“Il design diventa una forza dinamica, attiva, capace di unire e, soprattutto, trascendere i confini nazionali e internazionali, evocando così un dialogo costruttivo, espressione delle più differenti e creative menti di tutto il mondo “.
Chi parla è Anat Safran, che insieme a Tal Erez, ha curato la sesta edizione della Jerusalem Design Week, scegliendo come titolo evocativo: Islands.
L’iniziativa, promossa da Hansen House – il Center for Design, Media and Technology di Gerusalemme – e sostenuta dal Jerusalem Development Authority in collaborazione con la municipalità di Gerusalemme e il Ministry of Jerusalem and Heritage, si è svolta dall’8 al 15 Giugno.
Cinquanta i designer che hanno partecipato, israeliani e internazionali: tutti hanno presentato lavori inediti – progetti e installazioni – che hanno preso forma all’interno degli spazi della Hansen House, nella sede del Museo di Scienze Naturali e nell’eclettico quartiere di Talbiya.
Tema comune: gettare un ponte capace di scavalcare (e scardinare) i confini sociali, politici e culturali. Per unire sia da un punto di vista geografico sia umano le ‘isole’ di tutto il mondo.
“La complessità del luogo in cui viviamo e lavoriamo”, ha spiegato Safran, “combinata con un’energia creativa ed effervescente, crea un terreno fertile per una straordinaria esperienza di design”.
A partire dalle ‘isole’ in mostra al festival, concentrate su temi multidisciplinari: product design, moda, comunicazione. Obiettivo? “Creare una piattaforma multicanale per i progettisti di tutte le discipline”, come ha spiegato la direttrice artistica della design week.
Si parte dalla Product Island, dove il curatore Itay Ohaly ha chiesto ai designer invitati di affrontare il tema delle risorse limitate in una ‘Lonely Island’: si esplora, cioé, la capacità del design (e dei designer) di trovare soluzioni efficienti in condizioni difficili grazie a un lavoro di team che unisce progettisti israelinai e intrenazionali.
Nella Fashion Island, invece, i curatori Tamar Levit e Yaen Levi di The Muslin Brothers hanno realizzato un maxi guardaroba su una superficie sabbiosa, dove erano esposti 100 soprabiti, che prendevano spunto dalla classica giacca militare americana, differenziandosi per taglia e scelta di tessuto. I visitatori, una volta entrati nell’espozizione, erano chiamati a scegliere e indossare il capo di abbigliamento preferito.
Infine, la Visual Communication Island (Guy Saggee e Michal Sahar i curatori) ha trasformato uno spazio industriale in una sorta di redazione dove veniva prodotto un ‘daily newspaper’ a partire dal contributo di designer che cambiavano di volta in volta.
Sempre nella stessa sede della Hansen House, è stata anche allestita la mostra Izika con 5 principali installazioni create da altrettanti designer. Ta questi, segnaliamo Ronen Bavly di Magenta Workshop, che firma Lego, una casa in scala 1:1 dove adulti e bambini ‘giocavano’ con i mattoncini della Lego per comporre sulle facciate della casa mondi fantastici e supercolorati.
Il tour alla Hansen House si concludeva con la mostra Pencils & Patterns in Dialogue che ha fatto incontrare la scuola olandese di design di Eindhoven con il team locale di Grotesca Studio.
Infine, al Museo di Storia Naturale i lavori degli studenti delle principali scuole di design e arti applicate d’Israele hanno dialogato con la collezione permanente degli spazi museali, creando un curioso e sempre intelligente confronto di forme e materiali.
Testo di Laura Ragazzola
Lego_Stop_Motion from Magenta on Vimeo