. E, all’interno di un concept di fluidità e continuità spaziale, mi sono lasciato affascinare dai principi del classicismo moderno in architettura: l’idea di nazionalità e simmetria, il ritmo dato dalla ripetizione di schemi e conformazioni e non ultimo la riproposizione di alcuni elementi decorativo-strutturali del mondo classico (greco antico) che si integrano senza forzature nella struttura edilizia di un edificio del XXI secolo”.

Ça va sans dire, di rigoroso design italiano, è tutto l’arredo interno (a partire dalle cucine Snaidero e dagli arredi-bagno Milldue). Sia per Iosa Ghini che per Lissoni, il valore aggiunto a una precisa sensibilità.

testo di Antonella Boisi

 

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Rendering del master plan del Miami Convention Center, 2015, Arquitectonica. Image courtesy Arquitectonica, Miami.
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Rendering a volo d’uccello del Forum Faena; in primo piano i blocchi del Faena Arts Center e il parcheggio, progetto OMA; verso la spiaggia sulla destra lo storico Saxony Hotel affiancato dal condominio di lusso disegnato da Foster & Partners. Foto aerea by ChopperShots, rendering courtesy Miami Design District.
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Rendering del progetto per il Miami Convention Center, 2013, OMA. Image courtesy OMA.
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Vista della facciata metallica del parcheggio disegnato da Leong-Leong e IwamotoScott nel Miami Design District. Foto di Naho Kubota.
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Vista della vibrante facciata metallica del parcheggio disegnato da Leong-Leong e IwamotoScott nel Miami Design District. Foto di Naho Kubota.
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Vista dell’interno del parcheggio disegnato da Leong-Leong e IwamotoScott nel Miami Design District. Foto di Naho Kubota.
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Nella piazza del centro commerciale Palm Court è collocata una versione della cupola “Fly’s Eye” di Buckminster Fuller, installata sopra l’accesso al parcheggio quale elemento di ingresso e uscita. Foto courtesy Miami Design District.
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Scorcio del centro commerciale Palm Court di Sou Fujimoto composto da lastre di cristallo azzurre verticali. Foto courtesy Miami Design District.
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The collection Residence a Coral Gables, progetto d’interni di Massimo Iosa Ghini. Rendering per la lobby apartment.
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The collection Residence a Coral Gables, progetto d’interni di Massimo Iosa Ghini. Rendering per per l’area d’ingresso del Sales Centre.
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The collection Residence a Coral Gables, progetto d’interni di Massimo Iosa Ghini. Rendering per la zona living di una unità abitativa.
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The Ritz Carlton Residences, progetto di Piero Lissoni/studio Lissoni Associati: 111 residenze, ricavate dalla riconversione di una struttura ospedaliera e 15 ville di nuova costruzione, tutte affacciate sulla laguna di Surprise Lake. Nel render di DBOX: vista aerea dell’innesto dei nuovi corpi di fabbrica nel tessuto urbano.
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Nel render di DBOX, lo spazio comune della lobby d’ingresso del The Ritz Carlton Residences, progetto di Piero Lissoni/studio Lissoni Associati.