Il “Diritto alla Materia” è un concetto di riferimento nel denso percorso progettuale di Alfonso Femia e Gianluca Peluffo, che nel 1995, 21 anni fa, fondano il loro studio di architettura 5+1AA a Genova e consolidano il loro sodalizio umano e professionale.
I lavori che presentiamo in queste pagine sottolineano una sperimentazione continua sulla ‘pelle dell’architettura’ assunta quale componente essenziale del processo compositivo. Le facciate diventano certo un elemento in grado di dare figura ai corpi architettonici, ma anche un dispositivo chiamato di volta in volta ad attivare fenomeni di empatia con l’intorno.
Sia esso da un lato una distesa di binari ferroviari e dall’altro un tessuto del margine urbano, come per la nuova sede romana BNL-BNP Paribas. Sia questo l’interno di un ‘vascello di pietra’ come quello formato dagli storici Docks di Marsiglia, attivati da un intervento esemplare quanto calibrato e creativo. Sia infine un nuovo isolato residenziale ad Asnières-sur-Seine, Parigi, definito con un’immagine vibrante.
Tre esempi che, come quelli che compongono il regesto dello studio genovese, rifiutano ogni verità precostituita e sono lontani dal perseguire uno ‘stile’. Edifici che alle ‘esibizioni muscolari’ di architetture spettacolari e autoreferenziali preferiscono l’ascolto delle storie dei diversi luoghi e l’osservazione dei contesti cui rispondere con un linguaggio “libero e contemporaneo”, deciso e a volte ‘surreale’. Manufatti pensati come “strumento per raggiungere la conoscenza del reale” perché il “dovere dell’architettura è di non rinunciare a immaginare un futuro migliore”.
La corazzata urbana degli uffici BNL-BNP Paribas che a Roma segna il nuovo confine del sedime dei binari ferroviari, inglobando nel suo cuore la torre cilindrica della cisterna d’acqua di Angiolo Mazzoni (l’ingegnere capo delle Ferrovie dello stato che negli anni ’30 caratterizzò il disegno di molti paesaggi delle stazioni italiane), è una sorta di nave architettonica con un fronte vetrato rivolto verso la stazione pensato come una superficie scomposta, quasi frattale.
Nega infatti la tradizionale complanarità del curtain wall, diventando una superficie scultorea che riflette il cielo, le stagioni e la luce delle diverse ore del giorno, stemperando volutamente la massa architettonica cui si riferisce. Sul lato verso la città l’edificio offre un rivestimento compatto di ceramica diamantata cangiante (appositamente disegnata e prodotta da Casalgrande Padana) in grado di catturare la luce e portarla nelle corti interne sino alla base dell’architettura.
Un edificio che si racconta in sostanza e che, come uno spartito compositivo, segue il carattere ‘polifonico’ dell’operare architettonico proprio dei 5+1AA; un atteggiamento adattivo che ascolta, analizza e assume il processo progettuale come momento di conoscenza restituito in forma costruita.
Anche l’intervento sui Docks di Marsiglia si riconduce a questa ricerca, ma ad altro ancora; emerge qui anzitutto il concetto di lavorare sul costruito, dell’assumere il preesistente come una risorsa con cui confrontarsi e con cui attivare processi di trasformazione.
L’operare sulla città con microchirurgie urbanistiche e architettoniche appare una delle strade intraprese con convinzione dalla scena del progetto contemporaneo internazionale, cui i 5+1AA si allineano, rifiutando il messaggio che giunge ormai come un’eco lontana dalla stanca eredità della cultura del Movimento Moderno, sintetizzato nella formula demolizione-progetto-nuova costruzione.
Nei Docks marsigliesi si attiva un processo di benefica intrusione, di felice e calibrata sovrapposizione tra le pietre dei fronti compatti dell’edificio storico trasformato e il contrappunto dato dai nuovi interventi di ceramica policroma su disegno che caratterizzano le corti, crescendo come un’edera architettonica dal basso verso l’alto.
Una matrice apparentemente a sviluppo biologico che copre, in un confronto serrato con la pietra sottostante, parte delle pareti preesistenti, trasformando l’aspetto di tre delle quattro corti senza nasconderne la figura storica offerta, per la prima volta e in modo esplicito, alla città.
Ancora ceramica diamantata unita a listelli orizzontali, a cornici artistiche appositamente realizzate per alcune aperture dal maestro Danilo Trogu, ad angeli di pietra sospesi a coronamento delle coperture, disegna i fronti complessi dei blocchi residenziali parigini ad Asnières-sur-Seine, facciate che dichiarano la ricerca di una contaminazione materica controllata e sicura, nell’adesione al ‘principio della specificità’.
La materia per i 5+1 AA diventa così un “diritto”, un fattore chiave di ogni progetto, non una semplice ‘pelle di rivestimento’. Una scelta profonda che porta alle ragioni della soluzione complessiva nell’ambito di una ricerca aperta verso ogni tipologia; dove la razionalità e la ‘responsabilità’ verso ambiente e architettura si uniscono appunto all’ascolto della materia, assunta come elemento di riferimento da trasformare in strumento poetico, in grado di fare di ogni progetto una verifica con la realtà.
Foto di Luc Boegly/courtesy 5+1AA – Testo di Matteo Vercelloni