“In Messico esiste una sorta di doppio registro relativo al design e al rapporto tra il design e l’artigianato, e va ricondotto alla coesistenza tra linguaggi pre-ispanici e contemporanei”. Chi parla è Laura Noriega, designer messicana fondatrice dello studio Tributo, insieme alla sorella Gabriela, manager.
Lavorando proprio sulla declinazione di un duplice tema espressivo, Tributo si pone al centro di un ampio movimento di ricerca e progetto che attraversa i confini tra design e artigianato e che annovera alcuni tra gli studi messicani più dinamici, come: David Pompa, Onora, Diario Shop, Aurea, Bi Yuu, Oax-i-fornia. Procediamo però con ordine.
Questa storia ha inizio nel 2007 a Milano, dove Laura frequenta il master in Architettura degli interni al Politecnico. Al suo ritorno in patria viene a contatto con un nuovo Messico, in parte sconosciuto, nel quale si stavano perdendo molte tradizioni del lavoro manuale. Per tornare a riallacciare una connessione con quel mondo, la designer prende contatto con altri progettisti e inizia a organizzare visite di conoscenza presso alcuni laboratori artigiani.
Le iniziative hanno un ulteriore impulso dalla ricerca e dai workshop organizzati con l’Istituto Tecnológico de Monterrey Campus Guadalajara. Tra i fattori ricorrenti che si osservano nell’artigianato messicano di questo periodo, i più preoccupanti sono rappresentati dalla diminuzione della capacità produttiva e nel contempo dalla mancanza di una vera continuità generazionale.
La mossa progettuale per contrastare queste tendenze e rivalorizzare il patrimonio culturale dell’artigianato messicano è radicale: l’organizzazione di seminari di progettazione partecipata e la traslazione di quei prodotti dal loro contesto originario, quello dei tradizionali mercati locali, in quelli di tipo culturale e comunicativo, come le gallerie d’arte o i musei.
Il primo workshop, organizzato nel 2008, ha riguardato l’uso della pietra basaltica di origine vulcanica, con cui viene realizzato un tradizionale mortaio, il molcajete. Lo stesso tipo di oggetto che lo studio Aurea rileggerà qualche anno dopo attraverso la lavorazione della ceramica e del legno.
La collaborazione, in Messico, tra artigiani e designer offre un’incredibile occasione di arricchimento reciproco: nel Paese nordamericano il rapporto tra designer e industrie del mobile o dell’illuminazione è in evoluzione, e l’iniziativa permette ai progettisti di entrare in contatto con una dimensione operativa attraverso la quale crescere.
Con la pietra basaltica vengono realizzate una serie di gioielli e una di chiavette USB, scaturite da una riflessione sul senso della permanenza in contrasto con la perdita delle cose, amplificato dall’era digitale. Il progetto è stato portato da Laura Noriega al Salone Satellite di Milano, nel 2011, insieme a Secretos, un piccolo mobile caratterizzato da inserti che riprendono i motivi decorativi di un tradizionale tessuto, il tenango.
La sfida, in questo caso, è stata quella di convincere gli artigiani a realizzare la decorazione a tema animale su scala molto ridotta, capace tuttavia di valorizzare il lavoro manuale solitamente effettuato con grandi pezzature di tessuto.
Lo studio Tributo nasce l’anno successivo proprio con l’intento di porsi al centro di quello che stava costituendosi come vero e proprio movimento di rilettura dell’artigianato. Tra i principali obiettivi dei designer coinvolti, quello di definire una sorta di ‘cartografia della diversità’ in relazione alle tante forme artigianali diffuse nel Paese.
Una diversità che affonda le radici nella storia. Dopo la Conquista, sono state infatti introdotte in Messico molte tecniche non locali che si sono sovrapposte alle lavorazioni più antiche, come il telaio a tensione o l’incisione della pietra o, ancora, certe modalità di lavorazione dei metalli o di intarsio. All’introduzione di nuove tecniche è corrisposta quella di inediti elementi espressivi, primi fra tutti l’esplosione del colore, che ha definito uno stile parallelo rispetto a quello più antico, puro e monocromatico.
È proprio nell’individuazione di due registri – quello pre e quello post-ispanico – che emerge il fattore più interessante e quasi inaspettato per i designer: il consapevole utilizzo dei due repertori e la loro rielaborazione creativa rappresenta infatti, sia per gli artigiani che per i progettisti, una formidabile opportunità per mettere a fuoco una propria identità linguistica all’interno del multiforme panorama espressivo della contemporaneità.
L’esuberanza cromatica, per esempio, si trasforma in uno strumento prezioso per i giovani designer messicani, cresciuti con un’attitudine moderna all’uso dei neutri – i bianchi, i neri, i grigi – che in taluni casi sfocia in una forma di cromatofobia.
I risultati di questa ricerca appaiono smaglianti nei tappeti tessuti al telaio da Bi Yuu o nel lavoro dello studio Diario sui complementi per la casa Palm Project; al contrario, i progetti tessili sviluppati da quest’ultimo risultano più vicini alla rilettura dei classici neutri pre-ispanici.
Il risultato di questo tipo di approccio è quasi dirompente: quanto più i designer messicani approfondiscono il loro rapporto con l’artigianato locale, tanto più il loro linguaggio sembra farsi capace di attraversare le frontiere del design globale, affermando una propria forte connotazione, a fronte di pregiudizi e scetticismi (“ma in Messico esistono i designer?”).
Con un’ulteriore particolarità distintiva: mentre in altri Paesi il design rimane comunque protagonista nel confronto con l’artigianato, in Messico l’incontro tra i due mondi porta i designer a rimettersi radicalmente in discussione, fino a definire un inedito grado zero: un codice linguistico di base con cui scrivere una nuova storia.
Testo di Guido Musante