Incontriamo Umberto Zanetti nel suo studio milanese. Sulle pareti maxi fotografie regalano inedite vedute della grandeur della Mosca staliniana: provengono dalla bellissima mostra ‘Gabriele Basilico – Mosca verticale’ ianugurata a Parigi nel 2008 presso la Cité d’Architecture su progetto dello stesso Zanetti (poi arrivata a Milano e, infine, anche a Mosca). Perchè l’architetto milanese, da più di trent’anni sulle scena del progetto internazionale, ha incrociato più volte il suo destino professionale con la patria di Tolstoj. Lui stesso in questa intervista ci racconta come e perché.
Architetto quando è andato per la prima volta in Russia?
Ci sono andato prima ‘culturalmente’ che ‘fiscamente’. Mi spiego: quando avevo 16 anni e frequentavo il liceo classico Parini a Milano, vidi, sulla bacheca degli avvisi scolastici, l’annuncio di un corso di lingua russa: mi iscrissi condividendolo con altri 4 compagni (sono poi diventati famosissimi traduttori…) e una brillante insegnante che ci fece conoscere l’aspetto più sensibile del russo: la sua anima.
Non solo conclusi l’anno con grande entusiasmo, ma proseguii sino a conseguire il diploma di traduttore-interprete. Questo succedeva nel 1978: avrei dovuto partire per la Russia per un corso di perfezionamento ma rinunciai a causa degli impegni universitari, perdendo così l’occasione di visitare l’Unione Sovietica…
E quando è riuscito ad andarci?
Venticinque anni dopo! Un noto avvocato milanese, mio cliente, mi disse che voleva aprire uno studio a Mosca e mi chiese se volevo accuparmene. Accettai immediatamente e la notte del 28 dicembre del 1999 (il ricordo è ancora molto vivo) mi ritrovai nella capitale. Ecco è iniziata così la mia avventura nella Federazione russa.
…come progettista di dacie
Sì è vero. La prima l’ho costruita vicino a San Pietroburgo, affacciata sul gelido golfo di Finlandia. Poi è stata la volta di Mosca, all’interno del Golf Club di Pirogovo (in queste pagine, ndr), un parco meraviglioso che si snoda fra foreste e bacini fluviali.
Una vera sfida costruire edifici capaci di affrontare l’inverno russo?
Sicuramente. Consideri che l’escursione termica stagionale è impressionate: si passa dai 30 gradi estivi ai meno 40 invernali. Ma la soluzione adottata è made in Italy: ho pre-assemblate le ‘mie’ dacie in un hangar sul lago d’Iseo (l’azienda bresciana si chiama Woodbeton, ndr) e poi le ho ri-montate in Russia, in mezzo agli alberi. Ci sono voluti 15 tir per trasportare tutti i pezzi, sistematicamente numerati e contrasseganti. Un viaggio lungo 3.000 chilometri…
E tutto ha funzionato?
Certo. L’industrializzaione dell’intero processo di costruzione consente un preciso controllo della qualità, dei tempi e dei costi. Pensi che il cantiere a Pirogovo è stato chiuso in poche settimane.
Progetti futuri sul suolo russo?
Altre dacie. Ma soprattutto altri magici pic-nic in mezzo a cascate di neve…
Testo di Laura Ragazzola – Foto di Yuri Palmin, Ilya Ivanov e Umberto Zanetti

