Raggiungiamo telefonicamente Ronan (il maggiore dei Bouroullec) nel suo studio parigino. È impegnatissimo: insieme al fratello Erwan, sta mettendo a punto gli ultimi dettagli di una importantissima mostra (non ancora inaugurata quando abbiamo raccolto l’intervista; 25 marzo – 28 agosto 2016, ndr), che la Bretagna, terra d’origine  dei fratelli-designer, dedica al loro lavoro.

Un ritorno a casa, dunque, alle vostre origini. Da quanto tempo condividete la passione per il design? Non vi siete mai stancati di lavorare in coppia?  

Ho incominciato da solo: mio fratello minore mi ha affiancato qualche anno più tardi, come assistente quando, comunque, non ero certo un famoso designer. Piano, piano Erwan si è lasciato sempre di più coinvolgere in questo lavoro e così è nato lo Studio Bouroullec. Correva il 1998.

Certo, devo ammettere: dopo quasi venti anni, a volte entrambi abbiamo bisogno di un po’ di ossigeno. Ma penso che l’importante sia focalizzarsi sempre sul progetto, sul ‘fare’ insomma, piuttosto che sulle problematiche che inevitabilmente sorgono quando si lavora insieme.

Sicuramente ognuno di noi attraversa momenti e fasi diversi, alti e bassi, ma ne siamo sempre stati consapevoli e fin dall’inizio abbiamo imparato a condividere tutto.

La città di Rennes vi dedica una mostra, anzi quattro diverse esposizioni: quali sono i luoghi e che cosa raccontate?

È vero: si tratta di un multi evento culturale che si snoda in tre diversi luoghi importanti per la vita artistica e culturale della città: Le Frac Bretagne, Les Champs Libres (rispettivamente il Museo d’Arte Contemporanea ‘firmato’ da Odile Decq e l’edificio progettato da Christian de Portzamparc  che ospita il Museo delle Scienze, il Museo di Bretagna e la Biblioteca, ndr) e lo storico Parlement de Bretagne. Ci eravamo, stancati delle mostre tradizionali che del resto avevamo già realizzato in passato.

Soprattutto, non volevamo ripetere lo schema classico della retrospettiva e, cioè, mettere insieme in uno stesso contenitore ‘i successi’ degli ultimi venti anni della nostra attività. Un lavoro facile ma noioso: non siamo poi così ‘vecchi’ da dover guardare indietro negli anni con uno sguardo un po’ nostalgico…

A Rennes le persone possono vedere qualcosa di diverso. Era tanto tempo che io e Erwan pensavamo a un progetto alternativo: volevamo accompagnare lo spettatore in un percorso, in una passeggiata, che toccasse non solo luoghi diversi ma anche differenti scale di progetto. Dall’oggetto alla città, dal cucchiaio alla casa. Così, se nelle sale del museo Le Frac de Bretagne si affiancano design (la mostra ‘Rétrospective’ con gli oggetti che abbiamo realizzato per le più importanti aziende di design) e sperimentazione (l’installazione ‘17 Screens’ che presenta leggeri pannelli divisori realizzati con materiali diversi),  negli spazi della Biblioteca, invece, presentiamo la nostra prima ricerca sulla città. Ma l’urbanistica non è il nostro oggetto di studio: l’esposizione s’intitola, infatti, ‘Rêveries urbaines’ (fantasticherie urbane, ndr) ed esplora nuovi ‘principi’ urbani per gli spazi pubblici cittadini. Si tratta di un progetto pragmatico e visionario insieme: ci sono pergole disegnate semplicemente da liane e piante rampicanti, oppure ‘promenade’ urbane che sembrano ruscelli o, ancora aiuole che ricordano delle isole…

Il fine è trasformare gli spazi urbani in luoghi d’incontro pieni di armonia, di leggerezza, di trasparenza. Infine c’è la quarta mostra…

Dove si svolge?

