La bella vista (kallithea) è quella che si ammira dal nuovo Stavros Niarchos Cultural Centre di Atene firmato da Renzo Piano Building Workshop con Betaplan (executive architect) e Deborah Nevins & Associates (landscape design). Interni li ha incontrati in esclusiva.
Intervista a Renzo Bianchi, partner RPBW
Architetto Bianchi, qual è il bilancio per lo studio RPBW di questa nuova esperienza progettuale? Centrati gli obiettivi?
Siamo felicissimi del risultato: l’edificio è come ce lo eravamo immaginato e ha soddisfatto tutte le nostre aspettative. Grazie anche a un prezioso lavoro di team sia con lo studio ateniese Betaplan sia con Deborah Nevins (vedi le interviste successive, ndr). Anche se lo Stavros Niarchos Cultural Centre non è proprio un edificio…
In che senso?
Il volume nasce da un movimento del terreno che, elevandosi gradualmente sino a formare una collina artificiale di 35 metri, accoglie al suo interno la Biblioteca Nazionale e il Teatro Nazionale dell’Opera, le due anime del nuovo centro culturale polivalente commissionato dalla Stavros Niarchos Foundation.
È quindi il paesaggio, e cioè il parco, il nodo strategico dell’intervento: si cammina su un manto verde ricoperto dalla macchia mediterranea, che gradualmente ricopre la parte costruita come fosse un edificio ipogeo. E come succede in natura, a mano a mano che si sale il pendio la vegetazione diventa sempre più rada, gli alberi lasciano il posto agli arbusti per scoprire, infine, sulla cima, l’immensità del mare.
Guardi, l’idea di ‘sollevare’ il terreno per liberare lo sguardo sino all’isola di Egina e catturare la luce del sole è stata presente sin dai primi ‘vagiti’ del progetto! Eravamo a soli 200 metri dal Mediterraneo, ma il mare non si vedeva: ecco abbiamo voluto restituirlo agli ateniesi. Ma il progetto offre anche un’altra possibilità…
Quale?
Scoprire Atene da una nuova prospettiva, inedita per i suoi abitanti: è questa la grande sorpresa. In nessuno altro luogo della capitale si possono infatti vedere contemporaneamente il mare e il tessuto urbano (Acropoli compresa). D’altro canto, consideri che questa area si chiama Kallithea, che in greco significa ‘bella vista’, anche se da molti anni era semplicemente un parcheggio dismesso.
Un progetto di rigenerazione urbana, quindi, o per dirla con le parole di Renzo Piano, un’opera di rammendo fra città e periferia?
Assolutamente. Si trattava di ricucire un vuoto di ben 200.000 metri quadri: un luogo-non luogo, che nel tempo aveva perso completamente la sua identità. Il progetto ha voluto dare alla città un nuovo respiro ma soprattutto regalare all’intera comunità nuovi spazi da vivere, dove le persone si possono sentire a casa, incontrarsi, stare insieme…
E ancora una volta il parco, inaugurato lo scorso agosto (Biblioteca e Teatro saranno invece operativi il prossimo anno, ndr), acquista un ruolo importantissimo: pensi che copre l’85 per cento dell’intero Stavros Niarchos Cultural Centre, creando un’immensa area verde aperta al pubblico, tutti i giorni.
Natura ma anche molta tecnologia: quale è il ruolo delle innovazioni hi-tech in questo progetto?
La tecnologia è usata in tantissimi modi. Dal sistema antisismico con cui è costruito l’edificio al grande canopy, che svetta sulla cima della collina: una vela di 100 x100 metri, completamente ricoperta da pannelli fotovoltaici che rendono l’edificio sostenibile ed energeticamente autosufficiente.
Un progetto di alta tecnologia, dunque, dove però il lavoro manuale è stato fondamentale. Pensi che i 750 moduli in ferro cemento che come un puzzle compongono il grande canopy sono stati realizzati in loco dall’abilità di circa 350 operai: hanno lavorato in una fabbrica costruita all’interno del cantiere. Una vera scommessa: nessuno ci credeva.
Che cosa le è rimasto di questa avventura?
L’immagine di una città vivace, caotica che ormai porto nel cuore. Dove su una (nuova) collina c’è un luogo che regala quiete e bellezza. A tutti.
Intervista a Ioannis Ventourakis, fondatore Betaplan, Atene
Come si è trovato a lavorare con Renzo Piano, vi conoscevate già?
No, non lo conoscevo personalmente. Abbiamo lavorato in grande armonia e ognuno ha messo a frutto le proprie competenze, nel pieno rispetto dei ruoli (Betaplan è stato executive architect del progetto, ndr).
