In risposta alla pervasiva presenza della tecnologia digitale che smaterializza l’esperienza, gli studenti della Design Academy di Eindhoven esplorano la dimensione del tatto come elemento privilegiato dell’esperienza. E, per esteso, il ritorno al contatto con la terra, le persone e la biodiversità.

Non a caso, all’ingresso della mostra Touch base curata da Ilse Crawford e Thomas Widdershoven e allestita in zona Ventura, ci sono un recinto con pecore e una piccola aia per sensibilizzare alla perduta relazione con gli animali delle fattorie. Ma anche per mostrare un intero sistema economico che può essere generato dalla lana di pecora trattata in situ.

Tra i progetti, alcune interessanti ricerche sui materiali naturali. Gli alberi di pino sono una risorsa abbondante e accessibile in Europa, ma di cui si usa prevalentemente il massello. Non viene per esempio utilizzata la grande quantità di aghi che costituiscono il 20-30% della massa di un albero e che la designer Tamara Orjola utilizza invece per realizzare una sorta di fibra mediante tecniche di sbriciolamento, imbevimento, cardatura, piegatura e pressatura.

La fibra può diventare un tessile, un materiale composito o carta e vi si possono perfino estrarre olii essenziali e tinture naturali. Analogamente, Nina Gautier rintraccia nell’ortica proprietà inaspettate, sia medicali che fertilizzanti. Con applicazioni anche nel tessile: le fibre della pianta sono state unite a filati tradizionali rafforzandone la struttura, mentre altre parti sono state impiegate per la tintura naturale ottenendo sfumature differenti.

Dell’albero di pino la designer lettone Sarmite Polakova recupera invece l’interno della corteccia che ha proprietà simili alla pelle e diventa dunque rivestimento, materiale per accessori d’abbigliamento o complementi di arredo. Ma rispetto alla pelle conciata, la corteccia ha una variabile in più: il tempo.

Gli artefatti hanno una durata di circa dieci anni, pertanto il naturale decadimento diviene parte stessa del progetto non solo nell’estetica, ma anche nel ciclo di vita che considera il ritorno al suolo del prodotto.

Il decadimento come parte del progetto è caratteristica anche della seduta Soilid di Erez Nevi Pana, realizzata al forno con modalità che ricordano una ricetta culinaria: quantità precise di terriccio, funghi e altri materiale naturali, come lo zucchero, si amalgamano per dare vita a un oggetto solido che può essere modellato in uno stampo. La superficie poi è talmente resistente che può essere perfino sabbiata, segata o perforata.

Foto di Emanuele Zamponi – Testo di Valentina Croci

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All’entrata della mostra “Touch Base” una piccola stalla di pecore invita a ritrovare il contatto con gli animali.
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Nina Gautier utilizza l’ortica come risorsa per il tessile, dai filati alla tintura.
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Ekaterina Semenova ottiene inediti pattern sulla superficie della terracotta cuocendo tracce di latte e derivati.
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Tamara Orjola recupera gli aghi di pino per realizzare tessuti, carta e materiali compositi.
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Sarmite Polakova ricava dall’interno della corteccia di pino un materiale simile al cuoio.
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Bori Kovács investiga il tema del tatto con una serie di tessuti con differenti materiali e texture che rimandano a diverse qualità tattili.
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Soilid di Erez Nevi Pana è una seduta realizzata con terra, funghi e zucchero e cotta in forno. Ha proprietà simili alla terracotta.