Nel cuore della città, davanti al Parlement de Bretagne. L’esposizione, infatti, si materializza in un edificio a scala 1:1: è un chiosco prefabbricato in vetro e acciaio, che si monta e rimonta come un meccano per diventare una piattaforma itinerante all’interno dello spazio urbano e regalare nuovi spazi alla collettività. Dai Giardini delle Tuileries, a Parigi (v. Interni n. 658, gennaio-febbraio 2016) lo abbiamo ‘rimontato’ qui a Rennes: ma il viaggio è solo all’inizio.

Uno dei vostri slogan di progetto è: ‘liberare’ lo spazio, cioè scomporlo, modificarlo, decostruirlo. Perché vi piace così tanto progettare senza confini?

È una ricerca che dura da molto tempo e che ci ha sempre affascinato: la mostra ‘17 Screens’ rappresenta l’ultima tappa, in ordine di tempo, di questa nostra sperimentazione. Qui a Rennes, infatti, presentiamo per la prima volta in Europa (dopo Tel Aviv, Israele, Museum of Art, ndr) una serie di schermi modulari, leggeri e flottanti nell’aria, che trasformano gli spazi in configurazioni libere, aprendoli anche a nuovi usi, funzioni e… sogni.

È una scenografia in bilico tra materia ed evanescenza, colori e trasparenza, tecnologia e natura. In qualche modo il progetto ricerca un nuovo repertorio: nasce, infatti dall’assemblaggio di materiali diversi – ceramica, vetro, tessuto, alluminio e legno – per realizzare scomposizioni modulari assolutamente libere, che parlano di trasparenza, porosità, contemplazione…

Dunque, una mostra che si interroga sul confine fra arte  e design: rinunciate al design del prodotto? 

A dire il vero non ci interessa se i  nostri progetti si collichino o meno in un ambito prettamente artistico: quello che conta è che siano progetti interessanti. C’è sempre una ragione pragmatica che sottende al nostro lavoro: si tratta di offrire soluzioni per costruire e riorganizzare gli spazi dove intervengono questioni di ergonomia, di controllo puntuale piuttosto che l’esercizio di una creatività ‘tout court’.

Aggiungo che non abbiamo mai espresso l’intenzione di concentrarci su un unico aspetto: per noi la ricerca deve essere globale, a 360 gradi. Ho capito che realizzare un aeroporto o un gioiello è esattamente la stessa cosa, ha lo stesso fascino e richiede il medesimo impegno. Ci sono persone che passano una vita intera su un unico progetto, concentrando lì tutte le loro forze, ma noi non siamo così…

E al Salone del Mobile 2016 su quali  tipologie di prodotto avete spaziato?

Abbiamo voluto continuare a lavorare  soprattutto sugli aspetti tecnici, per offrire soluzioni ai problemi. Con chi? Con i brand (per esempio Magis, Vitra, Hay, Mutina, Kettal…), ma soprattutto con le persone, con le quali siamo sempre riusciti a condividere buoni progetti.E grandi sogni.

Testo di Laura Ragazzola – Foto courtesy Studio Bouroullec

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Modello di una delle venti proposte di layout urbano per spazi pubblici firmate dai fratelli Bouroullec e presentate alla mostra ‘Rêveries urbaines’, che si tiene presso la struttura museale di Les Champs Libres a Rennes.
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Schizzo di progetto.
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Ritratto del duo francese con la ‘loro’ sedia Belleville (Vitra).
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Il progetto dell’allestimento espositivo di ‘Rétrospective’.
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Dettaglio dell’installazione.
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Un centinaio di prodotti caratterizzano la ‘Rétrospective’ dello studio Bouroullec al museo Le Frac de Bretagne, dove è presente anche l’installazione ‘17 Screens’, realizzata con scenografici pannelli divisori in ceramica (Mutina), vetro (Glas Italia), alluminio, legno e tessuto.