Renzo Piano è una persona carismatica e particolarmante intelligente e allo stesso tempo disponibile, umile, cooperativo. Sa sempre ascoltare, comprendere i desideri del committente, adattarsi, ma senza mai compromettere le sue scelte progettuali. Da questa collaborazione il mio studio ha imparato moltissimo, è stato un valore aggiunto poter lavorare con un grande architetto e i suoi fantastici collaboratori.
Lei vive e lavora ad Atene e dunque conosce profondamente la realtà sociale e territoriale della Grecia: ritiene che il nuovo Centro possa diventare un’importante occasione per la rinascita della capitale greca, e non solo?
Certamente. I grandi progetti possono innescare meccanismi virtuosi. Ne cito alcuni. La sua costruzione ha creato posti di lavoro in un periodo molto difficile per l’economia di Atene e di tutta la Grecia, che potranno essere ulteriormente aumentati una volta che il Centro entrerà in funzione. Ha generato una rinascita culturale e sociale in un’area fortemente degradata, contribuendo anche allo sviluppo del lungomare.
Come hanno reagito gli Ateniesi al progetto?
All’inizio erano piuttosto scettici ma poi hanno sciolto le loro riserve e oggi il progetto incontra la fiducia della città. Sicuramente ha aiutato moltissimo il progetto di condivisione, direi strategico, che la Stavros Niarchos Foundation ha realizzato con la cittadinanza. Negli ultimi tre anni, durante la costruzione, gli ateniesi hanno potuto conoscere da vicino il progetto (e anche Renzo Piano) per imparare a sentirlo loro, parte della quotidianità cittadina.
Nello stesso tempo c’è una certa preoccupazione per il suo avvenire quando il Centro verrà donato allo Stato (così ha deciso la Fondazione Stavros Niarchos, ndr): esempi similari degli anni passati non alimentano grande ottimismo… Tuttavia la dinamica positiva che ha accompagnato la genesi del progetto fa sicuramente ben sperare. Insomma i presupposti ci rendono fiduciosi a credere in un lieto fine!
Intervista a Deborah Nevins, fondatrice Deborah Nevins & Associates, New York
Voleva ricreare qui, in Grecia, una sorta di Central Park ateniese?
Più che altro mi interessava progettare un parco che parlasse in greco, capace cioè di restituire ‘gli odori e i sapori’ del Mediterraneo. Tutte le piante sono autoctone, caratteristiche del bacino mediterraneo, e soprattutto scelte per resistere alla siccità.
Filari di ulivi ombreggiano i sentieri, realizzati in ‘prolat’, un materale organico locale che intende emulare la percezione di blocchi di terra. Sulla collina che ricopre la Biblioteca ipogea, sono state seminate erbe native locali: le sementi, infatti, provengono dal giardino botanico Diomedes di Atene e sono state fatte crescere in una serra appositamente costruita per questo progetto. Il parco si lega, così, all’ambiente collinare che lo circonda, sia simbolicamente che da un punto di vista ecologico.
Quale ruolo ritiene possa avere un progetto di landscape nell’ambito della pianificazione urbana?
Rappresenta un elemento essenziale per rivitalizzare un quartiere, come nel caso di Kallithea. Basti pensare che il parco offre una pista per correre, un parco giochi, un labirinto, una piscina… Ma pensiamo anche agli effetti positivi sull’ambiente, che nel caso del Niarchos Park, sono particolarmente rilevanti: riduzione delle esondazioni qualora si verificassero forti precipitazioni, grazie anche al tetto “verde”; aria più fresca per gli alberi piantumati.
Ha una valenza sostenibile anche per le attività che può stimolare, favorendo l’incontro tra le persone e la vita della città. Ci sono voluti due anni per completare il parco: 40 acri dove abbiamo piantato oltre 1.400 alberi e più di 300 mila tra arbusti, piante perenni ed erbacee. L’obiettivo è stato quello di terminare l’area green insieme all’edificio: per questo siamo partiti in anticipo e la Fondazione Niarchos ci ha pienamente sostenuto in questo sforzo.
Come si è trovata in questo lavoro di team con RPBW e Betaplan? È soddisfatta di questo suo progetto europeo?
C’è stata una grande collaborazione: ho sempre lavorato fianco a fianco con RPBW per il disegno del parco. Anche Helli Pangalou (local partner per Landscape Design Services, ndr) è stata preziosa collaboratrice: giorno dopo giorno, con attenzione costante, verificava che ogni aspetto del progetto fosse eseguito correttamente. E, infine, voglio anche ricordare lo studio Betaplan e il loro team: lavorare insieme è stata un’esperienza davvero gratificante.
Foto di Yiorgis Yerolymbos (courtesy Stavros Niarchos Foundation), Deborah Nevins e Michel Denancé – A cura di Lilia Melissa – Testo di Laura Ragazzola