Nella tradizione dell’architettura messicana, forse più che in altri luoghi, il muro compatto privo o quasi di aperture assume valori che al di là della soluzione compositiva specifica di ogni progetto, suggerisce forza e tragedia, silenzio e luce, definisce spazi domestici e recinti esterni.
Le pareti sono d’altra parte la ‘tavola’ dove i grandi muralisti messicani come David Alfaro Siqueiros, José Clemente Orozco e Diego Rivera hanno saputo raffigurare emozioni umane come la gioia, il dolore, la lotta per la libertà. La parete diventa per Luís Barragán – di cui i Legorreta, padre e figlio, reinterpretano senso e figure – lo strumento per modellare al meglio il rapporto tra interni ed esterno.
Quell’integrazione del paesaggio quale elemento essenziale dell’architettura che Legorreta ben recepisce dalla lezione del maestro di Guadalajara, forse più che il magistrale uso del colore sugli intonaci che solo a una prima lettura può apparire come la principale eredità da lui assorbita.
Octavio Paz, poeta e saggista messicano, premio Nobel per la letteratura nel 1990, ha scritto: “Il messicano ricerca il silenzio dei mondi chiusi”. Se in Barragán la calibrata opposizione tra esterno e interno misura in fondo la distanza di due mondi tra loro complementari (la forza vergine della natura e l’aspettativa dell’incontro), nelle case di Legorreta i confini si stemperano per portare la dimensione del fuori nell’interno della casa e viceversa, in un gioco volumetrico di spessori, colore e materia.
E se è parte della tradizione ispanica l’inserimento dell’acqua in cortili e patios, ecco che non solo come piscina (necessario corredo a dimore di questo tenore) l’acqua diventa in queste due case elemento cui l’architettura non può rinunciare.
Progettata da Victor con i partner Miguel Almaraz, Adriana Ciklik, Carlos Vargas e Miguel Alatriste, la casa El Arrayán nel Mexican Bajio segue un impianto complesso segnato da un asse centrale in cui si susseguono gli ingressi e il patio per sfociare nella grande terrazza gradonata conclusa dalla piscina semicircolare di testata proiettata nel verde.
Il lungo percorso degli ingressi divide, in corrispondenza del patio, separato con una vetrata dall’interno, la parte pubblica della casa, sulla sinistra, da quella privata a due livelli che si articola sulla destra. Alla divisione in due settori funzionali, risponde dal punto di vista volumetrico, l’articolato sviluppo complessivo del progetto.
La parte pubblica estende il luminoso soggiorno nello spazio esterno della terrazza di pietra e in questo caso il muro compatto diventa una grande cornice bianca, asimmetrica e sospesa, che trova un punto di appoggio su un setto aggettante, posto quasi in mezzeria.
Sotto il volume-copertura si sviluppa la generosa zona giorno porticata. Questa si conclude con un elemento turrito che contiene il camino, e che anticipa la rientranza costituita dal patio con specchio d’acqua e piccolo giardino e la parte arretrata della casa privata, che si sviluppa alla sua sinistra.
I blocchi volumetrici bianchi e precisi scandiscono la sommatoria compositiva d’insieme, mentre negli interni disegnati dallo studio di Uribe Krayer, il legno impiegato su pavimenti e parte dei soffitti, compreso quello del portico, diventa il contrappunto materico al candore dell’intonaco di facciata.
La casa a Mexican Bajio, parte di una zona di esclusivo sviluppo residenziale, presenta invece un impianto a pianta quadrangolare scomposta con porzioni a due livelli. Patii e cortili si incuneano separando gli spazi domestici rivolti a sud est dal garage, da locali di servizio e dal campo da tennis affiancato al giardino geometrico.
La casa si sviluppa attorno alla terrazza che si attesta sulla piscina e sul portico, separando le zone pubbliche sulla sinistra da quelle private collocate sul lato opposto. Alle diverse funzioni corrispondono due trattamenti materici e compositivi differenti: pietra e tetto inclinato per la zona giorno aperta agli ospiti, intonaco ocra e volumi geometrici per la parte della zona notte sviluppata su due livelli.
Dalla zona privata tuttavia si sviluppa un grande elemento porticato che segue le stesse caratteristiche materico-cromatiche configurandosi come un volume compatto che si spinge verso la parte della casa rivestita di pietra, fungendo da elemento di unione tra le parti e da elemento conclusivo della terrazza che qui trova uno spazio coperto affacciato sullo specchio d’acqua.
La casa è aperta su tutti i lati verso il paesaggio dell’intorno; e il giallo ocra dell’esterno, insieme al viola dei bagni, ricorda la lezione di Barragán nel sapersi rapportare con rara maestria alla natura, con la forza dei volumi e del colore.
Foto Lourdes Legorreta/Courtesy Studio Legorreta – Testo di Matteo Vercelloni